PH: Alan Francis G

Maredè: “Accettare il mare di settembre” | Anteprima Singolo e Intervista

Nell’armadio i cambi di stagione

A settembre siamo soli in radio dentro a una canzone

La malinconia di Maredè travolge e fa pensare, evidenziando, al giusto momento e in anteprima per i lettori di Indie Italia Magazine, la fine dell’estate e di tutte le sue promesse.

Il 22.09.2023, uscirà infatti “Settembre”, il nuovo singolo del cantautore che puoi ascoltare da oggi in anteprima leggendo questa intervista!

Ritornare a fare i conti con la realtà, riprendersi dai sogni emotivi e confusionari nati sotto al sole e cresciuti guardando le stelle, le ferie sono finite e il presente torna a bussare con insistenza.

Tutto cambia, niente rimane immutabile, e anche il mare assume una nuova dimensione che si deve accettare per poter goderne di una nuova bellezza. Comprendere e proteggere questo nuovo punto di vista, libero da illusioni permette di capire anche se stessi, ma per far questa operazione bisogna iniziare ad essere sinceri provando a mettere da parte ogni frizione tra mente e cuore.

ANTEPRIMA SINGOLO

INTERVISTANDO MAREDÈ

Quale poesia ha il tuo nome d’arte? 

Il mio nome d’arte, secondo un’antica filastrocca, significa “chiocciola” e rappresenta per me uno sguardo a ciò che è dentro il guscio – il passato, le origini, il mare della mia città natale (Senigallia) – e a ciò che c’è fuori – il futuro, i sogni, gli orizzonti.

La filastrocca è tratta da un ricordo d’infanzia dello scrittore Luigi Meneghello, uno degli autori che più ho amato durante il mio percorso universitario a Lettere, e recita: “maredè, maredè, salta fora co cuatro còrni se no te cópo!”, il che significa, “chiocciola, chiocciola, salta fuori con i tuoi quattro corni se no ti schiaccio!”. È un invito a saltare fuori dal guscio, ad uscire allo scoperto e farsi vedere per ciò che si è, con le proprie luci e le proprie ombre. È così che cerco di vivermi la musica, come un biglietto da visita trasparente della persona che sono e che vorrei essere. 

Il mare di settembre che particolarità ha?

Il mare di settembre per me è come un acquerello di colori caldi, uno di quelli dove per sbaglio ti cade troppa acqua e il disegno svanisce in un batter d’occhio. Se penso alla mia città natale, Senigallia, visualizzo chilometri di spiaggia semivuota, dove i pochi che vanno ancora al mare sono i veri resilienti, di quelli che restano attaccati allo scoglio dell’estate e non si arrendono a nessun finale di stagione. Se vivessi ancora a Senigallia, sarei sicuramente uno di loro. “Si rompe l’estate” – diceva mio nonno – quando settembre inizia a bussare con i suoi temporali e non c’è santo che tenga; e allora, nonno, vediamola – mi dico io – quest’estate che si rompe, che forse in realtà sfuma soltanto, si nasconde e non si incrina neanche un po’.

PH: Alan Francis G

Hai mai immaginato futuri possibili e un passato diverso?

Sì, praticamente è il mio trick quotidiano, trick nel senso che mi ci frego da solo ad immaginarmi chi potrei essere oggi se ieri avessi preso una strada diversa o chi potrei essere domani se improvvisamente cambiassi tutte le carte e mi dedicassi ad altro. Ma poi mi torna sempre alla mente un passo di Italo Calvino, tratto dalle “Città invisibili”, che mi inchioda al presente: “I futuri non realizzati sono solo rami del passato, rami secchi”. E vabbè Calvì, alzo le mani, hai vinto te. 

La solitudine può portare un po’ di calma?

Nel mio caso assolutamente sì. Amo la compagnia così come ho bisogno della solitudine: spesso mi rifugio nella mia stanza, accendo le mie lucine di Natale, metto un po’ di musica e mi ricentro con me stesso. 

Quali sono le pare più strane che ti sei fatto?

Sarebbe una domanda da fare alla mia psico e sono certo che occuperebbe ¾ di questa intervista. 

Il cervello annega nei sentimenti o spesso tende a tenerci a galla?

Credo entrambe le cose. Per esempio, mi capita a volte di andare in overthinking, che vorrei soltanto avere un pulsante nella testa e premere Stop. Altre volte, invece, riesco a contenere i miei pensieri e a rimanere a galla. Personalmente, l’analisi mi ha aiutato tantissimo a conoscere i miei punti deboli e a rinforzarli quanto si può. 

Cosa si cerca nella musica: qual è la differenza tra chi la fa e chi l’ascolta?

Penso che sia un dare-avere reciproco, come se si creasse una connessione invisibile, difficile da descrivere. Forse è proprio questo canale segreto che mi ha spinto a scrivere i miei primi brani: mi ricordo che stavo in un periodo blu, dopo uno di quegli heartbreak liceali che ti spappolano il cuore, e presi in prestito la chitarra della mia amica Giulia. Sentivo che avevo qualcosa da dire, da decifrare prima con me stesso, per poi trovare qualcuno che ascoltasse quelle parole, che le facesse sue e che mi dicesse qualcosa tipo “Una volta anche io mi sono sentito così”. Poi per me il bello della musica è che puoi attribuirle i significati che vuoi. Tipo per me da bambino “Lo sai che i papaveri son alti alti alti” era una canzone super felice e invece poi ho scoperto che nasconde una verità tragica, di questa povera papera bassa che non può ambire più in su del suo becco. Però, nel mio cuore, resterà comunque una canzone felice, mi perdoni la papera.

L’indie sta diventando più allegro?

Domanda difficile: parlare di generi musicali mi crea sempre un po’ di disagio perché sto cercando ora di ritagliarmi il mio. Comunque, credo che l’indie abbia da sempre una componente allegra e ironica, come una sorta di antidoto per poter parlare di cose anche pesanti addolcendo la pillola. Poi, però, quando la pillola arriva allo stomaco, lì si che la senti.

PH: Alan Francis G