New Indie Italia Music Week #100

Novembre 2019. Un mondo fa, una vita fa. Il cuore della redazione di Indie Italia Magazine decide di dare il via a una nuova rubrica a cadenza settimanale mirata a recensire i migliori brani “Indie Italia” usciti lungo il corso della settimana. Sfida accettata. Sapevamo si sarebbe trattato di un impegno importante ma per certi versi dovuto al pubblico di una community che fedelmente segue ogni giorno tutte le novità musicali da noi proposte sin dal 2017.

Ed eccoci qui a celebrare il 100esimo numero del New Indie Italia Music Week. Un impegno che coinvolge 8 editors di regioni diverse e che si è trasformato nella rubrica più seguita e attesa dai lettori ma anche dagli addetti ai lavori, sempre attenti a scovare i migliori talenti emergenti.

Un lavoro di squadra che è diventato anche un salotto virtuale per lo scambio di idee, consigli e per la nascita di connessioni personali e professionali.

Ma adesso basta con le autocelebrazioni!

Tuffiamoci a piè pari nei meandri di Spotify e scopriamo insieme i migliori brani della settimana insieme alle recensioni della redazione!

 

Appassire/Due girasoli

Dopo due anni di stop Galeffi decide di tornare sulla scena con due singoli “Appassire” e “Due girasoli”.

In “Appassire” ritroviamo una certa musicalità che ricorda molto Cesare Cremonini, che già in precedenza lo stesso Galeffi aveva nominato nelle sue influenze. Il brano cerca di raccontare, nella narrazione metaforica di un fiore appassito, una relazione ormai impossibile da guarire e quindi tutto il malessere che ne deriva.

Un amore appassito, così come un fiore anche se annaffiato, non potrà tornare più come prima.

“Due girasoli” si propone come uno specchio di “Appassire”, abbracciando invece una malinconia più delicata, che quasi vuole far risplendere di nuovo la speranza. In una Parigi innevata, anche un girasole in mezzo al gelo può comunque fiorire.

(Filippo Micalizzi)

Galeffi: 8

 

Limone

Così come una caramella al limone, anche quest’ultimo brano di cimini, tralascia freschezza ma con un retrogusto finale di amaro in bocca.

“Limone” non ci gira troppo intorno e già dalla prima frase vuol farti capire il mood su cui cammina: “Credevo fosse amore e invece era un limone”. La canzone ripercorre una tipica storia d’amore passo per passo, facendoti credere che alla fine nonostante le varie “peripezie” finirà con un lieto fine. Quando meno te lo aspetti però, ecco che arriva un bacio finale pieno di aspettative che rompe la magia, e quel che resta alla fine è solo l’amaro in bocca.

(Filippo Micalizzi)

Cimini: 8

 

Metà mattina

A volte è dura trovare il modo giusto per esprimere un sentimento a parole. Si finisce in una matassa infinita di pensieri senza capo ne coda. Maurizio Carucci con la sua “Metà mattina” ci dimostra che molto spesso la risposta giusta risiede nella semplicità. Bisogna avere la testa libera per poter dire quel “Ti voglio bene” che spesso come concetto viene sottovalutato e pienamente abusato. Una frase potente, con un certo peso, ma che se detta nel modo giusto riesce ad andare a segno.

Un invito da parte di Maurizio a vivere liberi e leggeri come un bambino innocente che non conosce ancora il bene e il male.

(Filippo Micalizzi)

Maurizio Carucci: 9

 

Marecittà (Album)

“Marecittà” è il primo album di Baltimora, nickname artistico di Edoardo Spinsante, trionfatore dell’ultima edizione di XFactor. L’Ep si compone di 7 brani: 4 inediti e 3 singoli che molti di noi conoscono a memoria già da un po’: “Baltimora”, “Altro” e “Colore”. Baltimora rappresenta uno dei profili artistici più interessanti per il presente e per il futuro della musica italiana che verrà. Un passato da producer dietro le quinte sotto la firma di Plugsaints, un presente da possibile protagonista sul palco.

Il nuovo lavoro del giovane artista nato ad Ancona profuma di suoni moderni che spaziano dall’urban, al synth pop fino ad arrivare alle sfumature blues e all’rNb. Un insieme di generi uniti e amalgamati dalla voce cristallina e allo stesso tempo graffiante e dalle strofe rappate di Edoardo. “Marecittà” è un album ben costruito che affonda le radici sull’emotività, sulla crescita e sulla sana inquietudine esistenziale che ci permette di guardarci intorno e di evolverci per andare avanti o semplicemente per adattarci nei nostri, spesso agitati, Marecittà.

