
New Indie Italia Music Week | Sanremo 2025
Sanremo 2025 sta per giungere al termine ma adesso è tempo di tirare le somme e di capire quali sono gli artisti candidati alla vittoria finale. 29 artisti in gara, ognuno con un buon motivo per stupire ancora e ribaltare i pronostici…chi vincerà?
Proviamo a capirlo con le recensioni della redazione di Indie Italia Magazine!
Volevo essere un duro
Lucio Corsi si conferma ancora una volta un cantautore fuori dagli schemi, capace di mescolare ironia e poesia con un’estetica che richiama il glam rock degli anni ’70 e la teatralità di un mondo a metà tra fiaba e realtà. Volevo essere un duro è una ballata sognante e malinconica, un viaggio tra desideri di grandezza e consapevolezza della propria vulnerabilità.
Il brano è un susseguirsi di immagini vivide e surreali, marchio di fabbrica di Corsi: robot, lottatori di sumo, scippatori nell’ombra e galline dalle uova d’oro. Un mondo visionario in cui il protagonista vorrebbe essere impavido, ma si scopre fragile, spaventato dal buio e destinato a prendere botte piuttosto che darle. Eppure, proprio in questa ammissione di debolezza risiede la sua autenticità.
Musicalmente, il pezzo è un perfetto esempio di quel mix tra folk, rock e teatralità che caratterizza la produzione dell’artista. Il ritmo incalzante e la melodia avvolgente accompagnano il testo con leggerezza, rendendo il brano immediato ma tutt’altro che superficiale.
Il verso “Vivere la vita è un gioco da ragazzi” risuona con una dolce ironia, perché in fondo crescere non è affatto semplice, specialmente per chi si sente “normale” in un mondo che premia solo i vincenti. Ma la rivelazione finale è disarmante nella sua semplicità: “Io non sono altro che Lucio”. Un’autodefinizione sincera, un’accettazione di sé che suona come il vero atto di coraggio.
Con Volevo essere un duro, Lucio Corsi regala una canzone che parla di sogni infranti e di identità ritrovata, con la leggerezza di chi sa trasformare la fragilità in arte. Un piccolo gioiello di cantautorato contemporaneo, capace di evocare il passato senza mai essere nostalgico.
(Salvatore Giannavola)
Lucio Corsi: 9
Eco
“Eco” è il brano con cui Joan Thiele si presenta per la prima volta a Sanremo. È un pezzo pop che con un ritmo deciso ricorda qualcosa del rock e alterna acuti e momenti quasi in falsetto. Joan Thiele è un artista che con il suo look colorato, indie e al tempo stesso rock fa capire quanto profonda e intricata sia la sua musica. “E se potessi dirti che qui la paura non ha età”: il brano analizza come nella vita le situazioni difficili siano all’ordine del giorno, ma c’è comunque sempre “un’eco” da parte di qualcuno che ricorda di non arrendersi e portare avanti le proprie idee. “Eco” è un brano che Joan Thiele dedica a suo fratello. È l’ascolto giusto per ritrovare la giusta dose di carica e grinta per affrontare la vita.
(Greta Karol Nesci)
Joan Thiele: 8
Fango in Paradiso
Ballad dal sapore romantico e nostalgico, “Fango in Paradiso” analizza le fasi quotidiane e filosofiche di un amore. Le parole intonate dalla bellissima voce di Francesca Michielin toccano le corde giuste di chi ha bisogno di riflettere sulle proprie relazioni. “Delle volte capita di volersi sempre e mai più”: condizione in cui ci sente profondamente legati a qualcuno per sempre, ma allo stesso tempo si capisce che la relazione non può più andare avanti. Racconta proprio di questa sensazione il brano della Michielin, delle due facce della medaglia che fanno un tutt’uno, di come l’amore possa essere complicato.
(Greta Karol Nesci)
Francesca Michielin: 8
Non ti dimentico
Brano pop estremamente romantico, “Non ti dimentico” è veramente ciò che ci si aspetta dai Modà. Melodia avvolgente, sottofondi di batteria e acuti della voce profondissima del frontman Kekko. “Sembravi una canzone che mi squarciava il petto”: questa citazione esprime un po’ l’effetto che può avere un grande amore e che può avere questa canzone per i più sensibili. I Modà sono dunque tornati a Sanremo con il solito spirito di gruppo, la solita vena introspettiva e un brano decisamente strappalacrime. “Non ti dimentico” è l’ascolto perfetto per chi non ha ancora dimenticato cosa significa essere davvero innamorati.
