Considerarsi individui è obsoleto, siamo “divisibili” eccome. Ce lo confermano i Frammenti, band veneta che ha fatto della “scissione” la propria identità. Scissione tra parti del corpo, tra fisicità ed emotività, tra arte e sociale.
Il loro ultimo singolo “Come un’aspirina” è una metafora del venire messi da parte dopo essere stati usati, e anticipa un EP che parlerà di attese. Quale periodo migliore di questo per parlare di attese e aspettative che non ci fanno vivere il momento presente? Un sound che catalizza la scissione delle parti del corpo e che fa ballare, ma anche riflettere.
“Frammenti” è prima di tutto il nostro modo di essere. Insieme siamo qualcosa di prezioso, ognuno di noi lo sa e c’è questa forza che ci spinge a cercarci. Insieme siamo il quadro completo, soprattutto di tutto a livello emozionale. È una cosa che abbiamo sentito subito, prima che venisse suonata la prima nota. Tutto quello che è capitato dopo, proprio come la musica, è una conseguenza di questo esserci l’uno per l’altro.
Essere l’aspirina di qualcuno vuol dire essere disposti a stare vicino a qualcuno anche a costo di rimanere a mani vuote. L’aspirina ha una funzione, serve ad alleviare il dolore. La prendi, e poi quasi ti dimentichi di essere stato male. Una volta assimilata, viene dimenticata. “Come un’aspirina” è una canzone su tutte quelle persone che ti vedono come un mezzo. Che ti usano per essere aiutate, e poi si dimenticano di te. Può succedere in una friendzone, ma in realtà è solo uno dei mille casi in cui accade che questi due mondi opposti si incontrano, si allontanano e poi tornano ad attrarsi.
Il singolo “Come un’aspirina” verrà pubblicato nell’attesa di un EP la cui tematica dominante è l’attesa stessa. Gli altri brani che ne faranno parte declineranno questa tematica sotto differenti punti di vista: dall’attesa di un amore mai corrisposto, all’attesa utopica del ritorno di un tempo passato. In realtà è lo specchio dello stato mentale in cui siamo stati proiettati violentemente in questi mesi.
Siamo convinti che questo periodo abbia spronato all’introspezione. Volenti o nolenti, le persone hanno avuto modo di ascoltarsi e, scavando dentro di sé, hanno messo in discussione qualsiasi cosa riguardo alla propria vita passata e in particolar modo riguardo a come utilizziamo il tempo. Questo per dire che siamo profondamente convinti che molte più persone sentiranno l’esigenza di vivere esperienze forti come la musica dal vivo, appena sarà concesso. Nel concreto “fare musica” possiamo dire che c’è stata un’obbligata rivoluzione nel nostro modus operandi, che però si è rivelata fruttuosa: in questi mesi siamo stati estremamente prolifici!
L’idea di un collettivo viene dall’esperienza di Amici Casting. Lì ci siamo accorti di quanti artisti validi ci fossero in Italia. Tornati a casa abbiamo iniziato diverse collaborazioni, però non erano incanalate correttamente e tutte le energie si disperdevano. Quando poi abbiamo iniziato a ricevere richieste di supporto nella produzione o distribuzione dei brani, abbiamo capito di poter iniziare ad avere obiettivi comuni con altri artisti. Un’etichetta sarebbe stata una cosa da boomer, un collettivo forse è qualcosa da baby boomer ormai, ma chiamarlo laboratorio ci sarebbe sembrato come iniziare un lavoro!
Come per Majin Bu dopo un’onda energetica, i brandelli della tua carne si ricostituiscono, più forti e più audaci di prima. Esteriormente invece un gran casino. Alcune parti si gasano, altre si intristiscono. Così ti troverai a ballare con i piedi, a piangere con gli occhi, a ridere con la bocca e chissà cosa faranno le braccia!
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