Oriana Lippa: L’incertezza è l’unica sicurezza che abbiamo oggi | Intervista

La casa  vuole essere un luogo sicuro nel quale sentirsi al riparo da quello che succede al di fuori, ma Oriana Lippa, come tanti giovani sente di appartenere ad una società fragile nella quale è la normalità andare avanti oltre ogni difficoltà. . La cantante napoletana, dopo l’uscita  ad aprile del suo primo Ep in napoletano “ST’AMMORE” questa volta pubblica un disco con sonorità più indie pop che descrivono le incertezze di una generazione che si sente spesso vittima del proprio tempo e colpevole per gli errori degli altri.

Il suo discorso non è assolutamente un modo di piangersi addosso, ma più una ricerca delle cose che non funzionano come a denunciare un sistema che dev’essere cambiato.

Questo è un gesto coraggioso perché decide di mettersi in gioco utilizzando la propria arte per evidenziare le incertezze che ognuno di noi è costretto a mandare giù ogni giorno, lamentandosi di un certo perbenismo che si respira in giro.

Invece di dire che andrà sempre tutto bene a volte bisognerebbe accettare la realtà ed essere consapevoli che certe situazioni non possono andare avanti nel silenzio generale.

INTERVISTANDO ORIANA LIPPA

Qual è la moda più stupida che hai seguito?

Quella dello scrivere con le “k” al posto del “ch” !!!

Immaginare come andrà qualcosa può essere la principale causa di delusione?

Assolutamente si. Secondo me c’è una grande differenza tra il desiderio e l’aspettativa. Il desiderio è alimentato da un’ energia vitale, anche irrazionale molto spesso, che ti spinge a muoverti e spesso non sai dove ti porterà ed in che modo.

L’ aspettativa si focalizza, invece, già sulla realizzazione del desiderio, sul risultato, sui tempi e sulle modalità in cui questo accadrà, e si nutre d’ immaginazione ed idealizzazione. Quindi spesso questo ci fa perdere la dimensione di fluidità ed imprevedibilità del movimento e tendiamo a bloccarci nell’impazienza, nell’ansia, nel controllo, nelle paure. Senza renderci conto che così facendo spesso siamo proprio noi a generare la delusione stessa. Almeno a me succede così! 

Sai quanti film mi sono fatta nella vita ?!?!

“Crisi Esistenziale” descrive la tua generazione?

Chissà… Di sicuro descrive me in molti momenti della mia vita! 

Comunque si, credo proprio che la mia generazione possa ritrovarsi in questa canzone, e che in generale possano facilmente farlo tutti quelli che subiscono la pressione sociale della “realizzazione personale” in un mondo in cui gli standard sono sempre più alti, le coordinate per orientarsi sempre più sfumate, dove non c’è spazio per il dubbio e l’insicurezza, dove la prestazione e l’immagine sono al primo posto, ed in cui la logica dell’ “essere vincenti” sembra non lasciare spazio ad altri scenari possibili.

L’amore che aggettivi merita?

Per l’idea che ho io dell’amore, meriterebbe solo l’aggettivo “utopico” ahahah.

Idealmente comunque, per me l’ amore dovrebbe essere: potenziante, illuminante, vitale, caldo, avvolgente e penetrante. Di solito, infatti, le persone di cui più facilmente e fortemente riesco ad innamorarmi, le associo sempre simbolicamente al Sole.

Nell’Italia di oggi le donne devono avere più coraggio degli uomini?

Non mi sento parziale né anacronistica nel rispondere: SI! C’è molto lavoro da fare per sradicare una mentalità culturale. La società è fatta di persone. Le conquiste civili fondamentali e importantissime che sono state fatte non bastano per dimostrare che davvero siano cambiate le cose. L’ inconscio collettivo ha bisogno di molto più tempo per mutare realmente. 

Di cosa hai bisogno per stare bene?

Se sapessi rispondere a questa domanda avrei risolto quasi tutta la mia vita! Ahahah.

Però se parliamo della quotidianità , sicuramente posso rispondere così : il mare e la natura, le persone della mia vita che amo e che mi amano (in senso ampio) e con cui realmente posso essere me stessa, la musica, l’ esplorazione, la bellezza, lo stupore negli occhi. 

Dove vorresti comprare la tua casa ideale e perché?

La mia casa ideale vorrei fosse su un’ isola. Mi sono sempre sentita in grande empatia con le isole. Come se io stessa ne fossi una. In connessione continua con tutto e tutti, ma anche distante e chiusa nel proprio mondo. Con un senso di appartenenza forte alla terra di cui era parte, ma allo stesso tempo la forza autonoma di chi si è staccato. 

Ed il distacco dalla materia prima che ci ha formati, dà origine ad un sentimento di nostalgia che per me è poetico, perché è quello del nascere, della natura della vita stessa.

E poi essere circondata dal mare a 360 gradi sarebbe impagabile!

Non so dire quale isola in particolare, perché ne ho visitate poche. Ma sono molto affezionata a Procida e mi incuriosirebbe trascorrere un periodo a Stromboli.

Com’è cambiato il tuo modo di approcciarti alla scrittura passando dal dialetto all’italiano?

Il dialetto napoletano è ricco di immagini, anche simboliche, di modi di dire, di costume. È carico di sentimento collettivo, di identità. Nonché di visceralità e passione. A livello fonetico è anche molto onomatopeico, e dà più spazio al suono, è più arioso, rispetto all’italiano. Più melodico e poetico. 

Secondo me ogni lingua non solo ti fa esprimere in modo diverso, ma ti fa pensare e sentire in modo diverso. Per cui il passaggio dal dialetto all’italiano, che non vedo come transizione, ma solo come “switch” (nel senso che non ho abbandonato la scrittura in napoletano), è radicale.

In italiano la sfida grande  è stata cercare di essere diretta senza essere scontata, di essere emozionante senza essere retorica, di avere dei guizzi di ricercatezza senza intellettualizzare troppo. Giocare con le parole mantenendo un’attitudine pop, senza però scadere nel banale. Non è facile e non so se ci sono riuscita, onestamente!

Sicuramente la dimensione introspettiva, i sentimenti, sono sempre i grandi protagonisti delle mie canzoni, ma in italiano sono andata molto meno sull’ intimità personale. Ho sentito molto di più il bisogno che le mie storie fossero anche quelle degli altri. 

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