Dopo l’uscita di “Palo“, l’ultimo disco dei Brucherò nei pascoli, abbiamo voluto capirne il significato a fondo. Ne ho parlato con i diretti interessati, che intanto riescono a rimettere in moto – l’ormai emblematica – Panda rossa da cui ci chiamiamo.
“Palo” è un disco che tocca tutte le sfaccettature irriverenti e sincere del gruppo from via Padova with love. E forse a volte avremmo bisogno di più sincerità in tutto, specialmente nella musica.
C’è consapevolezza, emotività e la volontà di mostrarci le loro canzoni semplicemente per quello che sono: immagine del quotidiano. Come un pezzo di ferro, che non ha la pretesa di essere altro, ma è portante per tutto.
In realtà questa cosa del palo ha diverse sfumature.
Innanzitutto, avendo un nome così lungo, volevamo usare una parola corta. Poi abbiamo pensato alla sua parte fisica: un palo è un palo, è difficile immaginarsi qualcos’ altro. È una forma semplice, rudimentale e questo si rispecchia nelle canzoni e nell’attitudine: sono quello che sono e raccontano quello che raccontano. Poi il palo come elemento di lavoro è un pezzo di ferro che serve per creare lo scheletro di qualcosa di più grande: una casa, un palazzo…
Questi due punti li abbiamo voluti rendere anche in suono. Già in “Ghicci ghicci” e in molte altre tracce avevamo sostituito tutti i rullanti della batteria con dei rumori di pali metallici, per farli tornare a una dimensione proletaria, tipica dell’identità del progetto, sia per una condizione strutturale, sia per trovare qualcosa che unisse il tutto.
C’è anche un po’ un discorso legato al calcio. Ogni scelta che abbiamo fatto nell’arco di due anni, dato che arriviamo dal nulla come progetto, è stata presa a: “o facciamo gol o la mandiamo fuori“. Se ci pensi, è la figura che unisce fallimenti e vittorie.
Assolutamente sì.
“Bar Adriana”, il primo album, nasceva molto prima, molte tracce le avevamo lavorate da soli, finché poi non abbiamo iniziato con Nick. “Palo” lo abbiamo lavorato insieme a lui e agli altri, abbiamo fatto tante sessioni in studio, abbiamo lavorato molto bene sulla produzione musicale, ci siamo dati al 100%. Ed è il nostro obiettivo per i prossimi progetti non rimanere mai fermi.
Le decisioni che vengono prese a livello musicale sono decisioni legate a un certo tipo di sound e di ambienti di quando produciamo. Le scelte sono sempre legate alle sonorità dei pezzi, non alle intenzioni delle canzoni.
Le nostre canzoni a livello testuale escono semplicemente come devono uscire, quando devono uscire, in modo molto naturale. Spesso si tratta di pezzi che abbiamo scritti parecchi anni fa. “Teniamoci stretti” lo abbiamo scritto prima ancora di “Bar Adriana”. “Pascoli” l’abbiamo scritta quando io e Ste abbiamo litigato. Probabilmente alcuni dei brani che hai citato sono nati in momenti in cui ci siamo sentiti più emotivi di altri.
Io lavoro già nell’ambito del cinema. Tutti i videoclip dei Brucherò li ho sempre fatti io, elaborando pensieri comuni e mettendo insieme competenze e professionalità di tutti gli altri. In Tafano credono moltissimo nei progetti.
Se ripensi ai nostri video musicali, noi non ci abbiamo mai messo la faccia. In “Palo” c’è un aspetto più intimo, come dicevi tu. Quindi, anziché fare in maniera canonica il video, seguendo il solito percorso discografico, abbiamo pensato: “famolo strano”. Da qui nasce questo short movie in cui isoliamo la musica, scendendo le immagini e i racconti delle canzoni, facendo un percorso diverso. Siccome i pezzi raccontano in maniera originale e veritiera la quotidianità di luoghi e persone, abbiamo pensato che questa volta dovessero essere le persone e i luoghi a raccontarsi da soli, qui attraverso le parole e nel disco attraverso la nostra musica. Dal documentario emerge questa filosofia del fatto che la nostra unione fa la forza ed è anche l’unica via percorribile.
Di andare avanti anche con la testa sfasciata. Tanto la ferita guarisce e vaffanculo.
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