PH: Anisa Xhomaqi

Mauro Cottone: “Senza parole la musica parla al 100%” | Intervista

“100% Cottone” è un progetto strumentale e crossover, dove l’improvvisazione jazzistica si mescola con elementi della
musica elettronica, dell’indie rock e dell’hip hop. Questo lavoro nasce dalla creatività del contrabbassista e compositore Mauro Cottone, nato a Palermo, ma trasferitosi da qualche anno ad Amsterdam per seguire la sua passione musicale che gli ha permesso di lavorare con esponenti della scena jazz locale come Xavi Torres, Teis Semey e Jamie Peet.

Una composizione strumentale è un genere è libero dalle parole, sono le note e le melodie  infatti a creare  immaginari da esplorare a seconda dell’emozioni che si provano scoprendo le varie tracce. L’autore ha scelto di mettere nei titoli una sorta di spiegazione, in realtà questo espediente racconta il proprio punto di vista o sensazioni provate durante la composizione e lo sviluppo del brano. Ci può essere quindi spazio anche per interpretazioni diverse, con la possibilità di dare ampia libertà a fantasia e istinto.

La musica è un linguaggio universale, sta a noi saperlo comprendere e decifrarlo.

INTERVISTANDO MAURO COTTONE

Se dovessi descrivere la tua musica solo con un immagine di cosa è composta al 100%?

Non saprei, mi viene naturale associare la musica ai colori, per esempio assocerei ogni pezzo a un diverso quadro di Rothko. Difatti ho scelto una copertina tutta rossa per il singolo di “Surfing”, una tutta verde per quello di “Arpeggios”, e una blu per l’album, che è un colore che ho sempre amato.

Prima di creare una canzone a cosa pensi?

Di solito compongo quando penso a un’idea precisa che mi affascina e che sento possa essere il punto di partenza per una nuova composizione.

L’idea può essere una frase musicale, una sequenza di accordi, un groove di batteria o anche semplicemente la sola struttura “architettonica” del pezzo, (cioè come si articolano e si sviluppano i temi, le suddivisioni, le ripetizioni) prima ancora di qualsiasi nota musicale.

Altre volte compongo ispirandomi a una canzone che già esiste, facendo l’esercizio di sviluppare a mio modo alcuni elementi che mi colpiscono di una certa composizione.

Dove ti piace stare tra le nuvole (On the clouds) e il mare ( Surfing)?

Sono entrambi pezzi che evocano momenti di serenità e spensieratezza.

On the clouds, sulle nuvole, sopra le nuvole, dove c’è sempre luce; pensavo a quando prendo l’aereo da Amsterdam in una delle tante (troppe!) giornate grigie e oltrepassata la fitta coltre di nuvole scopro che anche lì, a una certa altitudine, c’è’ il cielo azzurro.

Ma anche tra le nuvole, perché fin da piccolo tendo a perdermi nei miei pensieri allontanandomi dalla realtà circostante.

Surfing, cavalcare l’onda, essere nel giusto “flow”, ma pensavo anche alle giornate estive, al mare, al sole abbagliante, in particolare a Mondello in Sicilia dove ho nuotato tutte le estati della mia vita e che sicuramente mi ispira la scrittura di pezzi più allegri e gioiosi come questo.

PH: Anisa Xhomaqi

“March 2022” si riferisce ad un evento in particolare o era un sentimento con cui convivevi all’epoca?

Semplicemente ho scritto questo pezzo durante il mese di marzo, ma volevo fare anche un omaggio a questo mese che ha sempre un sapore speciale per me, essendo quello in cui compio gli anni, ma anche in cui si intravede la primavera e l’estate, e in cui per qualche motivo da qualche anno si concentrano per me molti impegni musicali importanti, (anche quest’anno per esempio presenterò il mio progetto nel prestigioso Transition Festival a Utrecht in Olanda)

“Time and Time again in the rain” può essere una lezione sul non mollare mai?

I miei pezzi sono strumentali, senza testo, quindi i titoli si limitano ad evocare delle immagini in qualche modo connesse alla musica. Questa composizione mi fa pensare a quei periodi in cui ad Amsterdam piove davvero ogni giorno, ripetutamente, senza sosta, “time and time again”.

PH: Anisa Xhomaqi

Cosa si può ammirare ascoltando “Butterflies Dance”?

È  un pezzo molto vivace che da spazio al virtuosismo e alla creatività di tutta la formazione. Basato su un groove che ho inizialmente scritto per una drum machine, straordinariamente interpretato dal batterista olandese Jamie Peet, inizia con una intro di contrabbasso e si sviluppa col solismo del chitarrista danese Teis Semey e del pianista Sud Coreano Youngwoo Lee.

All’estero c’è più spazio per l’arte o credi che in Italia molte realtà esistano, ma non siano valorizzate abbastanza?

In Italia conosco bene solo la realtà siciliana, di cui faccio anche parte saltuariamente. In Sicilia ci sono tanti musicisti anche di livello internazionale e tanti eventi musicali però sicuramente non vengono valorizzati  abbastanza. Pochi soldi, poca meritocrazia e così tanti scelgono di andare altrove.

Credo che questo sia vero anche per il resto dell’Italia.

In Olanda e in altri paesi del nord Europa sicuramente gli artisti e le strutture e associazioni a cui sono connessi ricevono più supporto attraverso fondi privati e pubblici che, oltre ad essere più numerosi che in Italia, vengono solitamente assegnati con criteri che di solito condivido.