PH: Valentina Cipriani

Elemento Umano: “I ricordi fanno parte della realtà” | Intervista

Uomini o algoritmi, chi vivrà nel futuro?

Questa domanda dai toni provocatori non ha bisogno di una risposta ma può essere uno spunto per suonare al citofono di“Via Casabella 11”. Dopo una rampa di scale è pronto ad accoglierci Elemento Umano, cantautore e musicista che arriva dalla provincia di Pistoia.

Il luogo scelto come titolo del disco è un indirizzo, che indica una mappa sentimentale e razionale dentro il quale ognuno può orientarsi cercando nei propri ricordi momenti dimenticati.

La società in cui viviamo tende a creare mode fino a standardizzarci, con lo scopo di trasformarci in consumatori per il quale costruire un prodotto da vendere, ma non dobbiamo dimenticarci che ognuno di noi è diverso, e siamo quello che siamo a causa del nostro vissuto e  delle cose che abbiamo imparato affrontando la vita in prima persona.

Elemento Umano non ha paura di mettersi a nudo, mostrando anche le sue imperfezioni, utili però a lasciarsi alle spalle certi ostacoli che diventano uno stimolo per vivere ogni giorno con la voglia e la capacità d’imparare ad ascoltare sempre di più il proprio istinto, ovviamente anche a costo di sbagliare, ribellandosi  così davanti ad un futuro fatto solo d’inutili sentimenti anestetizzati.

INTERVISTANDO ELEMENTO UMANO

Di che colore sono i “Fotogrammi” nella tua memoria?

Dipende dai momenti che vado a ripescare: a volte sono bianchi come la prima chitarra che comprai a 12 anni, a volte sono gialli come il 46 di Valentino, o viola come Gengar, il mio pokemon preferito, altre volte sono solo in bianco e nero, come le copertine di “C’è chi dice no” o di “Buon sangue”

Chi vorresti invitare in “Via Casabella 11”?

A volte mi sono immaginato di poter organizzare una cena con personaggi che ammiro: credo che inviterei Stromae, Jack White e Vince Gilligan per una cena con jam session da filmare interamente.

Quali sono le cose che non fanno per te?

 Non fanno per me: la catena di montaggio, le promesse non mantenute, gli aperitivi che si fingono esclusivi, il reggaeton, i cinepanettoni e soprattutto le sale da concerto chiuse.

Senti delle responsabilità nei confronti della società?

 A volte si, mi paragono a mio padre ad esempio e dico: lui a 26 anni aveva già comprato casa, si era sposato, aveva un figlio e io?

È una voce che sibila nella mia testa e cerca di farmi sentire in ritardo. Poi però penso a quanto mi piace scrivere, suonare, comporre musica e capisco che io cammino semplicemente in una direzione diversa. Quindi non sono in ritardo, ho solo scelto la mia strada da percorrere.

Quanto è difficile uscire da un giudizio?

Molto difficile, soprattutto dal giudizio di me stesso. Le canzoni parlano di me, le ho scritte, composte, suonate e cantate io quindi voglio rivedermi in ogni brano. Voglio che siano sincere e realistiche, non voglio indossare maschere e gonfiare il petto per sembrare più forte. Voglio che siano quanto più possibile “umane” e “vive”.

PH: Valentina Cipriani

A quale emozione ti senti più legato e perché?

Mi sento molto legato alla gioia, quella che vive nei miei ricordi d’infanzia e quella che riesco a raggiungere anche adesso quando suono o scrivo.

A volte è difficile fare pace con se stessi?

L’introspezione è un processo inevitabile per me. Mi capitano spesso periodi in cui non sono perfettamente equilibrato. Mi sento sempre diviso tra due personalità, forse mi influenza il fatto di essere dei gemelli (pur non interessandomi di astrologia). 

Secondo me la chiave è accettare il fatto che sono necessari i momenti di disordine interiore per scavare più a fondo, conoscersi meglio ed accettarsi un passo alla volta.

PH: Valentina Cipriani

I bambini fantasticano e i vecchi sperano?

Si, credo che sia legato al fatto che crescendo si perde lentamente il potere dell’immaginazione.

Per questo cerco sempre di mantenere vivo il bambino che ero, cerco di vivere giocando.

Mi piace pensare che questo conservi intatta la mia immaginazione e mi permetta di sognare sempre più in grande.

Pensi che in un futuro vicino o lontano potrebbe scomparire l’elemento umano dalla musica?

Assolutamente no. Bisogna solo capire dove si sposterà: la musica si evolve, come tutte le arti, ed è naturale aver paura che “digitalizzandola” sempre di più si rischi di renderla meccanica e fredda. In realtà si apre un mondo di infinite possibilità, di nuove combinazioni di suoni irripetibili e singolari. L’errore è pensare che questo progresso escluda gli strumenti ed i suoni più analogici che hanno fatto la storia. Al contrario, i due mondi si fondono continuamente ed è lì che io ritrovo “l’elemento umano”.

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