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Postino “A trent’anni quali sono le cose da dire?” | IndieTalks

Andiamo con calma partendo da una considerazione: 30 anni è un’età critica, una via di mezzo tra l’essere e il dover essere. Può diventare naturale aver paura di aver già vissuto tutto questo tempo senza aver trovato una collocazione stabile all’interno di esso, oppure si può guardare da un’altra prospettiva, con la consapevolezza di stringere il futuro tra le mani.

Postino qualche anno fa ha scelto di mettere da parte la sua indole da cantante per concentrarsi su altro, una professione e gli studi connessi, poi all’improvviso è ritornato in grande stile con un disco generazionale e qualche data dove con i suoi coetanei potrà scacciare via insoddisfazione e ansia perenne attraverso la musica e nuove canzoni.

Sono tante “Le  cose da dire” sul nostro tempo e su questa generazione in bilico tra sogni e paure, per questo motivo abbiamo scelto di lasciare la parola a Postino per ascoltare il suo punto di vista per sapere cosa  e come si fa a ” Trent’anni” o giù di lì.

POSTINO X INDIE TALKS

Crescendo cambia l’ordine delle cose da dire?

Dipende. Sicuramente crescendo iniziamo a conoscerci meglio, capiamo i nostri limiti, i nostri bisogni, accettiamo le nostre imperfezioni e, di conseguenza, cambia il modo di vedere gli altri, cessa la voglia di voler dire sempre la propria, a volte vengono a mancare proprio “le cose da dire”, ma non è un male, anzi, poiché cominciamo a dare valore ai silenzi, alle mancanze. Questo, forse, significa fare ordine nella testa dopo il turbinio di pensieri che, invece, ci affollano la mente quando siamo adolescenti e che, però, la maggior parte delle volte non trova direzione e finisce per collassare su sé stesso.
Crescendo, probabilmente, non cambiano “le cose da dire” ma cambia il modo attraverso cui veicoliamo i nostri messaggi. Il tempo che scorre ci fornisce degli strumenti per dare un ordine al nostro caos mentale facendoci avvicinare sempre di più all’espressione di noi stessi e a quello che, in realtà, siamo sempre stati, quei bambini alla ricerca del proprio posto nel mondo.

Potremmo definire questo lavoro un disco generazionale?

Se intendi un album che, attraverso testi e suoni, scatta una fotografia a un mondo che è cresciuto con te e che è condiviso da quelli come te, probabilmente si. Sono passati più di quattro anni dall’uscita del primo album, io sono cresciuto, sono cambiato e con me sono cambiate le persone che mi circondano, le persone che mi seguono dal 2018 e la nostra prospettiva sul mondo. È un disco che si pone interrogativi diversi rispetto alle canzoni scritte a vent’anni e racconta uno spaccato della mia attuale vita fatta di responsabilità, nuove priorità, lavoro, quesiti esistenziali, mutui in banca, bollette, elettrodomestici, piante in terrazzo,..

Il mondo cambia a una velocità terrificante e la sensazione tipica di ogni epoca storica è che cambi in peggio. Forse, per questo, tentiamo di ancorarci a un qualcosa di stabile per rimanere vivi, a un ricordo, a una situazione, a una persona, a una foto, a un oggetto, a una canzone, a un disco. Ecco, sarebbe bello essere quel disco.

PH: Irix

Hai un rapporto migliore con le delusioni o le illusioni?

Sicuramente, e non so quanto sia un bene e quanto un male. Crescendo, facendo esperienze, si forma un nuovo strato sopra la tua pelle, una sorta di corazza invisibile. Questo equipaggiamento ti rende lentamente meno vulnerabile alle delusioni, a volte impari a riconoscerle anticipatamente e tenti di prevenire, altre volte, quando accadono, impari a lasciar andare. Di contro, la corazza tende a renderti disilluso nel tuo approccio alla vita, rischiando di ovattare l’incanto dell’illusione che si nasconde nella vita stessa e che ci rende vivi. Illusione, disillusione, delusioni fanno parte del ciclo della vita e probabilmente ci rendono umani. 

Anna dopo dieci anni  troverà la forza di sognare?

