Michiel van Poelgeest | Recensione Album “The Seven Sirens”
Il disco – The Seven Sirens
Michiel van Poelgeest è un compositore e produttore olandese ed il suo ultimo disco “The Seven Sirens” (Blue Spiral Records) è una raccolta di brani strumentali modern-classical. In “The Seven Sirens” van Poelgeest combina suoni di felt piano, elementi orchestrali e trame sonore di stampo ambient per creare paesaggi musicali intimi e, a volte, ultraterreni. Il forte potere narrativo dell’album trae origine dalla mitologia greca, come suggerisce il titolo stesso.
Essere sposato con una classicista, non è certo una sorpresa, dice Michiel: “l’ho sentita raccontare quelle storie ai miei figli un milione di volte e mi hanno sempre ispirato. Poi, quando stavo scrivendo questo album, stavo anche leggendo Mythos, il romanzo di Stephen Fry, che mi ha portato ancora di più nella mitologia. Mi piace pensare di aver trasferito parte del potere narrativo di questi antichi racconti nelle Sette Sirene”.
L’artista – Michiel van Poelgeest
Michiel van Poelgeest è un compositore olandese classe ’82. La sua produzione è molto varia: spazia da partiture per pianoforte elettroacustico a paesaggi sonori costituiti da sintetizzatori ibridi distopici. Dopo aver seguito una formazione classica in tenera età, i suoi interessi si sono spostati verso la musica elettronica e la composizioni. Nel 2010 ha prodotto e pubblicato un album pop moderno con lo pseudonimo di Villeneuf, seguito poi da un secondo album. Ha quindi girato i Paesi Bassi in tourneé, suonando in innumerevoli luoghi e si è esibito in diretta televisiva in prima serata. Gli album sono stati accolti molto bene. Da allora ha poi continuato a comporre musica per film e televisione.
The Seven Sirens – La recensione
The Seven Sirens è un album interamente strumentale, composto da sette brani appunto. Il leit-motif dell’intero album risiede nella scelta effettistica prima ancora di quella compositiva: reverberi, delay e mix richiamano dei suoni oceanici, canti di sirene che si propagano nei mari infiniti arrivando a noi con una percezione mistica ed ultraterrena. “Wreckage” è il brano d’apertura che ci svela un mondo lontano dal nostro: un relitto che pian piano si adagia sul fondo del mare, mentre i tasti del pianoforte, come bolle d’ossigeno che si innalzano dalle profondità degli abissi, scandiscono la discesa. Più il relitto scende, più la musica si fa grave, solenne, fino al definitivo tonfo sul fondale.
Arachne è il secondo brano e, secondo il mito greco, racconta la storia della tessitrice Aracne che sfidò Atena in una gara per dimostrare la sua superiorità. Aracne scelse come tema della sua tessitura gli amori degli dei, usando parecchia ironia ed arroganza, venendo così punita da Atena stessa, che la trasformò in un ragno, costretto a tessere una tela dalla bocca per il resto della sua vita. Le fasi del racconto riecheggiano nel brano, con un inizio in crescendo che culmina con gli archi a sottolineare la gravità del fatto.
Il mito come fonte di ispirazione
Anche Mnemosyne basa ogni suono sul titolo, in quanto Mnemosyne non è altro che la personificazione della memoria, colei che diede il nome a moltissime cose. Si sente la “scoperta” ma soprattutto il ricordo nella composizione di Michiel van Poelgeest, che lentamente sembra sbocciare. Chaos è una delle quattro forze primordiali, ciò da cui tutto ebbe inizio, la creazione che solennemente si innalza fino a raggiungere la massima quiete.
Con Phaeton rimaniamo in un certo qual senso nelle mete già esplorate con Arachne, in quanto la storia mitologica di arroganza verso gli dei portò a conseguenze tragiche, ricalcate da Michiel van Poelgeest sul finale quasi incompiuto del brano. Sirens è il brano di chiusura dell’intero disco e ci porta ancora di più in quegli abissi già citati da Wreckage: reverberi, delay e canti che sembrano perdersi nella vastità dell’oceano.
The Seven Sirens è davvero un’opera concettuale con un legame forte tra titoli e suoni. Un concept album sviluppato magistralmente per il compositore olandese.
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