Scena del film K-Pax

MacLean | Indie Tales

I vestiti erano sparsi per terra in mezzo a libri, fogli strappati e una tazzina di caffe tutta sbeccata ferma miracolosamente sul limite della scrivania, indecisa se buttarsi giù da un momento all’altro, preferendo esplodere in mille pezzi piuttosto che rimanere lì a guardare il baratro.

Quella stanza sembrava abbandonata da parecchi giorni, ma in realtà, da qualche parte nel letto, c’era Matteo che se ne stava nascosto sotto le coperte. Dentro quel disordine si sentiva sicuro, al riparo dal mondo esterno. Non voleva più uscire, improvvisamente aveva iniziato ad avere paura di tutto. La sua mente era stata divorata giorno dopo giorno dalle ansie, cresciute sempre più rapidamente dentro di lui dopo quell’incidente.

Una sera, ormai impossibile da stabilire il giorno esatto, dato lo scorrere stanco e monotono del tempo, mentre stava tornando a casa dal lavoro, una macchina aveva sbandato scivolando leggera sull’asfalto, prima di concludere la  corsa contro la fermata dell’autobus dove una coppia di ragazzi, ignara del proprio destino, si stava giurando amore eterno per l’ennesima volta.

Matteo aveva sentito un forte botto e poi si era buttato istintivamente a terra, anche se stava camminando dalla parte opposta della strada. Aveva le mani chiuse sugli occhiali, come se non volesse vedere quello che stava succedendo, quando si alzarono subito fiumi di urla strazianti, mentre lacrime e sangue iniziarono pian piano a sporcare l’asfalto.

Dopo poco arrivarono alcune ambulanze seguite dalle luci blu della polizia. L’autista era sceso zoppicando dalla vettura ma non sembrava aver riportato delle conseguenze mentre i due giovani erano riversi al suolo, immobili.

I medici si precipitarono subito verso di loro, prestando le prime cure mentre Matteo stava provando a parlare con un uomo in divisa, che vedendolo a terra era corso verso di lui. In realtà non era stato coinvolto fisicamente nell’incidente, ma qualcosa si era rotto dentro di lui.

Appena entrato in casa, chiuse con violenza la porta, prima di correre in bagno a vomitare via tutta la sua rabbia, tenuta nascosta per troppi anni. Si sentiva insoddisfatto di tutto, del lavoro, dei pochi amici con cui raramente andava a bere una birra al bar, delle relazioni amorose diventate addirittura argomento tabù. Abitava in un vecchio palazzo in centro, ma era stufo di vedere dalla finestra persone felici e spensierate, che camminavano per la strada sempre sorridenti. Un po’ come quei due ragazzi che aspettavano l’autobus chissà per dove, ma davano la sensazione di non aver nessuna paura del futuro.

Preso dallo sconforto colpì con un pugno lo specchio, poi con le nocche ancora sanguinanti si butto a letto cercando di dormire. I demoni del suo passato erano riemersi come serpenti dentro la sua testa, che lo spinsero a fondo fino a sentirsi colpevole per quanto era successo.

Tutte le aspettative che aveva maturato durante la sua vita, le raccomandazioni che aveva subito da una madre troppo premurosa e apprensiva e i sogni messi via giorno dopo giorno stavano esplodendo in un silenzio terrificante.

Non voleva più alzarsi dal letto, rispondere al telefono, compresi tutti quei messaggi che stava ricevendo da amici e parenti. Si stava lasciando andare, autodistruggendosi completamente.

Matteo si sentiva una vittima della società e avrebbe voluto essere al posto dei due giovani, barattando i suoi rimpianti con le speranze e i sogni della coppia che, forse con una certa illusione adolescenziale, cercava di credere in qualcosa di diverso, con la consapevolezza  che era ancora possibile crearsi un proprio futuro.

Arrivati ad una certa età però certe cose non si possono più cambiare, e bisogna accontentarsi di sopravvivere sempre un po’  alla volta e così quel letto si stava trasformando sempre di più in una tomba alla quale mancava solamente fiori sparsi sul tappetto, ornamento perfetto per una vita in decomposizione.

Poi però, all’improvviso, si alzò dal letto, prese un bel respiro e buttò fuori tutto l’ossigeno che aveva in corpo. Matteo, arrivato ad un passo dalla fine, si era accorto che voleva tornare a vivere.

RACCONTO ISPIRATO AL BRANO MACLEAN DEI              BREATHE ME IN