Cindy | Indie Tales
Non è da molto che sono qui, ma non saprei dire quanto. Almeno due notti ci ho dormito in questo posto freddissimo. Beh, “dormito” è un parolone.
Non volevo venirci, ma mia madre e George hanno convenuto che fosse la scelta migliore per me, e alla fine mi sono convinto anch’io. Potrei essere arrivato ieri come l’anno scorso. Non cambia mai nulla, qui. Non esistono emozioni.
Un bell’inferno travestito da paradiso, così lo ha descritto un mio amico che è stato qui l’anno scorso, quando gli ho detto che sarei venuto.
Io non lo definirei proprio un inferno, ma più la sala d’attesa prima di sapere se sarai beato o dannato.
La verità è che mi manca Cindy. Ma la cosa che mi fa stare più male è che quando uscirò da qui non mi mancherà più. Non riesco ad immaginare la mia vita senza di lei. Chi mi darà tutta quella libertà? Chi mi farà sentire un re?
Prima o poi vorrò fuggire, già lo so. Ma ora sono troppo apatico anche per chiedere ai cloni di portarmi dell’acqua frizzante. Li chiamo così perché sono tutti uguali, e si intonano perfettamente all’ambiente circostante.
Ora che ci penso, non devo essere qui da molto perché non ho ancora conosciuto nessuno. Sento voci ogni tanto, ma forse sono solo nella mia testa.
Con Cindy non ero mai apatico. Lei tirava fuori tutta la mia voglia di vivere.
“Vedila come una vacanza” mi ha detto mia madre tenendomi il viso tra le mani prima di salutarci “una vacanza… rigenerante”.
George non disse una parola. È un tipo taciturno, ma gli ultimi giorni che l’ho visto era più ombroso del solito. Mi dispiace essere stato un peso per la mia famiglia, ma che colpa ho se non quella di aver voluto vivere la vita al massimo?
Cindy mi manca, è vero, ma la odio tantissimo. Ha aperto la gabbia in cui vivevo prima di conoscerla, ma la richiudeva sempre, all’improvviso. Era lei a comandare. E adesso non so più farlo, non so più come tenere il timone della mia vita.
Mi manca ma non la vorrei qui, adesso. O forse sì.
Sto delirando ma sono nel posto giusto, suppongo.
Queste pareti bianche saranno lo sfondo della mia vita per i prossimi mesi, quindi ho il dovere morale verso me stesso di rendere la mia vita colorata, in qualche modo. Un po’ come con Cindy.
Il mio cuore era una bomba pronta ad esplodere, e i miei occhi un caleidoscopio di forme e colori fosforescenti. Chiunque era il mio migliore amico e la notte era magica.
Ricordo anche, però, i momenti in cu Cindy non c’era e il nulla prendeva il sopravvento. Ogni cosa smetteva di avere senso e questo non si deve ripetere, non in un luogo come questo, già così triste di suo.
Ciò che mi ha dato Cindy, in fondo, farà sempre parte di me. Un po’ come quando finisce una storia d’amore. Anche se non vedrai più quella persona, tutti i ricordi e le esperienze legati a lei rimarranno incollati alle pareti del tuo cuore per sempre.
Sono ancora il re, cavolo. Forse devo averlo urlato, perché entrano di corsa due cloni a calmarmi. Riesco a vedermi da fuori e sembro impazzito mentre cercano di tenermi fermo.
Cindy saprebbe cosa fare, Cindy saprebbe come aprire la gabbia e farmi uscire.
Vedo che mi calmo e torno nel mio corpo. I cloni fano qualche passo indietro e faccio loro un grande sorriso, il più bello che ho.
Sono pazzo e fottuto, un fottuto pazzo. Chissà quanti sono nelle mie stesse condizioni a causa di Cindy. Meglio non pensarci, tanto so che ciò che abbiamo è unico e irripetibile.
Racconto liberamente ispirato al brano “Cindy” degli Adirondack