PH: Mauro Stocchero

Giorgio Canali: “Ma poi quale rivoluzione?” | Indie Talks

L’intervista con Giorgio Canali si apre al contrario, cioè con  l’artista che mi chiede se io sia un fan di De Amicis perché le mie domande sembrano saltare fuori dal libro Cuore, indirizzate verso un mondo di giustizia, eroi e amore.  Ascoltando il disco “Pericolo giallo”, realizzato in collaborazione con la storica band Rossofuoco, ho cercato d’indirizzare la rabbia verso un fine, con la speranza di una ribellione possibile e necessaria per vivere in una realtà migliore di quella di adesso.

Giorgio Canali che si definisce orgogliosamente Boomer, non perché scrive il buongiornissimo caffè su Facebook appena sveglio, ma come conseguenze di aver vissuto gli anni d’oro del boom economico, esprime le sue paure per il futuro, con una certa ironia. “Io sono immortale, chissene frega, intanto non morirò mai”

INTERVISTANDO GIORGIO CANALI

Perché hai ancora voglia di rivoluzione e resistenza?

Partiamo da un concetto ben preciso, la musica non ha mai fatto niente dal punto di vista delle rivoluzioni o pseudo rivoluzioni. Se ci pensi i 10, 15 anni di canzoni di protesta negli Stati Uniti non sono quelle che hanno fatto tornare a casa gli americani dal Vietnam, è stato Nixon che gli ha rimandati a casa. Magati qualcuno si sarà sentito più sensibilizzato a disertare e bona. La musica per la politica fa ben poco.

Secondo me le canzoni in generale possono far riflettere, e quando si riflette è già tanto in un mondo dove la riflessione sembra sconosciuto. Basta vedere come reagisce la gente sui social, ancora prima di aver letto è già partita in quarta a sparare cazzate contro tutto e tutti e soprattutto verso chi non la pensa come loro.

La voglia di rivoluzione non l’ho mai avuta, ho voglia di un mondo diverso da quello in cui sono vissuto da 65 anni a questa parte, ma non è certo scrivendo le canzoni che puoi averlo. Il mio tempo di fazzoletto in faccia e san pietrini in tasca l’ho passato.

Ma poi quale rivoluzione, come diceva Barbero non siamo mai stati capaci di farne una: sommosse si, rivoluzioni no.

Ci sono gli artisti italiani che non hanno paura di esprimere le proprie idee?

Io penso che ognuno nel suo piccolo faccia una specie di lavoro di sensibilità, poi è chiaro ci sono solo quelli a cui interessa la classifica o andare a finire boh, in Tv e in radio.

Ognuno combatte le proprie guerre e battaglie, ma io vedo gente sempre più disposta, con il microfono in mano, a seguire il mainstream del pensiero. Non ultima la storia durante la pandemia, dove si è persa, al di là dei provvedimenti sanitari, la possibilità di essere critici. Stessa cosa durante le guerre ( Russia – Ucraina) e ( Israele – Palestina), non si può essere per la pace tirando solamente tirando fuori una bandierina.

PH: Mauro Stocchero

La comunicazione sta diventando un elemento fondamentale della guerra. È sempre più difficile conoscere la verità?

La propaganda esiste da sempre, funzionava nel 1500 come adesso, basti pensare al risorgimento con gli Austriaci che durante le 5 giornate di Milano raccontavano che i milanesi gli tagliavano le dita e gli mangiavano gli occhi. La propaganda è sempre esistita, se diamo retta a queste cose qua siamo A dei gonzi, e B, poveretti.

Poi nel nome degli orrori che si commettono si vuole radere al suolo un intera nazione o diciamo una regione, lì cominciamo a parlare di pulizie etniche. Una volta era considerato uno dei più grandi crimini contro l’umanità, ora sembra una cosa normale.

Citando quindi il brano “Pulizie Etiche”, che cos’è che è andato storto?

Tutto, tutto, tutto è andato storto da quando sono nato. Sono cresciuto con la paura della bomba atomica, indotta per distrarci.

È andato tutto male da sempre. Eravamo terrorizzati dal fatto di morire democristiani, ma poi cos’è arrivato dopo (risata). Viene da chiedersi cos’è andato bene. La risposta è che sono arrivato a 65 anni, bene o male ho una certa lucidità, nonostante quando scrivo qualcuno non capisce i miei deliri e offende con la frase “molla il fiasco” senza aver però argomenti con il quale controbattere in maniera attiva e seria.