Nella mia visione della vita, purtroppo, il dramma che “Anna vive a vent’anni sulla soglia del mondo dei grandi”, è una tragedia annunciata e stabile, che non si dissipa nel tempo. È una drammatica presa di coscienza circa la crudezza del mondo. Questo, tuttavia, non impedisce ad Anna di smettere di sognare, ma insegna ad Anna a dover far convivere i suoi sogni con il mondo che la circonda. Più passa il tempo e più dovrà darsi da fare per far coesistere il suo mondo interiore con quello esteriore.
Noi sopravviviamo ogni giorno grazie ai nostri sogni e alle nostre speranze, non possiamo farne a meno, periremo. Anna, dopo dieci anni, continua ad avere la forza di regalarsi un sogno ogni mattina appena si sveglia per cercare di surfare sulla “merda che c’è dentro di lei e intorno a lei”.

PH:CLAUDIA CATALDI

Ci sono problemi che da giovani si devono sottovalutare per vivere?

Più che di problemi, parlerei di un atteggiamento mentale e, forse, quello che sto per dire è principalmente un consiglio. Da sempre, i giovani tendono a vivere proiettati nel futuro, nell’idea di un qualcosa da costruire, di un mondo da cambiare, di una concezione da rivedere. Negli ultimi anni percepisco una disillusione di fondo nei giovani di fronte ad una società che, spesso, non permette nemmeno di sperare che le cose possano cambiare in meglio. Così si finisce nel ricercare anestetici momentanei per non pensare, per rimandare i problemi a qualche anno dopo. Non provare nulla è comunque meglio di provare dolore. Invece, la potenza della speranza, di creare rappresentazioni mentali condivise, di immaginare il futuro è il motore del cambiamento e risiede nei giovani. La mia generazione e quelle successive hanno iniziato una rivoluzione mentale che non trova più comprensione in quelle precedenti.

E quindi, al contrario, è tempo di non sottovalutare i problemi attuali o di farsi scivolare la vita addosso, è tempo di far diventare voce la nostra visione del mondo.

Esistono sentimenti ai quali ti senti più vulnerabile rispetto al passato?

In questo preciso momento, mi sento meno vulnerabile rispetto al passato. Probabilmente domani potrei cambiare idea.
Mi sento meno vulnerabile circa la ricerca spasmodica della felicità, dello spostare il mio senso di appagamento sempre un obiettivo più avanti. Ho capito, con il tempo, che il concetto di felicità è sfuggente, di difficile definizione. Ho imparato ad essere “contento” che viene da “accontentarsi”, ma non in senso negativo. Ad essere grato del presente, a ripetermi: “fino ad ora tutto bene, accontentati”. È l’accettazione della vita, uno stato che a me piace definire “serena rassegnazione all’esistenza”.

A trent’anni è tempo di bilanci?

Esiste, inconsciamente, questa modalità di pensiero per cui ad ogni decade della vita si debba fare un bilancio, tentare di mettere le cose in ordine ed osservarle.

Io, per natura, tendo continuamente ad analizzare in che direzione sta andando la mia vita per capire se è veramente quello che voglio, la risposta, purtroppo, è sempre di tipo dubitativo: “forse”.

Nel brano “a trent’anni” racconto le paure di questa età: desideriamo realmente passare la vita insieme a qualcuno o lo facciamo per non morire soli? Desideriamo realmente avere dei figli o sottostiamo alle convenzioni sociali e all’imperativo di evadere dalla sofferenza, dalla solitudine?

Hai un ricordo che conservi gelosamente nella tua cameretta?

Non saprei cosa scegliere sinceramente. Probabilmente, un pomeriggio in cameretta di sette-otto anni fa, studiando clinica medica e componendo “quando non parli” in compagnia di Persefone, la mia gatta che non c’è più. “Quante cose mi hai insegnato, quante cose che ti ho raccontato, quando ero solo in camera, quando scrivevo, quando frignavo. Forse pensavi: che ridicolo, che ridicolo è l’umano.”

Che donna è oggi Ambra?

Eh, le andrebbe chiesto. Chissà se è cresciuta anche lei con me o se è rimasta ferma, intrappolata in quella canzone, se è volata via e si è mescolata con le nuvole, con i pensieri degli altri, nelle camerette degli altri, nelle cuffiette, nelle stazioni, nei treni, nei cuori degli altri diventando sempre qualcosa di nuovo, assumendo varie forme, consolando, scoraggiando, confortando, facendo compagnia, facendo piangere, a volte sorridere, ogni volta come se fosse la prima volta. Chissà dove si trova adesso, sicuramente è libera.

 

 

Nicolò Granone

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