Lamante: “La memoria rimescola il passato” | Indie Talks

Se mettiamo un oggetto e un pensiero dentro ad una stanza, chiudiamo a chiave e aspettiamo un po’ di tempo cosa potrà succedere?

Ho la sensazione che la materia rimanga uguale, mentre lo spirito potrebbe cambiare diventando un qualcosa che è stato o anche un qualcosa che sarà, senza riuscire a immaginarsi una proiezione di come potrebbe avvenire questa trasformazione metafisica.

Questo ragionamento viene rafforzato dall’ascolto di “In Memoria Di ” album dove Lamante, racconta la vita di Giorgia, se stessa, ma anche la storia di un progetto artistico con una forte esigenza di buttare fuori, ma allo stesso tempo di assorbire dalla realtà e dalle diverse esperienze vissute.

Leggendo e scrivendo quest’intervista è stato spontaneo interrogarsi su come la memoria sia una percezione del passato, che cambia a seconda del presente che stiamo vivendo, tutto si rimescola e prende vita o sparisce, forse non per davvero, e si cerca di ragionare e rivivere quello che siamo diventati attraverso un processo di dialogo interiore.

Quando perdiamo qualcosa o qualcuno il ricordo rivive attraverso la memoria, quando perdiamo una parte di noi stessi invece tendiamo a nasconderci nella speranza di cambiamento, senza aver la forza e la coscienza per saper analizzare il tutto sotto un diverso punto di vista.

LAMANTE X INDIE TALKS

Quanto fa paura sapere di sparire, ma soprattutto pensare che qualcun altro possa uscire dalla nostra vita?

Aver paura di cose inevitabili ha senso? Non tanto per il fatto che una persona specifica sparisca, ma dobbiamo ricordarci che in generale nella nostra vita poche cose sono sotto il nostro controllo, tra cui le persone che conosciamo e a cui vogliamo bene, che alle volte posso sparire.

D’altra parte lo sparire più grande e definitivo è la morte, ed è una paura, LA paura che muove il mondo. Non ce ne sono di cose come la morte che mettono in moto l’umanità. Questa è una paura d’accogliere (che muove), non da subire (che immobilizza). Ecco se devo rispondere alla vostra domanda vorrei rigirare il concetto e chiedervi, di cosa ha senso avere paura?

Il tempo quale ricordi inghiotte?

Il tempo modifica la materia dei ricordi e li inghiotte tutti. Me ne accorgo la maggior parte delle volte che parlo con una persona, maggiormente con mio padre quando parliamo del nostro passato. È importante capire però che la memoria, la storia, sono materia di ciò che viene ricordato ma soprattutto di come viene ricordato e di ciò che non viene ricordato.

Anche il non ricordo è un modo di ricordare. Il tempo lascia spazio alle emozioni di essere sedimentate e i ricordi vengono riletti dalla nostra mente, direi per fortuna! Non è bello ricordare in modo asettico, si perde la magia, o quello che definisce Jodorowsky: ”Realismo Magico”.

Internet e i social network come hanno cambiato la memoria collettiva e individuale delle persone?

C’era un pensatore di cui non ricordo il nome adesso che aveva teorizzato che le persone fotografassero quello che volevano dimenticare. Deleghiamo quel momento, quell’immagine non alla nostra memoria ma ad un oggetto tecnologico. Ecco, io credo che gli strumenti tecnologici atrofizzino la nostra memoria individuale ed influenzino quella collettiva.

Crescere e cambiare fa parte dell’essere e del voler essere?

Essere e voler essere sono l’opposto l’uno dell’altro. Voler essere vuol dire vivere cercando di inseguire l’idea che ci si è fatti di se stessi, essere invece vuol dire semplicemente vivere. Ciclicamente ricado sul mio voler essere, me ne accorgo in modo sporadico e penso che sia difficile potersi staccare dall’idea che ci facciamo di noi stessi perché estremamente radicata in noi.

Il mio primo album è l’insieme di momenti in cui quello che facevo ero. Sono momenti di massima sincerità in cui la musica fa al posto tuo, confluisce nel corpo ed esce dalla tua mano e bocca. È difficile nel periodo storico in cui viviamo poter essere e basta, vuol dire vivere il presente soltanto, vuol dire essere un punto, vuol dire esistere con meno dello stretto necessario. Crescere e cambiare penso faccia parte di come si vuole essere non di quello che si è realmente.

Conoscersi vuol dire spogliarsi e piano piano strato dopo strato imparare a vedersi per quello che si è.

Questo tuo disco è un testamento emotivo?

Un testamento quando viene scritto ha lo scopo di lasciare qualcosa, di mettere in ordine un eredità, per un presente di chi già c’è. Io ho voluto fare il processo contrario. Rifiutare un po il mio avvenire naturale, tradire i miei antenati. Se fino ad adesso l’eredità della mia storia è stata tramandata dagli uomini ora è una donna che parla, saluta un passato . Il mio disco vuole essere un saluto, un arrivederci, un addio.

Sei in guerra o in pace con il tuo passato?

Il passato degli altri, quello della mia famiglia, mi ha rincorso e l’ho rincorso per tutta la vita, cercando di mettere insieme i pezzi. Ho pensato fosse quello il mio passato, cioè l’insieme di tutti i miei antenati. Con questo album ci ho fatto la guerra! Perché sento di aver preso un dolore che la memoria aveva conservato, l’ho sentito e trasformato. Da ora inizierò un percorso più mio e meno “famigliare”, chissà se sarò felice del mio passato fra un po’ di anni. Per ora è una guerra che mi mette in pace.

Se il mai è una negazione del per sempre, secondo te esistono infinite possibilità di stravolgimento del destino?

Certo! Il destino è stravolgimento del noi, e per fortuna! Io non mi sarei mai immaginata di trovarmi così, con questo album fra le mani, cambiata radicalmente. È incredibile che per una vita io abbia pensato di fare un processo da biografia ad arte e ora di trovarmi con la testa al in giù, capovolta, facendo dell’arte la mia biografia.

Il dolore, la perdita sono momenti magici quelli, mettono a repentaglio tutto, arrivi per fortuna a dubitare anche di te stesso e alla fine del percorso ti ritrovi come non ti saresti mai immaginata. Lo trovo fantastico.

Perché capita di scambiare novità con speranza?

Io non ho molta speranza per la novità. Mi spiego meglio, Progresso non vuol dire sempre progredire. A volte ho più speranza per le cose statiche, ferme ed immutabili. Un mio maestro un giorno mi aveva a detto “Sai qual é il mio oggetto preferito? L’ombrello, e sai perché? Perché dalla sua invenzione non è mai cambiato! È non è cambiato perché andava bene così com’era, perfetto”. A distanza di anni anche l’ombrello purtroppo è cambiato, ora c’è quello pieghevole e quello che non si gira con il vento, ma questo fa ragionare su una cosa.

Tante volte la novità arriva per sostituire una novità passata, un cerotto, di un cerotto sopra un altro cerotto, la speranza è di un miglioramento quindi più che di vedere qualcosa di nuovo. Noi umani fatichiamo ad accettare il limite e pensiamo che accontentarsi per la maggior parte delle volte sia una sconfitta. La novità bella è “diversa” ma ciò che ci è diverso facciamo fatica ad accoglierlo. Forse sto filosofeggiando un po’ troppo in questa intervista…….scusate!

La vita quale mantra ti ha insegnato?

Sono un po’ indecisa quindi ne dico tre: Dalla triade di Pasolini: proteggi, conserva, prega. Da Nick Cave: fede, speranza e carneficina. Da Giovanni Truppi. Non pensare di poter dare più di quello che puoi dare.