Luca Chiappara: “Where I Belong racconta la mia Nashville” | Intervista

Luca Chiappara: “Where I Belong racconta la mia Nashville” | Intervista

Nel 2022 Luca Chiappara, dopo parecchi anni in tour tra USA ed Europa come bassista/contrabbassista, incide il suo primo album da solista: “Where I Belong” – che uscirà il 9 Maggio 2022 – un progetto interamente dedicato a Nashville, patria della country music, capitale del Tennessee, epicentro musicale a 360 gradi: country, blues, jazz, indie, pop, hip hop, dove vivono i Black Keys, Jack White dei White Stripes, Keith Urban, Billy Gibbons, Sheryl Crow, Steven Tyler e Dave Mustaine.

L’album di Luca Chiappara è concettualmente organizzato in due parti – come un disco a 33 giri – e presenta una prima selezione orientata al pop che lentamente sfuma in un’identità più acustica. Registrato su nastro con microfoni RCA anni ’50 al Retro Recording Service Studio di Milano (Italia), “Where I Belong” è un disco di 12 tracce che restituisce l’idea personale di Luca Chiappara di songwriting, composizione e arrangiamento oltre a cantare e suonare il contrabbasso, il basso elettrico e le chitarre.

Ad anticipare l’uscita di “Where I Belong”, il singolo “I Wish”, il cui video lascia perfettamente intendere come sia stato registrato l’intero album e l’attitudine rock’n’roll, vero e proprio filo conduttore della musica di Luca Chiappara.

INTERVISTANDO LUCA CHIAPPARA

“Where I Belong” è il tuo primo disco solista dopo tantissime collaborazioni: cosa ti ha spinto a lanciarti in questo progetto

Innanzitutto grazie per avermi concesso questo spazio, è un onore per me poter apparire su Indie Italia Mag. Per rispondere alla tua domanda, ho fatto il conto che negli ultimi sette anni ho suonato con più di 50 artisti, molti dei quali americani. Gente che vive, ascolta e suona questo genere sin da tenere età. Nella maggior parte dei casi hanno un’attenzione ai dettagli che mi affascina molto.

Per me era arrivato il momento di sintetizzare tutto ciò che ho appreso, mettendolo il musica. Per fare degli esempi, volevo che il mio disco avesse un pezzo Rock’n’Roll in cui la batteria mantenesse la stessa ballabilità da inizio alla fine, uno Honky Tonk in cui la sezione ritmica seguisse all’unisono determinate note come nelle registrazioni della RCA degli anni 50, uno Bluegrass in cui banjo e mandolino si dividessero le risposte al cantato, un pezzo folk in cui le parole uscissero in maniera chiara dal mix dando centralità alla storia raccontata.

Dettagli. Che per me contano molto. Questo disco è il mio modo per raccontare in musica i musicisti che ho incontrato ed è un modo per ringraziarli.

Come nasce il tuo amore per la musica roots americana e rockabilly?

Ho iniziato a suonare questo genere alla soglia dei miei vent’anni in Sicilia, dove c’è una forte tradizione di band che spaziano dal Blues al Rock’n’Roll. All’epoca in Sicilia si suonava dovunque e in qualunque giorno della settimana, c’era molta attività, soprattutto d’estate.

Ho comprato il mio primo contrabbasso per iniziare a suonare questi generi e ho scoperto nella musica tradizionale americana un mondo per me nuovo. Ogni concerto era un momento di svago e divertimento per noi e per il pubblico. Era un rito primordiale di liberazione e festa.

È effettivamente questo lo spirito con cui questi generi sono nati, che si tratti del Blues, del Jazz tradizionale, del Country o del Bluegrass. Sono tutti generi suonati in maniera semplice ma efficace, fatti per essere cantati e ballati in gruppo, per stare bene in compagnia e dimenticarsi per qualche momento dei propri problemi.

Qual è il tuo rapporto con gli USA?

