Strange Before You | Gli artisti più dirompenti della musica italiana

Punk, cantautorato, musica elettronica e sperimentale, divismo e trasformismo: la musica italiana ci ha regalato artisti che con i loro brani e i con i loro look fuori dal comune hanno segnato le mode e le preferenze del pubblico. Pionieri, oltre che artisti, portatori di un vento che prende il nome di “cambiamento”.

Dal loro approdo sulla scena musicale italiana  attraverso navicelle colorate e irroratrici di creatività, nulla è rimasto immutato, i dogmi stilistici e contenutistici del passato sono stati disintegrati divenendo influenze artistiche dirompenti delle quali non vorremo mai liberarci.

Facciamo un tuffo nel passato per scoprire gli artisti più irriverenti della scena musicale italiana dagli anni 60 ad oggi.

FRANCO BATTIATO

Precursore del suo tempo, Franco Battiato ha creato un vero e proprio genere che parte dal pop, si trasforma in elettronica ed inserisce nella pozione anche testi dissacranti, mistici e filosofici. Non siamo stupiti quindi, che l’artista a tutto tondo abbia, come pochi altri, una voce all’interno dell’enciclopedia Treccani.

Battiato è riuscito a mantenere una credibilità immensa passando da “Alexander Platz” a “Voglio vederti danzare”, inserendo il capolavoro “La cura” all’interno dei nostri cuori e cercando un “Centro di gravità permanente”. Mente indubbiamente geniale, Battiato e la sua sofisticatezza e ricercatezza delle parole ci accompagnano ancora oggi nelle giornate più difficili e riescono a donarci un briciolo di luce alla fine del tunnel.

Riesce sempre a stupirci, non risulta mai banale ed è uno dei cantautori più romantici del suo tempo, basta ascoltare il testo di “Ti vengo a cercare” per rendersene conto. Franco Battiato ha indubbiamente gettato le radici per il sound alternative ed è ancora capace ad esorcizzare i nostri demoni con i suoi brani “e ti vengo a cercare, perché sto bene con te, perchè ho bisogno della tua presenza”, semplice eppure efficace e ricercato: questo è Battiato.

 

LUIGI TENCO 

L’insostituibile, il complesso e infinitamente discusso; per molti il detentore delle redini del cantautorato. L’andamento della musica leggera forse andrebbe diviso da “prima di Luigi Tenco” e “dopo Luigi Tenco”.

Nasce a Cassine, nella provincia di Alessandria nel 1938 e se c’è qualcosa che è stato in grado di insegnare nella sua lunga – ma forse troppo breve e sicuramente tragica – carriera musicale è quanto siano pesanti le parole. Perché le parole delle canzoni di Tenco sono fotografie con una potenza visiva pari a quella di coltellate.

Parliamo di brani come “Vedrai, vedrai”, come “Mi sono innamorato”, emblemi indimenticabili di quello che è la musica e di quello che è, per tutti, l’amore.

Sarà stato avere una situazione famigliare fin troppo complessa, da cui si è riuscito a staccare ma sempre e solo in parte, sarà stato il periodo genovese, il trasferimento a Milano, l’incrociarsi di storie e di mani con altri personaggi fondamentali nell’universo musicale, ma Tenco è un personaggio unico nella storia della musica italiana.

 

RINO GAETANO

Ironico, scanzonato, dissacrante, un turbine di energie. E perché proprio Rino Gaetano? La carriera di Gaetano parte dalla fondazione di una fortuita cover band, i Krounks, con cui il cantante nel 1968 suonava Dylan, Celenano, Jannacci e De André.Da qui si avvicina al locale-emblema romano, il Folkstudio, in cui conosce personalità come quella di De Gregori.

Amato e odiato proprio per il suo tono satirico e il perenne ghigno di chi sta ridendo con te, ma soprattutto di te, Gaetano si è fatto spazio nell’universo del cantautorato italiano divenendone un interprete unico nel suo genere. O, forse, per meglio dire, creando un genere.

Chi di noi non si è mai trovato a cantare a squarciagola “Gianna Gianna” o a trovare un briciolo di speranza nella voce graffiante che ti prometteva che il cielo sarebbe stato “sempre più blu”? Una fiamma che, purtroppo, si è consumata troppo in fretta, ma che è stata capace di rimanere indelebile, fissa immobile. Lui… “Forse non essenzialmente lui”.

 

MILVA

Capelli rosso fuoco e una voce che ti entra dentro, non può che essere Milva.

