PH: Ania Gai

Zibba: “La fantasia è un vizio d’artista” | Indie Talks

100 anni fa, precisamente il 15 ottobre, nasceva Italo Calvino uno degli scrittori più importanti nella storia italiana, di cui forse tra i giovani d’oggi si è persa un po’ traccia.

Per ricordare l’artista, Zibba, ha scelto di scrivere un disco, improvvisando, lasciandosi trasportare dal senso e dalla forza delle parole, rielaborando i racconti letti in chiave personale, come spunto per inventare nuove storie o riscrivere  finali alternativi.

Il tutto è nato quasi per gioco, esperimento riuscito lasciandosi trascinare dalla voglia di fare musica secondo sentimento e felicità, non per imposizioni contrattuali o vincoli di mercato. Così grazie all’aiuto di alcuni amici e artisti che si sono occupati della produzione del disco, degli arrangiamenti e dei testi, tra tutti citiamo Samuele Puppo, in arte SEM, è uscito fuori questo racconto dal titolo ” La città dall’alto”.

Il futuro può fare paura, mentre il passato ha spesso dei lati nascosti. Per vivere la storia bisogna essere bravi a essere i protagonisti, concedendo al destino un po’ di fantasia per non smettere mai di sognare.

ZIBBA X INDIE TALKS

Che rapporto hai con Italo Calvino?

Da ragazzo lo amavo per come scriveva quando era grande, ora che sono grande io mi piace di più leggerlo da giovane. Questa è stata una prima volta per me, entrare così in un autore non mi era mai capitato.

Gli artisti hanno il vizio della fantasia?

Lo spero sennò siamo fottuti.

Cos’è una storia, ma soprattutto esistono infinite versioni?

Una per quanti sono i parlanti, e forse anche più di una. Una storia è spesso un singolo punto di vista, e questo disco non è un’eccezione. Un punto di vista che cambierebbe domani, e domani ancora. Per questo è stato importante cogliere l’improvvisazione e dargli spazio.

Se osservi “La città dell’alto” cosa vedi?

Un mucchio di merda, come dice la canzone. Non saprei descrivere in poche parole lo stato d’animo che mi mette “la città”, ma so che vivo lontano perché non è mai stata la mia dimensione, è il posto dove prendono vita le maggiori perdite di tempo, le più grandi confusioni e contraddizioni, dove ci si distrae per forza, ma troppo, anche dalla vita stessa.

Grazie alla musica sei riuscito a combattere alcune battaglie, anche contro i tuoi mostri?

Assolutamente. E meno male. Alcuni non se ne vanno, ma tutto questo, le coincidenze, i sogni, i rischi, tutto mette un po’ le cose a posto. Riempie. La musica ha un grande potere su di me, in un senso tutto mio, di equilibri e priorità personali.

Hai mai avuto la sensazione di poter toccare con mano le parole?

Mi capita spesso di entrare così in contatto con le parole da vederle come entità, con pesi e forme specifiche, quindi si.

E forse nei nostri sogni c’è un po’ di memoria: cosa dovremmo imparare dal passato?

Dal passato si impara un sacco, ma magari non dal nostro e basta, dal passato in generale. Da chi c’è stato prima. Dagli altri punti di vista. Mi piace pensare che potremmo essere tutto quello che vorremmo se solo fossimo un po’ coraggiosi.

Quale libro dell’autore vorresti consigliare a chi ha letto l’intervista?

Consiglio questa raccolta che mi ha ispirato perché parla di oggi, anche se scritta quasi ottant’anni fa; “Ultimo Viene il Corvo” è attuale, struggente e realista. Un po’ di noi e un po’ della nostra storia.