(Greta Karol Nesci)
Modà:8-
Battito
Con questo pezzo Fedez guarda alle origini con un’occhio di modernità. “Battito” ha un ritornello pop e delle parti rap che ai fan di Fedez possono ricordare brani come “Cigno nero” e “Magnifico” in collaborazione con Francesca Michielin. “Battito” è sicuramente lontano dagli ultimi lavori di Fedez, prettamente commerciali, che hanno fatto da colonna sonora delle ultime estati. “Dentro i miei occhi guerra dei mondi tu mi conosci meglio di me”: da questa citazione si capisce il taglio del testo. Si riferisce a una relazione tossica in cui si riesce solo a veder nero e da cui si vuole assolutamente uscire. Che sia tratto da esperienze biografiche o frutto di fantasia, con “Battito” Fedez sta affrontando questo Sanremo con molta professionalità e un look decisamente vampiresco con le sue lenti nere come ciò che vede l’io narrante del suo brano.
(Greta Karol Nesci)
Fedez:8+
Incoscienti giovani
È una ballata, ma se non fosse una canzone sarebbe un romanzo, o un film drammatico d’altri tempi. Uno slice of life.
“Se non mi ami muoio giovane”: entriamo subito nelle vite dei due personaggi, protagonisti di una storia palesemente vera, perché i dettagli che riporta riescono a raccontare di un tempo molto esteso, che però perde di valore se la relazione non viene coronata.
“Incoscienti giovani” è un cazzotto allo stomaco e una carezza al cuore. Tra scazzottate, padri assenti, vecchie automobili. Sono due vite difficili, sporche di asfalto e di un caos che ti lascia sempre sotto una coltre di polvere. Elevato solo dall’incoscienza di un amore giovane.
Achille Lauro ha saputo essere crudo e romantico, vintage e attuale.
(Stefano Giannetti)
Achille Lauro: 7.5
Viva la vita
Con un titolo che ci riporta subito ai Coldplay del 2008, Gabbani ritorna sul palco dell’Ariston con un brano marcatamente pop che ben rispecchia la domanda sanremese. Seppure nell’intro la voce di Gabbani ha un che di Ramazzottiniana memoria, è dal ritornello in poi che riconosciamo a pieno lo stile dell’artista di Carrara, che tutto sommato non ci dispiace neanche. Esegue “il compito” con nessun intoppo canoro, fila liscio senza particolari entusiasmi, in perfetta linea con questo Festival.
(Ilaria Rapa)
Francesco Gabbani: 7
Tu con chi fai l’amore
E il tormentone estivo ce lo siamo assicurato pure quest’anno, da ascoltare magari proprio sulle affollatissime spiagge di (e perché proprio) Mykonos mentre si sorseggia un costosissimo drink. Che dire dei The Kolors, che con “Tu con chi fai l’amore” fanno un po’ a gara, e forse nemmeno troppo, con il mood danzereccio e godereccio di “A far l’amore comincia tu” (ovviamente in versione remixata): il ritornello ci è entrato già in testa, ora non possiamo far altro che aspettare la stagione calda per riascoltarlo in loop.
(Ilaria Rapa)
The Kolors: 7,5
Damme ‘Na Mano
Se “Damme ‘Na Mano” dovesse arrivare sul podio senza che nessuno dica “questa canzone non ha il diritto di gareggiare al festival della canzone italiana”, mi incazzo. Ogni riferimento alla polemica sollevata dopo lo scorso Sanremo sul brano in napoletano di Geolier non è puramente casuale. Al di là della questione puramente linguistica, un semi ripulito Tony Effe ci fa ascoltare il suo racconto della romanità, “quella vera”. Ed effettivamente, cliché più cliché meno, l’immagini che ci si prefigurano di Mamma Roma sono realistiche. Bravo Tony, ma anche stavolta non abbiamo sconfitto il machismo.