All’anagrafe Maria Ilva Biolcati, nasce nel 1939 nella provincia ferrarese ed è, insieme alle altre regine che il periodo a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 ci ha regalato, uno degli emblemi della musica cantautorale italiana, tanto che viene soprannominata la Pantera di Goro per le sue peculiari doti canore, oltre ad essere La Rossa cantata da Jannacci.

Non molti lo sanno, ma Milva è l’artista italiana che ha prodotto il maggior numero di dischi, tra singoli e album – per la precisione, 173 – e non è solo uno dei capisaldi della musica per l’Italia, ma è stata anche particolarmente apprezzata in Germania e Francia. Un personaggio complesso quello di Milva, che diventa in contemporanea una delle attrici italiane teatrali più importanti in quegli anni, costantemente a fianco di Giorgio Strehler.

Tra i fortuiti incontri della vita di Milva, particolare rilievo ha quello con Battiato e Giusto Pio, al fianco dei quali ha prodotto “Milva e dintorni”, uno dei successi maggiori dell’artista, da cui uscirà il famosissimo singolo “Alexander Platz”, che, se volete delle tips su come si scrive un pezzo, vi consigliamo caldamente di ascoltare.

 

LOREDANA BERTÈ

Iconica, profondamente rock ed anticonformista, voce graffiante e un mondo intero da raccontare all’interno delle sue canzoni, Loredana Bertè è impossibile da descrivere in poche righe, ma sicuramente si può dire una cosa su di lei: difficilmente possiamo trovare all’interno del panorama della musica italiana una figura femminile forte come la sua. 

Attraverso le sue provocazioni e le sue libertà, prese talvolta anche con una punta di spensieratezza verso le possibili conseguenze, ha fatto sognare tantissime bambine, poi diventate donne, che hanno tratto forza e coraggio dalle sue scelte e dalle sue canzoni. Quante volte ci siamo dedicate “Sei bellissima” nei momenti di sconforto e difficoltà e quante volte “Il mare d’inverno” ci ha tirato fuori dal nostro posto più buio, offrendoci una via d’uscita “passerà il freddo e la spiaggia lentamente si colorerà” dopo ogni tempesta, ritorna sempre un tramonto rosso che riflettendo la sua luce sul mare, illumina tutto ciò che lo circonda. 

“Non sono una signora” è forse uno dei brani più emblematici di Loredana, che con coraggio e grinta si distacca da quella definizione che le sta stretta, mentre con forza riemerge da un passato ed una famiglia che non si può sicuramente definire facile “non sono una signora, ma una per cui la guerra non è mai finita”.

 

ANNA OXA

Un nome che si spiega da solo questo. 23 album all’attivo e una personalità straripante a dire poco, Anna Oxa, nata a Bari nel ’61 ma con nazionalità albanese, è una delle cantanti più indimenticabili della musica italiana.

L’abbiamo vista a Sanremo 2023, ma a quel festival Anna Oxa ha partecipato la bellezza di 15 volte, vincendo per due con “Ti lascerò” nel ’89 e “Senza Pietà” nel ’99. Il suo esordio è legato al Festival della Canzone Italiana, in cui, spinta da un gigante del cantautorato come Ivano Fossati, è diventata un’icona proprio per il suo stile dirompente, androgino, e definito a più tratti “punk”.

In anni di carriera – e di collaborazioni con personalità del calibro di Gaber, Dalla o Gaetano – ha dimostrato di poter fare tutto quello che vuole con la propria voce, che sembra non avere limiti di ottave. Cantante, cantautrice, performer e conduttrice televisiva RAI, c’è qualcosa che la Oxa non sa fare?

Ancora non l’abbiamo scoperto ma sicuramente siamo ancora qui a cantare a squarciagola “Un’emozione da poco”, che a noi sembra però sappia durare nel tempo.

 

RENATO ZERO

Personalità travolgente e voce inconfondibile: Renato Zero è stato sicuramente iconico e provocatorio nel corso della sua carriera, senza abbandonare mai sound pomposi e testi irriverenti.

L’ambiguità è sempre stata una caratteristica fondamentale del suo personaggio: basti pensare a “Triangolo”, primo brano in assoluto che parlasse di threesome e “Mi vendo”. Questi brani, accostati ad altri del calibro de “I migliori anni della nostra vita”, vero e proprio inno di una generazione che non ha mai perso la speranza, che ancora oggi si presenta profondamente attuale ed è uno di quei brani di cui tutti sanno le parole, si canta in coro e ci avvolge come un lungo abbraccio, formano a 360° la personalità di Renato Zero.

