Avete mai sentito parlare di Sex positivity? Se non lo sapevate questo termine è stato approvato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un riferimento all’idea di celebrare la sessualità e di non focalizzarsi unicamente sulla prevenzione di esperienze negative o di rischi associati (chiaramente il tutto con consapevolezza).
Anna Soares è un’artista poliedrica a cui piace rompere ogni tabù specialmente nell’ambito della sessualità: uno dei canali che ha è sicuramente la sua musica. Con “Dyonisus”, infatti, l’artista mette insieme varie tematiche, tra cui anche l’introspezione, l’ipnosi o la spiritualità (dionisiaca).
Noi abbiamo messo su un nuovo Indie Talks proprio per parlare con lei di tutte questi argomenti di cui spesso si ha un po’ paura di affrontarli.
Ciao! Dionysus non parla solo di sessualità: essa rappresenta, insieme ad altri topoi come l’alterazione dei sensi, l’ipnosi, il monito alla libertà, l’abisso, l’attrazione per il mostruoso, l’introspezione, il mio personale approccio alla filosofia e spiritualità dionisiaca. Se Sacred Erotic voleva sfatare dei tabù legati alla sessualità mettendone in luce gli aspetti più mistici e nascosti, Dionysus ribalta completamente la dicotomia alto-basso, esaltando un approccio spirituale non ascetico, ma abissale.
È tutto nato un po’ per gioco, nel momento in cui ho iniziato a rilasciare le tracce di Sacred Erotic, lo scorso anno, sentivo sempre di più la necessità di spiegare, anche a parole, le ragioni del mio andare in una determinata direzione artistica. Nascono quindi video su Youtube, che man mano vanno a miscelare dilvulgazione, estetica, antropologia, sociologia.
Adesso sto lavorando alla progettazione di un podcast, un lavoro più ampio e organico, nel quale analizzerò tutti gli aspetti di intersezione tra sessualità alternative, società, web e interazioni umane, sarà molto stimolante e non vedo l’ora di farvi sapere di più!
Me lo auguro con tutto il cuore: trovo sia fondamentale avere consapevolezza di quel che si è e come si interagisce nel mondo CON e ATTRAVERSO il corpo.
Ho avuto modo di interagire poco con la gen Z, tendo spesso a circondarmi di persone più grandi di me, ma in quelle poche interazioni ho scorso dei pattern. Non so dirti se siano positivi o negativi, difficilmente mi approccio alle cose in termini etici che dividono la realtà in bene e male. Quel che ho notato, in prima istanza, è una maggiore alienazione e difficoltà nell’interagire con altre persone. Quasi come se il loro mondo interiore scalciasse per avere la meglio sul mondo esterno, per intenderci.
Questo fa in modo che sviluppino una sensibilità enorme, ma che per loro sia complesso esprimerla. Una cosa invece che ho apprezzato molto è la naturale propensione all’inclusività, all’accettazione di realtà anche molto lontane dalle proprie, un’apertura generazionale che abbraccio e che rispetto alle generazioni precedenti trovo rivoluzionaria.
Credo dipenda sempre dall’utilizzo che se ne fa, i social media sono un mezzo, e in quanto tale, la portata del loro beneficio dipende da chi li utilizza. Sento spesso parlare dell’aspetto problematico del costante confronto con una (finta) realtà nella quale ognuno si mostra al suo meglio, dove la vita diviene un costante reality show nel quale si è sempre felici, performanti, vincenti.
Certo, se non si ha la consapevolezza delle maschere che ognuno di noi indossa (anche offline, eh) si rischia di essere inghiottiti dalle aspettative e inadeguatezze. Fortunatamente i social non sono solo questo, e molte persone utilizzano quella vetrina messa a disposizione per scardinare canoni di bellezza rigidi e imposti dall’esterno per autodeterminare la propria immagine, i propri modi di esprimersi, la percezione di sé e cercare di volersi un po’ più bene. Trovo sia bellissimo essere resilienti in un mondo che ci vuole invidiosi e frustrati.
La dicotomia alto-basso, giusto-sbagliato, bello-brutto, bene-male sono alla base della dialettica sulla quale la società occidentale si fonda e si sviluppa. In quest’ottica tutto è catalogabile secondo criteri etici che esulano dal singolo pensiero di ognuno, ma che sono pre-stabiliti, insegnati, introiettati e propagati nel tempo. Tutto questo, dovrebbe contribuire a facilitare la gestione del pensiero collettivo, ma non fa altro che ipersemplificare sfaccettature dell’interagire umano, del sentire umano, che non possono essere catalogate in quanto sfuggono all’incasellamento etico.
Accettare i pattern del proprio sentire sessuale, corporeo, ci porta a porci domande più ampie, a cercare le sfaccettature e non fermarci a quel che ci è stato insegnato. Non perché sia sbagliato, ma perché ognuno di noi ha la possibilità di trovare la SUA verità, la SUA dimensione etica, intellettuale, spirituale, umana.
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