(Salvatore Giannavola)

Baltimora: 8

 

Adesso torni a casa (EP)

Marco Fracasia ha deciso di far uscire in questo venerdì 11 marzo 2022 il suo primo disco per 42 Records. Intitolato “Adesso torni a casa” e prodotto da Marco Giudici, l’ep era già stato anticipato da due singoli in esso contenuti: parliamo di “black midi” (uscito il 17 dicembre 2021) e “Ipersoap” (del 18 febbraio 2022).

Già ad un primo ascolto appare chiaro come Marco Fracasia sia un artista attento alla coerenza ed infatti ci troviamo di fronte a cinque brani uniformi ed omogenei, sia per quanto concerne le basi sia per le tematiche trattate.

Il disco si apre con “Solfeggio”, con un pianoforte che ci accompagna in una sorta di montagna russa, in un crescendo di illusoria speranza che in realtà è solo rabbia e insoddisfazione. Fracasia dichiara sin da subito la propria distanza dagli altri, “siete tutti stupidi, sono l’unico sano” (“Solfeggio”), “l’importante sono io” (“Ipersoap”), ma questa distanza è solo apparente: Marco Fracasia parla di un senso di unicità individuale che caratterizza pressoché chiunque, che allo stesso tempo ci fa sentire diversi e fuori luogo, giudicati dagli sguardi e dalle parole degli altri. La presa di coscienza della propria unicità e diversità, dunque, è anche condivisione di stesse sensazioni, di stessi traumi e malesseri con gli altri, che non sono poi così lontani in effetti.

Con basi elettroniche e ausili strumentali davvero interessanti e originali, questo giovane artista sembra aver trovato una chiave di comunicazione efficace, capace di far rispecchiare ognuno di noi in questo disegno che è “Adesso torni a casa”.

(Eva Ceccarelli)

Marco Fracasia: 9

 

Storia di Antonio

“Istinto diabolico in un dipinto bucolico, la firma è di un anonimo Antonio Ligabue”

Quello che ci propone Carlo Corallo, affiancato da Murubutu e dalla produzione di TriplexFila, è un viaggio nella vita di Antonio Ligabue, tra i più importanti pittori e scultori italiani del secolo scorso.

La “Storia di Antonio” si apre con un piacevole giro di pianoforte (che sembra voler richiamare i classici sottofondi dei documentari d’arte), per lasciare poi immediatamente spazio al cantastorie che, con tutta la forza espressiva propria delle strofe rappate e con un senso di malinconia pressoché costante, spalanca le porte sulla vita di questo genio maledetto, di cui viene ricordata l’infanzia svizzera, l’aspetto non proprio seducente, la povertà, ma soprattutto l’ideale artistico.

“È la via amara dei molti rimasti ai margini se il mondo li prende per matti e dopo la morte li rende martiri”

(Eva Ceccarelli)

Carlo Corallo (featuring Murubutu): 9

 

London

Con il suo nuovo singolo (prodotto da G Ferrari) Citrieste, classe ’98, ci racconta un viaggio che è al contempo fisico e psicologico, quello a seguito di una rottura. La mèta è la magica Londra, la classica metropoli che carica ciascun individuo che la attraversi di tutto il peso della solitudine possibile.

Quale luogo migliore da visitare, dunque, per un giovane cuore spezzato? Ce lo racconta proprio Citrieste, che nonostante tutti gli sforzi arriva addirittura a vedere “le nostre foto in un bagno in centro a London”, il che è esemplificativo di come, per quanto si cerchi di sottrarsi al dolore, questo prima o poi si paleserà davanti ai propri occhi (forse anche a causa di qualche birra di troppo). La fuga di Citrieste dura ”5 giorni e 4 notti” e il rientro, il ritorno alla realtà, è inevitabile, nonostante il desiderio di non porre fine al proprio viaggio.

Citrieste, insomma, con il suo accento romano un po’ “trascinato” ci racconta quelli che sono i classici meccanismi di una rottura, di giovane cuore spezzato. Non possiamo che attendere con trepidazione le nuove mete del suo iter.