Ad oggi vanta 44 album pubblicati in attivo, che rispecchiano tutte le fasi della sua vita, con gli altri ed i bassi che la caratterizzano, e scandiscono anche la forte maturità musicale raggiunta da Zero all’inizio degli anni ’90, una cosa è certa: con i suoi lavori, riesce a mettere d’accordo intere generazioni.

 

IVAN GRAZIANI

Voce inarrivabile e chitarra rocambolesca, Ivan Graziani è sicuramente una figura di riferimento della musica italiana che unisce il cantautorato, e quindi l’importanza delle parole, all’importanza  della musica.

Diviso tra dischi giovanili registrati in inglese e maturità raggiunta con il primo disco in italiano nel 1973, collabora con artisti del calibro di Lucio Battisti e Antonello Venditti soprattutto come musicista ed è solamente nel 1977 con “Lugano addio” che raggiunge il meritato successo come cantautore. Da quel momento in poi la sua carriera di sarà proficua tanto da ispirare Graziani a registrare ogni anno un nuovo album, regalandoci successi del calibro di “Pigro” e “Agnese, dolce Agnese”. 

“Maledette malelingue”, brano che porterà a Sanremo nel 1994, è un brano, se parafrasato, particolarmente attuale: non erano ancora presenti i social, ma le malelingue e le persone sempre pronte a giudicare ogni nostro comportamento erano assolutamente all’ordine del giorno. Un artista sottovalutato e forse meno conosciuto rispetto ad altri in questa rubrica, ma sicuramente uno dei capisaldi del cantautorato italiano.

 

LUCIO DALLA

Canta Bologna, canta l’amore, i sogni, il mare, la paura…canta il mondo visto attraverso la sua anima Lucio Dalla, altro artista che con la sua musica ha segnato generazioni ed ancora oggi ci tiene per mano. 

Irriverente, spiritoso e profondamente autoironico, Lucio Dalla, complice la sua nascita strumentale dal Jazz, ha creato una tipologia musicale solamente sua, che comprende controcanti, respiri spezzati, parole sussurrate e gridate: immagini di vita vissuta che ascoltiamo come se stessimo guardando un film. Basti pensare a “4/3/43” portata a Sanremo nel 1971 che convinse totalmente, anche i più scettici, di quanto Dalla fosse una figura necessaria ed allo stesso tempo totalmente contraddittoria per quei tempi. 

“Tu non mi basti mai” è forse la canzone d’amore più coinvolgente mai scritta ed è estremamente declinabile in ogni situazione, dalla mancanza delle proprie radici, del proprio compagno, di un amico, di una madre. Negli anni ’80 Dalla era effettivamente il cantautore più popolare della scena italiana, e ci ha regalato perle rarissime del calibro di “Caruso” e “Futura” e, in quegli anni proprio come oggi, ci chiediamo costantemente “chissà, chissà domani…su che cosa metteremo le mani”.

 

GARBO

Quando si parla di padri della musica italiana e precursori di interi generi musicali, non si può lasciare fuori Garbo, anche battezzato il “David Bowie italiano”, che con i suoi 14 album pubblicati ha portato il pop e la new wave dentro le nostre radio ed ha introdotto la musica elettronica in Italia in un periodo in cui pochi erano gli esponenti simili. 

“Radioclima”, presentata da Garbo a Sanremo nel 1984, è un puro concentrato di internazionalità, Battiato, New Wave ed immagini cantate che ci entrano nella testa e ci trasportano in luoghi lontani: “noi, nei giorni silenziosi siamo nuvole, le nuvole non hanno mai paura” (“Generazione”). Questa è una delle frasi che descrive meglio lo stesso artista, che si è sempre rivelato per quello che è, senza maschere o restrizioni, solo pura voglia di esprimersi e di trovare un proprio posto nel mondo. Posto che evidentemente ha dovuto crearsi, come tutti gli artisti che nascono in un’epoca che non li comprende ancora appieno. 

La rimasterizzazione nel 2017 dei due capolavori “A Berlino…va bene” ed il successivo “Scortati” ha ricevuto di nuovo numerosi consensi, i suoni ed i testi sono sempre attuali, quella visione del ragazzo degli anni ’80 che sogna capitali europee, libertà e coraggio di affrontare le difficoltà è ancora molto condivisa dalle generazioni odierne. “Come va? Non essere solo un pensiero a metà” (“Cose veloci”) Garbo ci prende per mano e ci riporta ad un mondo fatto di walkman e cuffie con il filo, sguardi puntati verso il cielo e non verso uno smartphone e continua a colpirci “Direttamente al cuore”.

