Adirondack: “Vogliamo essere musica, non suonare musica” | Intervista
Gli Adirondack sono una band alternative rock pugliese formatasi nel 2018. Come spesso accade, la voglia di unire diverse influenze in un unico stile e la necessità di esprimere le proprie emozioni, ha portato Marco, Nicola e Alessandro a sperimentare creando brani inediti, grazie ai quali è stato possibile, in pochi mesi, presentarsi al pubblico del Festival YEAHJASI come gruppo d’apertura per Raphael Gualazzi e suonato per Sanremo Rock nel teatro Ariston.
A supporto delle tappe dei live in diverse località italiane, gli Adirondack hanno registrato un album di inediti in studio e pubblicato su Youtube alcuni video, tra cui il primo video ufficiale del loro singolo più conosciuto “Cindy”. Abbiamo intervistato gli Adirondack per scoprire quali sono le loro influenze, la loro visione della musica italiana al momento (cantano in inglese!) ed i progetti per il futuro.
Intervistando gli Adirondack
Le influenze americane degli Adirondack sono indubbie. Volete raccontarci la vostra storia musicale?
Veniamo tutti e tre da mondi apparentemente diversi.
Marco (voce/chitarra) è cresciuto con i Beatles e grazie a loro a 12 anni ha mosso i primi passi nella musica, per poi passare per gli Alice in Chains, Nirvana e Verdena.
Niko (voce/basso) ha iniziato a suonare a 17 anni e si è sempre ritrovato nel sound alternative, apprezzando Foo Fighters, The Hives e Nirvana. Crescendo ha avuto modo di spaziare, approfondendo generi come il fusion o scoprire (grazie a Marco) i Beatles.
Alex (voce/batteria) inizia a suonare verso l’età di 5 anni, interessandosi ai grandi gruppi degli anni ‘70/‘80 come Sting e i suoi Police, i Queen, e, più di tutti, a Phil Collins e i Genesis. Da quando suona con noi ha approfondito la scena alternative anni ‘90 apprezzando particolarmente gli Alice In Chains.
Tutti noi col tempo abbiamo imparato ad apprezzare generi che tempo fa avremmo disdegnato, crescendo abbiamo cercato di prendere il meglio da quei generi per cercare di crearne uno tutto nostro. È innegabile che tutti noi siamo legati da un filo chiamato “pop” che c’è e ci sarà sempre nella nostra musica.
Avete suonato in apertura a Raphael Gualazzi ed al Teatro Ariston. Come ha reagito il pubblico non proprio “rock oriented” al vostro sound?
Suonare in apertura a Raphael Gualazzi è stato molto divertente poiché c’era un bel palco e anche un bel pubblico! Al contrario dei nostri pronostici la gente si è divertita molto, abbiamo ricevuto molti feedback positivi post concerto da persone di qualsiasi età, il che ci ha fatto molto piacere.
Per quanto riguarda l’esperienza al Teatro Ariston, il pubblico era poco e niente, per via delle restrizioni anti Covid, però anche questa volta c’era un bel palco e la poca gente che c’era pare aver apprezzato la performance.
Sempre di più negli anni le band italiane hanno fatto un’inversione di tendenza, usando la nostra lingua nei loro brani. Avete mai pensato ad una cosa del genere?
Certamente, ci abbiamo pensato e abbiamo anche scritto qualcosa in italiano, però contiamo di continuare a scrivere in inglese per arrivare a più persone, dato che i testi che scriviamo e il messaggio che cerchiamo di dare con essi, per noi è importante. Scrivere in italiano è molto difficile secondo noi, poiché è facile risultare banali e scontati.
“Cindy” è il brano su cui avete puntato per il vostro primo video ufficiale: com’è nato? Qual è la sua storia?
Cindy è stata una delle prime canzoni inedite che il gruppo abbia mai suonato. È stata scritta da Marco molto tempo prima della formazione del gruppo. Lui la riteneva così banale che ha dovuto scrivere un finale adatto alla canzone, un po’ più elaborato e ricercato. Niko ha contribuito molto alla resa finale della canzone, mettendo al basso l’iconico effetto wah wah durante la strofa.
A sua detta, la canzone è il giusto mix di grezzo e commerciale che non fa mai male! Per quanto riguarda la batteria è stato molto difficile tirar fuori quel finale poiché i batteristi precedenti ad Alex non riuscivano a suonarlo come Marco aveva in mente. La canzone al contrario di quanto ci si aspettava ha suscitato molto interesse alla sua uscita, tant’è che ancora oggi è una delle nostre più ascoltate.
Cosa si aspetta una band indipendente dal 2021?
Sicuramente la possibilità di fare live. Speriamo che la situazione Covid si risolva il prima possibile per tornare a suonare dal vivo, anche perché le date live sono un fattore fondamentale per aumentare la visibilità del gruppo e per fare esperienza.
Se poteste scegliere un artista/band italiano famoso con cui collaborare per un brano, chi sarebbe e perché?
Ci piacerebbe collaborare con i Verdena. I Verdena sono l’esempio di ciò che significa ESSERE MUSICA (e non suonare per far musica, parafrasando un Manuel Agnelli di qualche settimana fa a proposito di Alberto). Le influenze che ci accomunano, su tutte i Beatles e il grunge, dimostrano come sia importante evolversi, sperimentare e… fare casino come Cristo comanda!
Chiaramente “duettare” con loro sarebbe un grande onore che senza ombra di dubbio ci farebbe crescere notevolmente.