Tony Effe: 7
Quando sarai piccola
Probabilmente la canzone che più di tutti è riuscita ad entrare nei cuori degli italiani durante questo festival, e questo ci dimostra che per avere successo bisogna far piangere. Cristicchi con la sua “Quando sarai piccola” decide di giocare facile, utilizzando un testo pieno di retorica e decisamente banale, in grado di far aprire i rubinetti dell’Ariston quasi a comando.
Il vero problema è che canzoni come questa puntano a parlare in modo semplice ad un pubblico generalista sempre più abituato a ricevere dei messaggi immediati senza l’esigenza di dover scavare in qualcosa di più profondo.
(Filippo Micalizzi)
Simone Cristicchi: 4
Se t’innamori muori
Noemi è senza ombra di dubbio una delle voci più belle all’interno del panorama italiano. Possiede una certa unicità che rende ogni sua canzone inimitabile, e questo rappresenta forse l’unico tasto dolente.
“Se t’innamori muori” è un brano che funziona, ma il problema è che somiglia un pò troppo a molti altri brani dell’artista. Questo non lo rende certamente da buttare, ma sicuramente abbassa di molto le aspettative e l’effetto sorpresa. In ogni caso, Noemi ha fatto un buon lavoro e bisogna dargliene atto.
(Filippo Micalizzi)
Noemi: 7,5
Fuorilegge
Rose Villain dopo lo scorso anno aveva l’opportunità di cambiare le carte in tavola, e invece decide di riportare praticamente lo stesso brano. Parte come una ballata, arriva ad un crescendo vocale fantastico, per poi infine esplodere in un beat che fa uscire la parte più “scatenata” dell’artista. Praticamente una “Click Boom!” 2.0.
Nonostante questa occasione sprecata di mostrarci una Rose Villain diversa, è innegabile quanto sia talentuosa e quanto sia in grado di dominare il palco.
(Filippo Micalizzi)
Rose Villain: 7.5
Balorda nostalgia
“Sta vita non è vita senza te” Olly ci ha donato il brano perfetto per le nostre notti di cuori infranti, che ricordano quell’amore così perfetto, così pieno di situazioni vissute insieme, di così tante cene a lume di candela e di serate passate sul divano a guardare un film e ridere.
La potenza della voce di Olly che esplode durante il ritornello ci fa cadere in ginocchio mentre chiediamo perché siamo arrivati a questo punto e accendiamo la TV solo per cercare un po’ di compagnia, ma la “Balorda nostalgia”, quella non passerà mai più.
(Margherita Ciandrini)
Olly: 8,5
La cura per me
Giorgia è sicuramente una delle voci femminili più potenti del Festival, e questa ballad con il ritornello che arriva come in un crescendo è proprio quello che ci aspettavamo da lei.
Amore disperato, cura per i nostri cuori in tumulto, notti passate al buio in solitudine che ci fanno avere paura di rimanere così per sempre, fino a quando non troviamo quella luce che potrebbe essere la nostra luna, ma alla fine ci ritroviamo sempre ad abbracciarci in autonomia.
Piacevole sorpresa il cambio di rotta verso la fine del brano, che dona a Giorgia una freschezza e originalità che non si vede neanche in alcune delle sue colleghe più giovani.
(Margherita Ciandrini)
Giorgia: 8,5
Mille vote ancora
Un brano rap con ritmo latino quello proposto dall’artista partenopeo, che riprende il filo rosso della sua carriera musicale, portando le sue esperienze personali all’interno.
Ridere, piangere, correre ancora, Rocco Hunt riavvolge la sua vita e prova a pensare cosa sarebbe successo se lui avesse preso altre decisioni, se quella volta, avesse scelto un’altra strada.
Cuore tenero in mezzo ai lupi, qualche frase fatta e un testo che non convince particolarmente, Rocco ha decisamente proposto di meglio.