 

GIUNI RUSSO

Giuni Russo, un’artista che è stata pura avanguardia tra gli anni ’80 e ‘90, eterna sperimentatrice di generi e di strumenti e un emblema di come non arrendersi a volte paga davvero.

La sua carriera parte ufficialmente nel ’67 con la vittoria al Festival di Castrocaro, che la fa approdare a Sanremo 1968, quando ancora cantava sotto il nome di Giusy Romeo. Inizialmente il successo vero e proprio fatica ad arrivare, fino al decisivo incontro con Franco Battiato che porterà alla creazione di “Una vipera sarò”, “L’addio” e “Crisi metropolitana”, fino ad arrivare – grazie all’entusiasmo di Caterina Caselli – al dirompente album di sperimentazione musicale “Energie”.

Da qui, in particolare dopo l’82 con il brano “Un’estate al mare”, la carriera di Giuni Russo decolla, arrivando all’incisione di brani come la sempiterna “Alghero”.

Una guerriera fino alla fine, ha cantato fintanto la voce e le gambe le hanno retto e, possiamo dirlo, le siamo grati per questo.

 

ALICE

Voce piena e melodie eteree e sognanti, complice la profonda amicizia con Battiato, possiamo definire Alice una versione al femminile del cantautore. In “Per Elisa” raggiunge il potenziale massimo della sua estensione vocale e comincia a formare la sua personalità mentre affronta tematiche legate all’amore travolgente viste da un cuore ferito “Lei ti ha plagiato, ti ha preso anche la dignità […] senza di lei ti manca l’aria”.

“Una notte speciale”, che segna il suo distacco da una maschera che le era stata cucita addosso e che non la rappresentava, è un manifesto con un testo che riprende l’esoticità e la melodia prestigiosa di Battiato e la lancia nella galassia dell’elettronica e della misticità. Questo sodalizio tra i due artisti si consolida con “Chanson Egocentrique” in cui cantano insieme e mescolano il loro apparente non sense.

Nel suo periodo “post Battiato”, Alice continua la sua ricerca all’interno della musica di un percorso che le si possa cucire addosso, a volte anche snaturandosi un po’, ma regalandoci capolavori come “La canzone più bella” e “Il profumo del silenzio”. Fragile e sfuggente, ma caparbia allo stesso tempo, Alice torna ad interpretare le canzoni di Battiato in “Eri con me”, album del 2022 che ci riporta indietro nel tempo e ci fa di nuovo apprezzare i testi dell’eclettico cantautore.

 

KRISMA

Christina Moser e Maurizio Arcieri, in arte il duo Krisma, sono in assoluto i pionieri della new wave italiana, con le loro sperimentazioni puramente techno ed elettroniche, hanno ricevuto numerosi consensi dal pubblico e dalla critica, in un periodo in cui il punk era il massimo della trasgressione. 

Nati musicalmente a Londra, i dischi iconici sono tutti interamente in inglese, l’unico lavoro in italiano, l’ultimo, non è assolutamente degno di nota rispetto ai capolavori iniziali. “Chinese restaurant” è sicuramente il loro album manifesto, abbinato ad un look ed un comportamento da parte dei Krisma totalmente trasgressivo e punk, che contiene al suo interno anche un tributo da parte di Maurizio a tutti i suoi “maestri”, in “Thank you” cita infatti, tra gli altri, Iggy Pop e Mick Jagger.

Il successivo lavoro “Hibernation” li consacra completamente a duo rock elettronico, sconvolgente per la madrepatria ma perfettamente in linea con i tempi in Inghilterra, in questo album i Krisma dedicano “Vetra Platz” all’Italia, presentando una visione duplice di Piazza Vetra a Milano, normale luogo per famiglie di giorno e oscuro punto di incontro per emarginati di notte.

Cambiando di nuovo wave con “Cathode Mamma” i Krisma virano su sound più synth-pop, come non citare “Many kisses”: “Synthetic kisses, prescription kisses and some anesthetic smiles”, quante volte vorremmo come prescrizione medica dei baci sintetici e dei sorrisi anestetici, uniche cose che potrebbero farci superare lo stress a cui siamo costantemente sottoposti.