(Eva Ceccarelli)

Citrieste: 7

 

Adderall

L’Adderall è uno stimolatore cognitivo usato per migliorare le proprie prestazioni rincorrendo il sogno di un mondo che ci vuole più intelligenti, più efficaci, più veloci, più competitivi. A questo futuro mostruoso c’è un’unica soluzione: l’estetica del fallimento, l’elegia della sconfitta, l’ode dei tempi morti. Rivendicando per tutti il diritto di non essere all’altezza.

È con queste parole che i Voina hanno annunciato sul loro profilo Instagram l’uscita di un nuovo singolo, intitolato per l’appunto “Adderall”, con riferimento al noto prodotto farmaceutico.

Il brano si basa sulla ripetizione di un’insistente e provocatoria richiesta (“tu dammi dell’Adderall”) che se nella prima parte è più aggressiva, quasi sintomatica di una smisurata astinenza, sembra poi placarsi nei toni, dando comunque un senso di inappagabile dipendenza. Il messaggio che i Voina vogliono mandare è lo stesso che possiamo ritrovare in molti loro brani, è un messaggio di trasgressione e di ribellione rispetto ai vincoli che la società ci impone, primo tra tutti quello del raggiungimento di una felicità inesistente. È infatti un forte slogan a dominare il singolo: “l’automiglioramento è masturbazione”. Ancora una volta i Voina sono quindi riusciti ad estinguere ogni nostro sogno e a riportarci all’amara realtà delle cose.

Possiamo già figurarci cosa accadrà nel loro nuovo Ep YOGA pt.1?

(Eva Ceccarelli)

Voina: 8

 

Cyrano

L’artwork del nuovo singolo di Ventitre evoca già il dramma teatrale “Cyrano de Bergerac” ed il suo omonimo protagonista che incarna l’amore poetico, intellettuale e carnale da cui il singolo trae appunto il titolo, “Cyrano”.

Già dai primi versi la figura di Cyrano è l’emblema non di “un qualunque cristiano”, ma di una persona di cui si ci vorrebbe innamorare perdutamente. Nel dramma francese infatti Cyrano è un combattente che fa dell’amore e dell’amicizia fraterna i suoi motori di vita.

Ventitre traduce in chiave moderna (e quasi dance, ndr) la volontà di non amare qualcuno che “ti parlo ma tu senti solo lalala”, bensì qualcuno in grado di regalarti il proprio cuore ed il proprio intelletto.

(Alessandra Ferrara)

Ventitre: 7

 

Déjà vu

“Déjà vù sono io sembri tu” recita il ritornello del nuovo inedito di Rosita Brucoli invitandoci a guardarci allo specchio non solo quando siamo felici, ma anche quando tutto sembra piombare nell’oscurità.

Il ritmo incalzante del pezzo riflette la volontà di “non guardare indietro”, ma di rivoluzionare il presente, di imparare dagli errori per non ripeterli in modo che la nostra vita diventi una linea tortuosa da colorare con le sfumature dell’arcobaleno. Tema ripreso anche dal contrasto del nero indossato dalla cantante e le piume colorate che le giungono il capo nella cover del brano!

Rosita, inoltre, aggiunge un altro tassello: “la musica è la mia preghiera”. Cosa non rende migliore la nostra vita, infatti, se non la musica?

(Alessandra Ferrara)

Rosita Brucoli: 8

 

Tra chi fugge chi resta

Come annunciato dalla stessa Giorgieness via Instagram, il nuovo singolo dal titolo “Tra chi fugge e chi resta” è un inno di emancipazione!

La cantautrice con la sua voce graffiante sviscera il tema della libertà di cui spesso ci priviamo inconsapevolmente a causa di “una regola scritta” dalla società o semplicemente perché non riusciamo a reprimere il sentimento di “scusarci con tutti”.

Forse nessuno di noi è veramente libero, nel significato proprio del termine. Giorgieness, infatti, ci invita a seguire il nostro istinto animale per toglierci di dosso la pesantezza del giudizio, in primis del nostro ego, e di quello degli altri.

“Presenti ma senza domani né ieri, ci guardiamo sinceri”

(Alessandra Ferrara)

Giorgieness: 9

 

Anversa

“Io ti giuro questa volta no non torno, ho raccolto i miei vestiti ormai sbiaditi e non ti penso più”

Solitamente quando ascoltiamo una canzone indie i protagonisti vivono in maniera passiva l’amore, preferendo rimanere lì a piangersi addosso, ma questa volta la storia è diversa.