(Margherita Ciandrini)
Rocco Hunt: 5
Anema e core
Resta da decidere solo se resta più nella testa “anema e core” o “s’adda da veré”. Perché il brano della Bancale non sembra puntare a molto altro se non a diventare un tormentone (e hai detto niente, per carità), ma un tormentone non certo privo di guizzi. Latino americano più partenopeo, l’idea è buona e soprattutto nelle parti in dialetto ti fa pensare che in fondo chi se ne frega se il messaggio non sarà granché profondo o insolito (ma non sarà proprio questo che la rende dannatamente onesta?), se lo stile c’ha già risvegliato una certa flotta di ormoni.
(Stefano Giannetti)
Serena Brancale: 7
Amarcord
“Mi piaceva anche avere paura”; “anche se ti scorderò in un club il sabato”. E anche se noi ci scorderemo dopo il prossimo Sanremo del ritornello di questo brano che è dichiaratamente destinato a entrare nelle nostre auto e nei nostri solfeggi sotto la doccia, ciò non toglie che Amarcord è stata molto più efficace di altri nel descrivere una situazione che è capitata a tutti da ragazzi. Toccando le corde giuste, gli esempi giusti di quello che è a tutti gli effetti un Amarcord di una vita assolutamente tranquilla.
Può darsi che non resterà negli annali della musica leggera, ma probabilmente la colpa sarà della strabordanza dell’offerta del suo genere musicale. Perché se andiamo a pescare nel testo e nel fatto che si parli vivacemente di una cosa triste seppur non grave, carte per distinguersi dal marasma ne ha.
(Stefano Giannetti)
Sarah Toscano: 7
Il ritmo delle cose.
“È un violento decrescendo”. Non vorremmo che l’argomento de “Il ritmo delle cose.” sia così attuale ancora. Perché sembra iniziare col parlare di Onlyfans per poi andare sul generico dello scrollo sul cellulare, fino ad andare sulla “facilità” nel proporre musica attraverso i social? Il fatto è che potremmo fare mille esempi, ma la cosa più inquietante della realtà è che appunto quella che realtà non è più è come se lo fosse diventata, perché ci ha preso il tempo e ci ha deformato la parte di tempo che ci lascia libero. Quindi è una cose che c’è e quasi non si vede più per il suo esserci troppo, come il cielo. Ci è cambiato appunto il ritmo delle cose, e il punto alla fine del titolo non è certo messo lì a caso. Il rap pulito e col ritornello che si fa grave ma resta un po’ cantilenante è efficacissimo, associato all’argomento.
(Stefano Giannetti)
Rkomi: 8
L’albero delle noci
L’albero delle noci sono gli occhi di chi ci guarda in silenzio mentre decidiamo di lasciare quella panchina e di ridipingere l’ombra più scura che abbiamo lasciato sulle sue travi in legno.
Piccole parole dette l’una dopo l’altra tessono una lettera d’amore da dedicare alle massima forme d’amore cui possiamo aspirare. Possa essere un figlio, come per Brunori, una persona in cui guardare riflessi i propri occhi, o semplicemente qualunque contenitore immaginario che riesca ad assorbire ogni particella che rilasciamo dal nostro amore.
Inutile dire che tutto questo è pura poesia.
“Hai cambiato l’ architettura e le proporzioni del mio cuore”: cosa c’è da commentare? Io non riesco ad avere parole sincere per descrivere i brividi provati appena ascoltata questa frase. Spero che anche per voi possa avere un senso, sensato o meno. Ci piace tanto Brunori a Sanremo, con la sua incredibile intimità che diventa nazionale.
(Viola Santoro)
Brunori: 8,5
Cuoricini
Viviamo anni fatti d’amori di plastica. Viviamo anni fatti di amore di like, commenti, visualizzazioni, notifiche squillanti, chiamate senza risposta.
Viviamo anni fatti di “ma secondo te tra quanto devo rispondere”?
Viviamo anni di “cuoricini” da mettere per farci notare e da non mettere per far capire di essere arrabbiati.
Tanti cuoricini diventano una maschera di critiche che volano a raffica a tempo di dita veloci.
È una canzone intelligente ed allo stesso tempo una grandissima hit che rispetta la tradizione dei Coma Cose. Canzoni divertenti, canzoni piene di significato, di quelle che le ascolti una volta e ti sembrano stupide canzonette da radio ma che nascondono tanto altro (oltre alle coreografie che forse rivedrei un pochino).
