Matteo Cozze: “GIOVANI PARANOIE: un inno per non sentirsi soli” | Intervista

PH: Ufficio Stampa

Matteo Cozze: “GIOVANI PARANOIE: un inno per non sentirsi soli” | Intervista

Le canzoni di GIOVANI PARANOIE sono un viaggio nelle incertezze, nelle ansie e nelle speranze che caratterizzano l’età della crescita, affrontando temi di cambiamento, solitudine e il conflitto interiore che accompagna ogni fase di transizione. Matteo Cozze scrive un inno utile per non sentirsi soli nel caos del diventare adulti, un promemoria che anche nei momenti più difficili.

“Potrei essere come quelli della mia età, ho paura del tempo che scorre, questa è la mia fragilità, quindi eccomi pronto per la prossima novità, che lascerò come sempre a metà” è una strofa di VENTIQUATTRO, ultima traccia del disco, emblematica, perché mette in contrasto l’accettazione dell’incertezza con la volontà, umana e generazionale, di riuscire a costruirsi un futuro solida. In fin dei conti sta ad ogni individuo trovare la propria strada, saltando ostacoli e scegliendo dove andare.

In questo percorso esistono per forza cattivi pensieri, ma Matteo Cozze, in qualità d’artista, riesce a comprenderli, accettarli e renderli ispirazione per chi ascolterà questo progetto.

INTERVISTANDO MATTEO COZZE

Quali sono gli ingredienti per vivere una buona giornata?

Credo che gli ingredienti principali per vivere una buona giornata siano legati a fare ciò che accende quella scintilla dentro di noi, quella passione che ci fa sentire vivi. Può essere qualsiasi cosa: un progetto che ci entusiasma, un incontro che ci fa sorridere o anche un momento di tranquillità. Inoltre, la spensieratezza è fondamentale: riuscire a staccare dalla routine e non prendersi troppo sul serio aiuta a godersi ogni istante. In fondo, penso che una buona giornata dipenda dalla capacità di apprezzare le piccole cose, di essere grati per ciò che c’è e di affrontare ogni sfida con leggerezza e positività.

I giovani sono i veri incompresi di oggi?

Spesso noi giovani siamo visti come persone poco serie, come se non riuscissimo a capire come funzionano le cose. Gli adulti tendono a minimizzare i nostri stati d’animo o a non comprendere a fondo certi sentimenti, pensando che siamo solo impulsivi o confusi. Invece sappiamo bene cosa significa essere responsabili, sappiamo riconoscere il bene e il male, e purtroppo conosciamo anche la sofferenza e la perdita. Quello che forse ci distingue è la nostra capacità di sognare e di lottare per quello in cui crediamo, anche se questo significa sbattere la faccia contro muri. Siamo molto più consapevoli di quanto ci si aspetti da noi, ma spesso non ci viene dato il credito che meritiamo.

Ci sono responsabilità che ti stanno inseguendo?

Sì, avere 25 anni inizia a suonare come una cosa seria. Mi capita spesso di trovarmi di fronte a scelte che mi fanno riflettere su come le mie decisioni possano influire sul mio futuro, soprattutto ora che ho responsabilità concrete come quella di una casa e di una convivenza. È un po’ come avere delle “ombre” che ti inseguono, quelle decisioni che non puoi più rimandare. Ma cerco di affrontarle con calma, cercando di non farmi sopraffare dall’idea che tutto debba essere perfetto o che ogni mossa debba essere decisiva. Alla fine, credo che la vita si tratti anche di imparare a gestire queste responsabilità senza perdere la propria serenità.

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“Dovrei divertirmi per l’età che ho”, invece crescere fa provare ansia per il futuro?

Sì, un po’ è così. A vent’anni ci si aspetta che la vita sia sinonimo di leggerezza, divertimento, esperienze nuove e anche momenti tristi che fanno parte del crescere. Allo stesso tempo, però, c’è sempre questa ansia per il futuro, come se dovessimo avere tutto sotto controllo. La verità è che viviamo nella costante pressione di pianificare, di sapere cosa fare da qui a sei mesi, e spesso questo mi agita. Non sapere esattamente dove sarò o in che stato mi troverò mi fa sentire un po’ perso, anche se so che è normale non avere tutto chiaro. Questo contrasto tra l’aspettativa di vivere il presente al massimo e la necessità di preoccuparsi per il domani è quello che rende questa fase della vita tanto affascinante quanto complessa.

Essere grandi ed essere adulti sono sinonimi o due concetti diversi?

È una domanda complessa, perché “essere grandi” e “essere adulti” possono essere sia sinonimi, sia due concetti completamente diversi. Credo che essere grandi rappresenti l’esperienza che una persona accumula nel corso della vita: sia esperienze positive che negative, emozioni vissute, luoghi visitati, lingue parlate, successi, ma anche fallimenti, che ci formano e ci cambiano. “Essere adulti”, invece, è più un’etichetta che viene data a chi rientra in un certo range di età, ma non sempre rispecchia la maturità o la capacità di affrontare la vita con consapevolezza. Molti adulti, infatti, ragionano ancora in modo infantile o mostrano poca curiosità per il nuovo, mentre altre persone, pur essendo giovani, sono già molto “grandi” nell’approccio alla vita. In questo senso, credo che l’età non sia sempre un indicatore preciso di maturità.

Certe esplosioni del cuore danno la sensazione di essere vivo?

Sì, penso che certe esplosioni del cuore ti facciano sentire davvero vivo. Sono quei momenti in cui le emozioni ti travolgono così tanto che sembra quasi che il cuore batta più forte, come se ti facessero sentire più “reale”. Possono essere attimi di felicità, di passione, ma anche di dolore o paura. Quando succede, sembra che tutto si fermi e che non esista nient’altro che quella sensazione. È proprio in quei momenti che ti accorgi di essere completamente immerso nella vita, con tutte le sue altezze e cadute.

Dentro i pensieri esiste l’interpretazione della realtà?

Penso di sì. I nostri pensieri, le nostre esperienze e come le interpretiamo influenzano tantissimo la realtà che viviamo. Ogni persona vede il mondo attraverso il proprio filtro emotivo e mentale, quindi la stessa situazione può essere interpretata in modi completamente diversi a seconda di come siamo predisposti a viverla. A volte, quello che percepiamo come realtà non è altro che una costruzione dei nostri pensieri e delle nostre emozioni. Quindi, sì, credo che l’interpretazione della realtà passi molto attraverso i nostri pensieri e che, in fondo, ciascuno di noi viva in una realtà un po’ diversa da quella degli altri.

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