La protagonista di “Anversa”, rivendicando tutta la sua femminilità e libertà, decide di cambiare vita, liberandosi in maniera decisa da un passato che non funziona più.

(Nicolò Granone)

Flaminia: 7+

 

Caramelle

La band bresciana torna, dopo il singolo 6 minuti con Dile, con una nuova collaborazione, questa volta con Ciliari.

Caramelle è un singolo in cui molta gente può immediatamente rivedersi. La sensazione di sentirsi inadeguati o fuori luogo accomuna più persone di quanto si potrebbe pensare.

A volte è infatti inevitabile la necessità di spegnere i pensieri per rifugiarsi in ciò che più fa stare bene, tra caramelle e sigarette. Zucchero e nicotina non è un binomio forse troppo salutare, ma è senza dubbio un buon lenitivo per fuggire dalla pesantezza di problemi che, molto spesso, siamo noi stessi a creare.

Nel brano non mancano nemmeno i riferimenti cinematografici o quegli spaccati di vita quotidiana, tipici del gruppo, che ci ricordano quei discorsi sul futuro, fatti di notte, davanti a un bicchiere.

(Sara Pederzoli)

Kaufman, Ciliari: 8

 

Non amo il cioccolato

Oggi la società tende a imporci canoni estetici da rispettare, mode inutili da seguire o finte alternative da provare.

Ma dai come fa a non piacerti il cioccolato? Piace a tutti.

Wide Shampoo si vuole ribellare a questo sistema, seguendo il proprio istinto che invece di rispondere sempre si a tutto quello che vogliono gli altri, sente il bisogno di correre nudo, come  se fosse spinto da un richiamo primordiale, libero da vincoli e imposizioni alle quali ognuno di noi si è sempre sentito obbligato a rispettare anche senza mai averlo vissute come proprie.

(Nicolò Granone)

Wide Shampoo:7,5

 

 

Vita Sperduta

I FASK hanno una voglia matta di ricominciare a scatenarsi sui palchi e in Vita Sperduta questa urgenza traspare tutta. Il brano è già stato inserito nella scaletta dei concerti e noi non vediamo l’ora di cantare con loro: dopo due anni ne abbiamo tutti bisogno!

Vita Sperduta ha infatti una struttura volutamente minimale, nata appositamente con l’idea di suonarla live e dare la giusta carica al pubblico.

Vita Sperduta però è ancora qualcosa in più, con un testo che rappresenta una riflessione profonda su noi stessi e le relazioni con gli altri. Quelle relazioni talmente profonde che superano la mancanza di tempo o le case disordinate.

Non importa quanto siamo occupati o quanto siamo sovrastati dalla frenesia della vita, a te posso dare tutto me stesso. Questo cantano i Fast Animals and Slow Kids e penso siamo una dichiarazione bellissima.

(Sara Pederzoli)

Fast Animals and Slow Kids: 9

 

Alla fine

“Ma menomale che non ci sei più”, canta Boriani nella sua nuova “Alla fine”, un singolo che potremmo descrivere come postumo. Come i postumi di una relazione…in questo caso finita male, malissimo. Eppure non sempre è facile raggiungere la consapevolezza che ogni tanto ci fa capire che non è finita soltanto per colpa di chi abbiamo davanti, a volte è anche colpa del tempo.

Essere nel posto sbagliato al momento sbagliato? Probabile. Eppure, come dice Boriani, l’importante è che “non ci sei più, tanto alla fine non avremmo fatto niente”.

(Ilaria Rapa)

Boriani: 7,5

 

UNIVERSO (Artemisia) – Album

Con “UNIVERSO (Artemisia)”, dopo aver premuto play, entriamo a piedi uniti nel mondo/universo (appunto) colorato del suo autore e narratore urbano Celeste alias Simone. Attraverso i cinque brani che vanno a costituire un vero e proprio concept, approfondiamo a tocchi di colore la quotidianità dell’artista, che, come suggerisce il brano “18 anni”, ci rivela anche la giovane età, la quale però non è sinonimo di inesperienza. Celeste infatti riesce con il sapiente amore per la sperimentazione a unire r ‘n b a urban pop, come possiamo notare, solo grazie alla peculiare vivacità che lo contraddistingue.