Tutto sommato ci è piaciuta ma si poteva fare un po’ di più.
(Viola santoro)
Coma Cose: 7
Tra le mani un cuore
Nonna scusami ma non mi è piaciuto proprio.
Ma andiamo con calma…
Il testo è figlio di Tiziano Ferro e si sente. Una ballata d’amore che riprende per bene i temi principali e cari a Tiziano, insomma un amore che va salvato, preservato, un amore di cui bisogna tener cura in ogni modo.
Credo che il problema sia proprio Ranieri che, nonostante il suo essere un grandissimo cantante non riesce (ovviamente) a dare la giusta freschezza al testo.
Avrei preferito un mood diverso, richiesta difficile (lo so). Credo, però, che dopo tantissimi anni di carriera si possa anche sperimentare altro, se mai presentandosi come un possibile duo con qualcuno di giovane che smorzi il retrò, un po’ kitsch, ormai passato completamente di moda.
(Viola Santoro)
Massimo Ranieri: 6,5
Lentamente
Irama con questa canzone esplora le complessità di un amore in declino, con un testo ricco di immagini evocative e coinvolgenti.
Lentamente è un viaggio attraverso i sentimenti di dolore, rimpianto e delusione, Irama canta di un amore che si sta spegnendo, un sentimento che si consuma lentamente come una fiamma che perde vigore.
La ripetizione di crudele e di neve amplificano il senso di gelo e indifferenza, mentre “Perché era solo una scusa l’idea che tra noi era soltanto sesso.”, rivela la superficialità di una relazione con poca autenticità e profondità.
Musicalmente si distingue per la sua melodia malinconica e ritmo lento, con una voce carica di emozioni.
Tuttavia il testo potrebbe risultare un po’ ripetitivo con immagini che si ripetono e temi ribaditi più volte. È sicuramente una scelta stilistica, ma per alcuni ascoltatori potrebbe risultare ridondante. Ma in fin dei conti Irama dimostra sempre la sua capacità di riuscire a interpretare brani emotivamente complessi.
(Benedetta Rubini)
Irama: 8
Pelle Diamante
Un inno alla forza e all’indipendenza femminile, un chiaro messaggio diretto a tutte le donne che affrontano la vita con determinazione e coraggio.
Marcella Bella canta di una donna forte, tosta e indipendente, che non ha bisogno di conferme esterne per sentirsi sicura di sé.
“Non mi fa male niente, stronza, forse, ma sorprendente.”
Il brano lancia sicuramente un messaggio importante, con una voce carica di energia, ma musicalmente l’arrangiamento sminuisce il potente significato, perché rimanda alla musica dance pop degli anni 90’.
Inoltre il ritornello, sebbene efficace, viene ripetuto molte volte, rischiando di appesantire l’ascolto. Sarebbe stata bella qualche sperimentazione e innovazione in più, per lasciare meglio il segno e per enfatizzare la potente voce di Marcella Bella.
(Benedetta Rubini)
Marcella Bella: 7
Chiamo io, Chiami tu
Gaia canta di momenti di libertà e di spensieratezza, esplora le dinamiche delle relazioni moderne utilizzando le sonorità del pop moderno.
Il ritornello ripetitivo “Chiamo io, Chiama tu.”, sottolinea la tensione e l’incertezza di chi aspetta una chiamata o un segno dall’altra parte.
Il brano cattura l’assenza delle relazioni moderne, fatte di attese, incomprensioni e momenti di pura emozione.
Tuttavia la canzone non è particolarmente innovativa, può sembrare una delle tante canzoni tipiche da radio estiva. Sarebbe stato interessante vedere Gaia sperimentare di più con la melodia, magari introducendo elementi piú originali per distinguersi.
(Benedetta Rubini)
Gaia: 6,5
Febbre
Clara canta di un amore che ha lasciato cicatrici profonde, paragonando il sentimento ad un vetro, che se rotto può tagliare.
“Ti sei preso una parte di me, quella ancora più in fondo dell’anima.” Emerge la vulnerabilità e la sensibilità.
Il ritornello con la sua ripetizione “febbre”, suggerisce l’idea di un amore febbrile, a momenti instabile e doloroso, perché in fondo l’amore non è solo rose e fiori, ma può farci anche male.
