Alis Mata: Le canzoni tristi servono per sorridere | Intervista
Alis Mata canta con leggerezza e il sorriso la decadenza della società moderna, casa di una generazione di giovani definiti ormai già vecchi mentre lottano tutti i giorni per crescere seguendo i propri sogni.
Il 2020 è stato sicuramente un anno che ci ha messo davanti alla realtà, dandoci la consapevolezza che ci sono troppe cose che spesso non vanno come vorremmo. Non ci resta quindi nessun’altra scelta se non quella di lottare più forte pe migliorare il futuro nostro e dell’Italia.
Nel video di “Vecchi Dentro”, il suo ultimo singolo uscito l’11 Dicembre, Alis Mata si chiede se l’essere umano ha sempre fatto schifo o se stiamo attraversando solo una fase di decadenza sociale.
La musica, insieme alla meditazione, diventa così una valvola di sfogo nella quale si può riscoprire la propria intimità ritagliandosi un piccolo spazio solo per se stessi dentro al quale si può stare bene, isolandosi completamente dai brutti pensieri.
INTERVISTANDO ALIS MATA
Il nome Alis Mata nasconde origini sudamericane/ spagnole?
Più o meno. A 16 anni ho passato un anno in Costa Rica, dove mi ha ospitata la famiglia Baldi Mata e tutti mi chiamavano Alis. In quell’anno mi sono esibita di continuo, negli eventi scolastici e nel tour di un cantautore locale, che mi ha ospitata per alcune date. Cantavo Battisti, Battiato, i Matia Bazar, Yves Montand. È lì che ho scoperto l’adrenalina del live.
C’è poi il fatto divertente che “Mata” si traduce letteralmente con “uccide”, che è perfetto per una con poca pazienza come me.
Quali sono i mulini a vento contro i quali ti sei imbattuta più spesso?
La stupidità del genere umano, una pandemia che va avanti da tempi immemorabili e che forse oggi riesce ad avere effetti più devastanti del solito. Non c’è bisogno di ripeterlo perché ha già detto tutto Umberto Eco: i social hanno dato la parola a legioni di imbecilli.
A me, al contrario, è sempre piaciuto pensare, studiare, curiosare. Mi sono scontrata con l’ottusità irrimediabile e con la cattiveria di alcuni compagni di scuola, ma anche di parecchi adulti, gente che mi ha sminuita o tacciata di pretenziosità per sentirsi meglio 5 minuti, magari aggrappandosi a stupidaggini (come i miei capelli crespi, o il mio occhio ballerino).
Cosa racconta il video del tuo ultimo singolo?
Il video di Vecchi Dentro riflette proprio su questo, sul fatto che l’umanità, nel bene e nel male, non è cambiata molto nel tempo.
Siamo sempre stati abbastanza stupidi, morbosamente attaccati alle solite chimere: il potere, la supremazia, le belle donne (oggettificate). La differenza è che oggi scontiamo i risultati di anni di stupidità accumulata, e lo facciamo in un contesto, quello dei media attuali e dei social, che amplifica le disgrazie e dà poca luce alle cose buone.
Poi c’è il secondo filone narrativo del video, quello in cui mi sono divertita a far “esibire” con me i miei eroi musicali del passato e del presente. Non dico niente: andate a vederlo.
Hai paura di diventare vecchia?
Chi non ce l’ha? Credo che l’avvicinarsi dei trenta sia spaventoso per tutti. Più che diventare vecchia in sé, mi spaventa diventare adulta in questo mondo: chi lo sa dove va a parare…
Come quale aggettivo descriveresti la tua generazione?
Dimenticata?
Come sarebbe stata la versione in Italiano di “Northern Lights”?
Meno celtica nel sound. Ma in realtà Northern Lights nasce per una persona con la quale ho sempre parlato solamente inglese, una versione italiana non avrebbe motivo di esistere. Un’entità indefinita.
Ti sarebbe piaciuto trascorrere il capodanno a Stoccolma, magari con Angelica?
Ma quando mai! Sia Angelica che Stoccolma fanno parte di un passato che sono contenta di aver vissuto, ma che sta bene lì, nei cassetti della memoria. Non fatevi ingannare dall’arrangiamento poppettoso: non c’era niente da fare allora, figuriamoci adesso.
La mia vita adesso è a Firenze, con Alberto, e non la cambierei per nulla al mondo.
La nostra società non ha capito che in realtà “Il troppo stroppia”?
No, è la società che ha “stroppiato”. Il troppo stroppia parla dell’incapacità della gente di accettare che esistono menti più produttive della media, che hanno voglia di guardare aldilà della banalità che caratterizza di solito le nostre giornate. Sono persone, artisti, scienziati, che pensano e creano per il gusto di farlo, e non per la gloria, o per qualche follower su IG: e invece vengono accusate proprio di questo, e derise ingiustamente.
Perché le persone amano ascoltare canzoni tristi?
Per sentirsi meno sole, credo. L’importante è che questo esercizio di “compagnia virtuale” non renda ancora più tristi, ma aiuti a ragionare e andare avanti. Canzoni tristi per sorridere.
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