(Ilaria Rapa)

Celeste: 7,5

 

Cosa mi fai

“Cosa mi fai” può essere una domanda senza risposta o addirittura il modo estremo di vivere una situazione che non dipende più dal nostro comportamento. L’amore ci impedisce di analizzare la realtà in maniera razionale, trascinandoci dentro un vortice d’emozioni dove tutto viene estremizzato.

Se le cose funzionano è una situazione bellissima nella quale proviamo la massima felicità, i problemi sorgono quando questa illusione finisce e iniziamo a fare mea culpa su ciò che non ha funzionato.

Esiste l’amore eterno? Non lo so ma Cilla ci augura di trovarlo!

(Nicolò Granone)

Cilla: 8

 

 

Una tenda

“È il mio cuore in campeggio da te che ha piantato una tenda”

“Una tenda” è il nuovo singolo di Gobbi piantato nel cuore di chi si ama, come suggerisce l’artista stesso. Una dichiarazione, e una ballad insieme, che racconta di una vita quotidiana semplice e realistica: Gobbi non ha infatti paura di raccontarci della sua ipocondria, dell’ansia del Covid, di quella volta che gli hanno rubato l’iPhone.

“Una tenda” è un singolo immersivo che non teme giudizi proprio perché nasce dalla necessità di raccontarsi.

(Ilaria Rapa)

Gobbi: 7

 

Numeri primi (Album)

“Ho sempre avuto dei problemi di tempismo, e ti aspettavo come aspetto un imprevisto”

“Numeri primi” è il primo progetto discografico per Hu e, dopo l’ottima performance a Sanremo insieme a Highsnob le aspettative erano alte. L’artista marchigiana non delude, il timbro etereo e dolce che la contraddistingue ci guida all’interno del suo mondo composto da emozioni, ricerca di sé, accettazioni ed incertezze, con un filo logico che attraversa tutti i brani: nessuno è sbagliato, siamo tutti pezzi unici di un unico bellissimo mosaico che compone la vita.

“Chissenefrega se poi te ne vai, chissenefrega se torni da lei, chissenefrega è colpa mia” ci perdiamo nei suoni elettronici di “MoMa”, subito dopo aver apprezzato la collaborazione con Francesca Michielin in “Guai” e a fine ascolto realizziamo che il disco è composto da un intreccio di sound diversi che riuniscono tutte le personalità di Hu, pezzi d’arredamento del suo cuore fatto a monolocale che sottolineano la sua unicità e ci fanno prendere coscienza della nostra. Chiudiamo gli occhi e ci lasciamo trasportare nel nostro club privato da “La versione migliore di noi”, e quando li riapriamo ne siamo certi: domani è un altro giorno e anche noi saremo diversi.

(Margherita Ciandrini)

Hu: 9

 

Tante care cose e altri successi (Album)

Fulminacci ritorna da noi e ci regala nuove emozioni con il remake di “Tante care cose” al quale sono stati aggiunti quattro brani inediti. Abbiamo imparato ad amare “Brutte compagnie” e “Chitarre blu”, la prima ci ha fatto ballare e la seconda ci ha fatto ondeggiare a tempo e piangere mentre “guardiamo scorrere veloce il tempo” e ci addormentiamo con la faccia in giù, risvegliandoci di colpo con la tachicardia e il respiro spezzato.

In “Sembra quasi” è la nostra paura che viene cantata da Fulminacci, la paura di perdere qualcuno che è diventato così importante per noi, quella persona con cui ci sentiamo così in sintonia che riusciamo anche a cantare in macchina in sua presenza e a parlare dei nostri sogni e vorremmo avere il dono del teletrasporto per raggiungerla, anche solo per un abbraccio, ma ci limitiamo a guardare la luna nel cielo, sperando che a chilometri di distanza, stia facendo lo stesso.

Assoluta novità nel disco il featuring con Willie Peyote, “Aglio e olio” che ci insegna che spesso conta il viaggio, più di dove vai e allora usciamo fuori e cominciamo a camminare, verso dove, si vedrà.

(Margherita Ciandrini)

Fulminacci: 9,5

Non mi bastano 24 ore al giorno (Album)

Il titolo del nuovo album della band è tratto da una frase di uno dei cinque brani che compongo l’ep, “Je t’aime”, che racchiude e semplifica l’incertezza e l’alienazione, sentimenti predominanti di qualcosa che ormai non si può più attribuire ad un fenomeno generazionale.

