Quando l’emozione ha voce: “Ragazzo mio” di Boetti | Indie Talks
Boetti torna con un singolo che anticipa e spoilera il disco: “Ragazzo mio“, dedicato a un amico che abbandona il sogno della musica, un sogno così ingombrante che volte così ingombrante da prendersi tutto.
Le emozioni, comunicate dritte come coltelli e con una trasparenza che lascia sempre sorpresi, rimane la costante dei pezzi di Boetti, con cui abbiamo parlato di sogni, pause, musica e tutto ciò che ci fa sentire.
BOETTI X INDIE TALKS
Ciao Damiano! Come stai? Domanda sempre banale ma che, al netto della tua sensibilità, che emerge preponderatamente all’interno dei tuoi brani, è dovuta. Come stai vivendo la release di “Ragazzo mio”? Oltre del disco che tra poco vedrà la luce.
Sono contento del fatto che finalmente queste canzoni stiano trovando il loro spazio nella vita reale, questo grazie ai primi concerti fatti e alla buona prospettiva di un calendario che mi porterà un po’ in giro nei prossimi mesi. In questo disco non c’è la mia vita fine a se stessa, ma una serie di esperienze e di emozioni che trovano il loro compimento solo se condivise o confrontate con altre persone. Il fatto che non sia più soltanto una mia questione privata mi solleva.
“Ragazzo mio”, è la dedica a un amico che, immaginiamo esausto, ha deciso di non perseguire più il sogno della musica. O forse ora semplicemente la vive come passione e non con la brama di trasformarla in un lavoro. Quali sono i tuoi sentimenti nei confronti di questo tuo percorso? Quanti sono gli attimi di cedimento?
Non necessariamente. È un brano che parla dell’imprevedibilità della vita, del fatto che niente è per sempre, tutto sembra essere destinato ad esaurirsi o quanto meno a trasformarsi. In mezzo a questo temporale però ci siamo noi con la nostra storia, i nostri affetti che talvolta smarriamo o anestetizziamo perché siamo troppo impegnati a rincorrere qualcosa. Personalmente non ho rimpianti sulle scelte che ho fatto. Dico sempre che fare musica è come buttarsi da un grattacielo e aspettare che una mano invisibile ti afferri prima dell’impatto con il suolo (o più semplicemente che si apra il paracadute), senza però avere mai la certezza assoluta che questa cosa accada. Bisogna sempre considerare e convivere con la possibilità di schiantarsi.
Se “molti” o “abbastanza”, dove trovi l’incipit per non demordere? Domanda semplice ma che ben inquadra la situazione: cos’è per te la musica?
La musica per me è un qualcosa che molto spesso mi accade anche involontariamente, più che la musica in generale direi la scrittura, l’urgenza di esprimere qualcosa attraverso le parole che poi trovo naturale incanalare nella forma canzone. È una questione di pietas e caritas, intese non nel senso cristiano ma alla latina, ovvero l’atto di dare amore senza necessariamente aspettarsi che questo torni indietro o venga in automatico ricambiato.
Il disco ormai è pronto, l’attesa tendenzialmente snervante. Quando è iniziato questo viaggio? Quando ti sei reso conto che un album stava prendendo forma?
Ho scritto la prima canzone, “Romanzo porno”, a Ottobre del 2019 e terminato le registrazioni a Maggio del 2022. Inevitabilmente, quando avviene così (nel mio caso è avvenuto sempre), il disco assume i connotati di un’opera, un malloppo autobiografico in cui confluisce tutto ciò che è successo in quei tre anni di vita e di storia. Il punto cruciale è stato rendersi conto che tutti i brani contenevano la parola “colpa” o altre declinazioni e sinonimi vari. Lì ho capito che c’era un’organicità, un nesso che rendeva questa cosa un racconto unitario simile a un romanzo.
Emozioni e Dubbi amletici: di quale risposta sei ancora alla ricerca?
Di quelle che il naturale svolgersi della vita mi mette davanti agli occhi. Durante l’ultimo anno mi sono trasferito da Bologna a Roma e il nuovo ambiente mi ha permesso di vivere nuove esperienze e fare nuove riflessioni. Si è trattato quasi come di un richiamo: sentivo che dovevo arrivare qua per suscitare in me quello che in questi mesi sto approfondendo, il tema della memoria in relazione alla storia (nostra e del mondo), linee temporali, mito dell’eterno ritorno e tracce di vite passate in rapporto con l’eternità. È un tema su cui recentemente ho scritto molto.
Musicalmente parlando, il tuo è indubbiamente un progetto ricco di sperimentazione, dove una lieta ma affilata penna incontra una grande predisposizione al dinamismo. Da dove prendi ispirazione? Scrivi solo con il dolore o anche la gioia è gestante di nuove canzoni?
Il mio senso del dovere esagerato, a tratti tossico, mi porta a non godermi più nemmeno il piacere della lettura di un libro o un film sul divano, perché troppo spesso penso che l’ispirazione sia sempre lì ad aspettarmi e che io non possa permettermi di lasciarla sfuggire. Con il senno di poi, se guardo indietro, posso invece riconoscere che ho avuto illuminazioni sia leggendo un saggio impegnato sulla storia delle religioni che allo stesso modo guardando una puntata dei Simpson. L’atteggiamento del “sto male quindi scrivo bene” è una finta epica che per fortuna si perde con l’età. Quando diventi adulto capisci che quella cosa lì l’avresti scritta lo stesso, anche con un po’ di felicità in più.
Un’estetica ben definita, pulita ma d’impatto. Cosa racconti con queste immagini? Qual è il fil rouge che parte da “Colpa tua” e termina con “Romanzo porno”?
Il tema che lega tutte le canzoni dell’album è il senso di colpa, non inteso come pentimento o autoflagellazione, ma come imbarazzo, fastidio provato dopo gli schiaffi che la vita ci dà e di cui ci sentiamo sempre responsabili protagonisti. Tutto questo è a tratti narcisistico e borghese, perché le perdite, la sofferenza, il distacco (insomma le cose brutte) sono parte integrante e basilare della vita. Piuttosto che concentrarci su questo dovremmo rifare un po’ di ginnastica sentimentale e imparare a reagire nel modo giusto.
Infine, domanda di rito: dove potremmo sentirti nel corso dei prossimi mesi? Inizia ora la festa o è arrivato il momento di prendere un profondo (e meritato) respiro e pulirsi la mente?
L’uscita di un disco, contrariamente a quello che il mondo digitale (Instagram, Spotify) ti porta a credere, va sempre vista come un punto di inizio e mai come la fine di una corsa. Certo che inizia a farsi sentire l’affaticamento, i nervi sono stremati, specie se sei un emergente e devi occuparti anche di aspetti extramusicali che sono altrettanto importanti se non di più. Fare numeri è importante così come è importante per un fornaio vendere il pane, sarebbe disonesto non ammetterlo. Ma non è tutto: il vero metro, la vera istantanea della situazione te la dà il pubblico in carne e ossa. Per questo sono molto contento di portare questo disco in giro nei prossimi mesi, da Roma a Bologna, da Cremona a Pisa. Il calendario delle date c’è ed è in aggiornamento.
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