Infatti l’amore è visto qui come una malattia, come una febbre che scende e che sale, che causa appunto dolore e confusione.
Nonostante il tema universale affrontato, “Febbre” manca di originalità, sembra rientrare nella categoria delle classiche canzoni da radio, senza offrire niente di nuovo o sperimentale. Gli arrangiamenti, seppur ben fatti, non si distaccano dai canoni già ampiamente esplorati del pop contemporaneo.
Il brano è piacevole ma prevedibile, senza sorprese che possano catturare davvero l’attenzione.
(Benedetta Rubini)
Clara: 6
La tana del granchio
Un luogo sicuro vista mare dove scoprire rifugio e riparo dal dolore della vita. Bresh si presenta per la prima volta sul palco di Sanremo con una canzone cantautorale e meno rap, ma riesce a centrare il punto e trovare una sua quadra. Lo spunto iniziale è un amore estivo pieno di speranze che naufraga con il freddo, che vive anche dentro al cuore del protagonista, impegnato a nuotare già dentro i suoi demoni, con scelte sbagliate dovute ad insicurezze e ferite del passato non specificate, e soprattutto non ampiamente emarginate.
La violenza dei sentimenti che è impossibile trattenere, anche se l’impeto degli stessi può provocare dei punti di rottura sia con noi stessi sia con gli altri, lasciando senza parole e troppe domande.
Dall’espressione qualcosa da dire, un po’ come chi viene da Genova e ha quella faccia un po’ così, tanto cara ad una certa tradizione musicale e sociale.
(Nicolò Granone)
Bresh: 8
Grazie ma no grazie
Cosa dice Willie Peyote a queste ipocrisie di oggi e alle illusioni del presente: “Grazie, ma no grazie”.
Questo è il brano più politico di un Festival dove prevale la patina dell’amore, ma l’artista sabaudo riesce a intrufolarla tra le canzoni in gara aggiungendo un ritornello catchy, un sound funky e storie tristi con aspettative basse. Fotografando così il paese reale e un popolo che preferisce parlare, anche perché il lamento è più facile e con meno conseguenze dell’azione, illuso ormai anche dalle relazioni di coppia. Diventa inevitabile così sviluppare un egoismo sociale dove ognuno pensa per se e anzi, tanto meglio far finta di nulla piuttosto che prendere una posizione in maniera aperta e coerente.
(Nicolò Granone)
Willie Peyote: 7,5
La mia parola
Shablo primo e unico produttore che ha partecipato a Sanremo e per salire sul palco e affrontare questa sfida si è portato un trio di amici e rapper per diffondere “La mia parola”.
Il brano funziona probabilmente molto di più in radio ed è da ballare, omaggiando la strada e le ispirazioni che ne nascono, come una musica old school che parla perché ha qualcosa da dire e comunicare e non solo perché obbligata a far qualcosa.
Manca però un piglio sociale e rabbioso, dando un po’ l’effetto di un poster bello da guardare, magari comprato ad un mercantino d’antiquariato che serve più a ricordare cosa c’è stato rispetto ad essere un simbolo di qualcosa di nuovo che ci sarà.
Una street song che inizia e finisce senza creare non una nuova città, ma neanche capace di restaurare un vecchio quartiere. Da l’effetto di un musical che appena finisce si smonta il palco e chiude tutto il carrozzone senza avere innescato una riflessione.
(Nicolò Granone)
Shablo, Guè, Joshua, Tormento: 7-
Dimenticarsi alle 7
È la perfetta colonna sonora per la pubblicità di una compagnia telefonica, per il resto da la sensazione di essere un qualcosa già sentito e risentito. Una storia d’amore che finisce, un po’ come tutte, con il ricordo che invece di una necessità sembra più una malsana abitudine.
Ammettere la verità non salva l’uomo dalle sue colpe e due amanti possono dirsi addio con il cuore leggero, aggiungendo giusto un po’ di dramma per fare scena.
Quando una relazione finisce a volte si rosica e basta, senza però soffrire. Al mattino si piange però alla sera si balla già.
(Nicolò Granone)
Elodie: 5