Diciamocelo chiaro, fino a 10 anni fa dubitare di ogni versione ufficiale di qualsiasi situazione politica, mentale o altro era normale e giusto, quanti retroscena ci sono, però adesso se dici in fondo non sono tanto convinto ti becchi del complottista, negazionista, terrapiattista poi del fascista ecc.

Adesso ci vuole coraggio per morire a difesa di un ideale?

No morire per un ideale no. Se è un ideale altrui lo posso capire è un ideale vero. Mi viene in mente Orso che è andato via, ha preso un fucile,  per andare a combattere quella cosa assurda dell’integralismo islamico.

In  fondo è più facile sacrificarsi per gli altri e non per se stessi. Se si muore per un ideale, si muore per un ideale altro.

Se domani arrivasse la fine del mondo, come reagiresti?

Ma finisce per voi, io sono immortale. Ballerò sulle ceneri del mondo. Gli altri dei Rossofuoco non so se riesco ad accoglierli nella mia bolla.

Chissene frega se finisce. Io credo di aver vissuto una vita bellissima, ho fatto tutto quello che mi andava di fare, non ho mai accettato dei compromessi di comodo, mai. Se io anche morissi, sono felice in questo momento.

Per me la fine del mondo è sempre stata dietro l’angolo, con il fatto della guerra fredda, della prolificazione nucleare, con il fatto che un idiota poteva spingere un pulsante rosso, perché è sempre di quel colore, per far saltare tutto e dar inizio ad una specie di gran finale di fuochi d’artificio. Ci siamo vicini anche adesso, infatti l’ho scritto in quando si spegne il sole: ” A decidere quando finirà tutto non sarà di certo Dio, ma qualcun altro”.

L’amore può essere visto come una forma di protesta?

No, l’amore è il gesto più politico che esista. Se fosse tutto governato dall’amore sarebbe un mondo bellissimo, ma noioso, decisamente. L’amore non è protesta è politica.

Poi certo dipende anche come l’affronti, come affronti il rapporto con le persone che ami e pensa che c’è chi vuole mettere delle regole a queste cose qui. La famiglia vera, quella naturale ma vaffanculo… le regole..

Come quelle sulla terminazione dell’esistenza, se io voglio farmi fuori perché mi devono impedire di farlo?

La mia polemica non arriva da nessuna parte e sono felice, quella su Colapesce e di Martino è servita a loro, che poi fanno successo, anche se io non ho mai ascoltato una loro canzone.

Ph: Diego Piotto

Quindi tu a Sanremo non ci andresti mai?

No non è detto. All’epoca dei CSI facevamo un gioco abbastanza strano. Una metà diceva si si, l’altra metà diceva nemmeno morto e non erano neanche le stesse persone che dicevano le stesse cose. Io non so perché ero sempre d’accordo con Giovanni (Lindo Ferretti ndr) sia che fosse d’andarci o non andarci. A livello mentale ci prendeva male o bene senza mettersi d’accordo. Gianni invece era sempre dall’altra parte.

Ora non so cosa farei,  credo sia envisageable, che in francese ha un termine esatto mentre in italiano dovrei fare un sacco di giri di parole per spiegarlo. Forse è poco prevedibile.

Questo disco che senso ha avuto?

Un senso di rivalsa. Ci avevano chiesto una canzone per le celebrazioni del 25 aprile ( Morti per niente) che però è stata scartata perché se l’ascolti capisci che non è abbastanza celebrativa e poi qualche compagno si incazza.

Ma lo faccio anche apposta, per vedere dove arriva l’intelligenza della gente. Questo brano l’avevano registrato a distanza per questioni di comodità personali e non cause dovute alla pandemia come per VENTI.

Una volta che l’hanno rifiutata ho detto agli altri andiamo avanti, mettiamo altre 11 e facciamo uscire un disco, che è anche ora, poi musicalmente qualcosa da dire ce l’abbiamo sempre. Il buon sano Rock and roll che viene da Neil Young e Lou Reed.
Le parole invece, con tutte le stronzate che succedono attorno, figurati se non vengono fuori i testi. Ora sono pure felice e quindi è uscita anche qualche canzone romantica, mi fa ridere pensarci.

In una canzone c’è pure una bestemmia, ma vedi l’avessero fatto Morgan o Colapesce e Dimartino sarebbe saltato fuori un caso nazionale,  però io lo faccio anche apposta perché sono sempre gli stessi a imporci certe regole e dare certi dogmi e a me offendono. Così per ripicca anch’io provo a dar fastidio ad un certo tipo di pensiero.