Gli Stati Uniti sono il paese in cui tutto questo movimento è nato. Sono il paese che nel corso del Novecento ci ha dato Steinbeck, Orsone Wells ed Hank Williams. Artisticamente e culturalmente sono profondamente innamorato degli Stati Uniti, soprattutto perchè nella musica sono quelli che sono riusciti a capitalizzare di più sull’identità musicale.

I generi hanno il nome delle regioni di provenienza: Nashville Country, New Orleans Jazz, Chicago Blues. Se vuoi vivere in una città attiva e fare musica ad alto livello, Los Angeles, New York o Nasvhille sono il paese dei balocchi. Sono le città da cui tutt’ora escono le produzioni che trovo più di classe, quelle che hanno un forte rispetto della musica suonata in maniera tradizionale ma che riescono a parlare ad un pubblico sempre più ampio.

Per fare i due esempi più mainstream che mi vengono in mente, pensate alle produzioni di Dan Auerbach (Black Keys) o di Jack White (White Stripes), entrambi di base a Nashville.

Luca Chiappara

Parlaci di “I Wish”, il primo singolo estratto da “Where I Belong”

Proprio per quello che dicevo prima, I Wish è il brano in cui più di tutti ho cercato di unire il sound più vintage a delle sonorità più recenti. Abbiamo registrato la sezione ritmica su nastro al Retro Recording Service di Milano con strumentazione degli anni ’60 e ’70.

Abbiamo lavorato successivamente a delle sovraincisioni in modo che il sound si arricchisse e si “svecchiasse”, nella struttura del brano ho cercato di fare qualcosa di più moderno, una struttura più snella e in cui non ci fosse un vero e proprio assolo, ma delle parti orecchiabili che si alternano. Insomma, nella mia testa era un pezzo Beat anni 60 suonato da una band Pop-Punk anni 90.

Qual è la cosa che ti auguri di più per la tua carriera professionale?

Mi auguro di continuare a lavorare ad un livello in cui è richiesta grande attenzione ai dettagli. Trovo appagante collaborare musicisti con le idee chiare, che hanno un determinato sound in mente e che sanno come ottenerlo. In fondo come tutte le opere d’arte, anche la musica è questione di contenuto e di stile, e quando suoni in una band che punta allo stesso obiettivo, si crea una magia particolare. Mi auguro di provare questa sensazione di trasporto per il resto della mia vita.

Luca Chiappara

Raccontaci qualche aneddoto divertente della vita on the road

La cosa bella della vita on the road, se fatta con i giusti compagni, è che è fatta spesso di inside jokes o continui scherzi che ti permettono di rompere un po’ la noia delle innumerevoli ore in viaggio o in attesa. Per due ore di viaggio spesso si sta in macchina dalle 6 alle 10 ore, arrivi ad un locale per il soundcheck e aspetti fino ad inizio concerto. Finito il concerto torni in albergo pronto per ripetere la stessa routine l’indomani.

In uno di questi momenti di noia, ricordo che eravamo in Versilia d’estate, vicino a noi c’era un gruppo di ragazzi che faceva una piramide umana. Loro erano sportivi e palestrati, noi pigri e goffi…ma annoiati. Abbiamo deciso di sfidarli. Dopo innumerevoli tentativi troviamo finalmente la quadra: il batterista mette sulle spalle il chitarrista che mette sulle spalle me (ancora mi chiedo perché l’abbiamo fatto?), ci alziamo in piedi e…boom! Crolliamo a terra in un nano-secondo. Il risultato è che di lì a poco, tra una risata e un lamento, siamo tutti dovuti ricorrere a medicamenti vari. Abbiamo imparato la lezione? Ovviamente no.

Hai già altro in cantiere? Dove potremo ascoltarti dal vivo questa estate?

Ho grandi progetti in cantiere, ma tutti richiedono un po’ di tempo e duro lavoro. Il primo è quello di portare la mia musica negli Stati Uniti, dove conto di tornare a settembre prossimo. Ma più nell’immediato ho un tour tra maggio e giugno in Belgio e Olanda e un po’ di concerti per quest’estate che verranno comunicati tempestivamente sul mio sito (lucachiappara.com) o sui miei canali social. Anzi, seguitemi così rimanete aggiornati!