“Non mi bastano 24 ore al giorno” è un ep di cinque brani scritti nella periferia di Bologna, che parlano di come un Erasmus del nostro amato/a può farci tornare a scrivere canzoni, di come ci svegliamo prima della sveglia, oppure di un sogno in cui tua nonna ti dice di stare tranquillo perchè: “Dopo non c’è niente” titolo del brano di chiusura dell’ep.

Il sound della band è rimasto violento, malinconico e allo stesso tempo dolce e leggero. Le due chitarre e il basso non hanno effetti pirotecnici al di fuori di distorsione e reverbero. La batteria è suonata forte, con quello che rimane dei piatti. La voce è dentro, è urlata, e diventa un coro liberatorio. Ciò che viene fuori è un muro di suono impastato, dove nessun elemento prevale sull’altro.

(Salvatore Giannavola)

Moregrè: 7.5

 

Un posto sicuro (Album)

Che cos’è un posto sicuro? Può essere fisico o metaforico, ma ognuno di noi ne ha bisogno, per sentirsi libero, per sognare, per sentirsi accettato e per sfogarsi. La wave rock de Il Corpo Docenti ci accompagna verso il nostro, raccontandoci il loro: “Un posto sicuro” è il nuovo progetto discografico della band ed è proprio quello di cui avevamo bisogno in questo marzo un po’ inverno e un po’ primavera. “Ho finito gli occhi da chiudere e sono obbligato a guardarti, mentre mi stai parlando”

“Bastava cantare” crea scompiglio dentro la nostra testa e non riusciamo a concentrarci, soprattutto quando abbiamo davanti qualcuno che oltre nei nostri pensieri, crea caos anche nel nostro cuore.

“In fondo ogni ritorno, non è sicuro se non ci sei tu” tutti abbiamo “Un posto sicuro” in cui abbiamo lasciato un pezzo (o tanti pezzi) di noi e dobbiamo tornarci spesso per cercare di colmare questo vuoto che a volte si impossessa di noi: non è altro che il nostro posto sicuro che ci sta chiamando e anche se abbiamo imparato a rimandare tutto a domani e nessuno vuole guardare i film prodotti dalla nostra testa (Buchi neri) dobbiamo lanciarci nel vuoto e allontanarci, senza scappare, semplicemente guardando avanti e aprendo i nostri occhi sul mondo.

(Margherita Ciandrini)

Il Corpo Docenti: 9,5

 

Saera (album)  

Arriva il primo EP di Saera e, quasi come se si guardasse allo specchio o avesse scritto un “manifesto musicale”, gli dà il suo nome.  

La giovane artista romana mescola i generi tra pop, elettronica ed R&B e questo rende le canzoni leggere, come fluttuassero in aria, sospese. 

“Saera” è un album che lei stessa definisce malinconico, perché si trova nell’età del cambiamento,  nel momento della chiusura di vecchie porte e apertura di porte nuove. La parola tempo viene perciò ripetuta in molti pezzi perché tutto l’album parla di questo: di come, nel tempo che scorre, certe cose rimangano sempre uguali, mentre altre cambino dolorosamente e noi siamo costretti a lasciarle indietro. Non sempre ci viene bene accettarlo, ma è l’amara bellezza della vita: certe cose devono cambiare per lasciare spazio ad altre, perché crescere significa soprattutto questo. 

(Benedetta Fedel) 

saera: 7,5  

 

 Che passa 

Una chitarra acustica, il mare, ed è subito spensieratezza. 

Priscilla canta di un viaggio e del tempo. Concetti che, se ci pensiamo, non sono poi così diversi perché, ci insegnano, la vita non è altro che un grande viaggio.  

Delicata e cantautorale, Priscilla ricorda la musica leggera vecchio stile e ci catapulta in una storia in cui si parte e si torna. Sì, perché se nella prima strofa “è il giorno giusto per andar via”, nella seconda, torna “sulla terra”.  

E in questo andirivieni, avanti e indietro, come le onde del mare, dal finestrino del treno assistiamo al tempo che, scandito dal movimento delle nuvole, continua. Spettatori increduli e incerti guardiamo il tempo “che passa”.  

(Benedetta Fedel) 

Priscilla: 7,5  

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