 

NADA

Per quelli che non lo sapevano, iniziamo col dirvi che Nada non è un nome d’arte: la madre della cantautrice si fece predire il futuro da una zingara che le disse che la figlia avrebbe avuto un grande successo. La madre chiese allora cosa potesse fare per ringraziarla e lei avrebbe risposto, appunto, “nada”, in spagnolo.

Beh, non si può dire che comunque non abbia avuto ragione, dato che ancora oggi volteggiamo sulla pista da ballo ascoltando “Amore disperato”.

Come molti degli artisti e artiste che abbiamo visto, anche Nada parte dal Festival di Sanremo nel 1969, dove si presenta con “Ma che freddo fa”, destinata a diventare una vera e propria hit. Il Festival lo vincerà poi nel 1971 con il brano “Il cuore è uno zingaro” insieme a Nicola di Bari, per poi approdare a “Canzonissima” con “La porti un bacione a Firenze”.

Tuttavia Nada continuerà un’eterna lotta tra la canzone d’autore – in particolare dopo il fondamentale incontro con Piero Ciampi – e il pop. In continuo bilico tra queste due anime, la carriera di Nada non si può dire che non abbia alti e bassi, ma forse è proprio questo dualismo che l’ha resa l’artista incredibile ed indimenticabile che è oggi. La portavoce di una musica in cui ancora ci rifugiamo e che ancora ci risuona nelle cuffie.

 

MIA MARTINI

Abbiamo parlato di Loredana Bertè, impossibile non citare anche la sorella Mia Martini, una delle voci femminili più esplosive e trascinanti della musica italiana, complice un sound a metà tra il pop e la ballad struggente, tipico dei cuori tormentati, che riesce a creare una forte empatia con l’ascoltatore.

Sono innumerevoli i successi di Mia che ci ritroviamo ancora oggi a cantare con tutto il fiato che abbiamo in corpo, tra gli altri ricordiamo “Minuetto”, “Ancora tu nell’universo” e “Piccolo uomo”, tutti brani di album differenti, che hanno un solo unico filo conduttore: esplosioni musicali ed emozionali, di cui Mia e la sua voce piena sono assolute protagoniste e artefici.

L’amore in tutte le sue forme, l’accettazione di sé, ma anche le storie di vita quotidiana, sono i temi cari a Mia all’interno dei suoi brani e ci permettono di legare con un doppio nodo le nostre emozioni alle sue: con “Gli uomini non cambiano” racconta la sua infanzia difficile condivisa con la madre e le sorelle e percepiamo tutto lo struggimento di una donna disillusa dalla vita ed il dolore di una bambina cresciuta troppo in fretta.

La sua prematura scomparsa, ha lasciato un grande vuoto all’interno del panorama della musica italiana, ma non verrà sicuramente dimenticata, le sue canzoni continuano a vivere dentro di noi e ad essere apprezzate da tutti, non importa i gusti musicali che ci dividono: Mia Martini è di tutti e per tutti.

 

PATTY PRAVO

Un uragano di sensualità, sperimentalismo e trasgressione, una voce che ti vuole e che abbandona, che ti ama e che poi fugge via. Non possiamo che chiudere con un’ennesima regina, Patty Pravo.

La carriera della cantante è variegata a dire poco, sia per quanto riguarda la musica – che si evolve e assume sfumature talvolta leggere e talvolta rock – che parlando di stile. Patty Pravo non ha mai avuto paura degli eccessi, di ciò che è scuro, sbagliato, cosa che si è sempre ben rispecchiata nel suo aspetto… E anche nel suo nome! Il cognome scelto è infatti preso direttamente dall’Inferno di Dante, dalle anime “prave“, ovvero malvage, di cui ci parla il poeta.

Crudele e provocante, Patty Pravo parte da Roma, dove era soprannominata “La ragazza del Piper“, celebre locale in cui si esibiva ed è stata notata per la prima volta da Alberigo Crocetta, che diventerà il suo manager. Il suo primo singolo è “Ragazzo Triste”, ma sarà con “La Bambola” – canzone paradossalmente non particolarmente amata dalla cantante – nel 1968 che giungerà al successo.

L’artista ha partecipato a dieci edizioni del Festival di Sanremo, ha prodotto eterni capolavori quali “Pensiero Stupendo” o “E dimmi che non vuoi morire” e personaggi quali Battisti, Guccini, Conte e Paoli hanno scritto per lei, confermandosi ancora oggi, davanti ai nostri occhi, l’artista sensazionale che è.

Di Margherita Ciandrini, Benedetta Fedel, Salvatore Giannavola

 

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