
New Indie Italia Music Week #221
Cuoricini, Cuoricini, la musica italiana tutta Cuoricini! Sì, ma fino a che punto? Qual è stato il tasso di ipocrisia della critica italiana rispetto ai brani del festival? Sembrava tutto così dannamente WOW, ma guardando le molecole del festival al microscopio, la visione rimane inalterata?
Un campo di fiori profumatissimi ma molto spesso uguali tra loro, fatte salve alcune erbe spontanee caratterizzate da colori nuovi e fragranze fin qui ignote. Soffermiamoci su queste specie. Sono i fiori dell’indie italiano, specialità rare che vanno custodite e preservate dallo sciame della banalità.
Rieccoci qui, con il promo New Indie Italia Music Week post-Sanremo con un bouquet di germogli musicali e sonorità tutte da scoprire, pronte a conquistare TUTTA L’ITALIA a suon di bellezza e unicità artistica!
A Modern Witch (Album)
Chitarre 90’s, testi onesti e brutali. La sua musica è il diario segreto di una persona queer non binaria. Luigi cresce con l’indie rock degli anni ’90, Elliott Smith e le cantautrici americane, influenze che segnano profondamente il suo percorso artistico e gli offrono la possibilità di comunicare le proprie emozioni senza filtri. Inizia a scrivere fin da piccolissimo per scappare dalla realtà di provincia, e successivamente si dedica allo studio della chitarra da autodidatta (“ho imparato a suonare la chitarra guardando i live delle mie band preferite su KEXP”).
La necessità di prendersi cura di sé, l’importanza di una pausa di riflessione che ricuce ferite vecchie di anni. “A Modern Witch” è il nuovo LP di Adult Matters; 9 tracce fatte di un’introspezione che mescola la delicatezza del chiedere perdono a sé stessi alla necessità di smussare gli angoli che rimangono taglienti.
Adult Matters: 8
Torni da me
Simone Longo ci riporta alle atmosfere dei primi successi di Tiziano Ferro con il suo nuovo brano, un pezzo dalle forti sonorità R&B anni ‘90, capace di unire nostalgia e modernità. La produzione, curata da uno dei migliori producer urban italiani, YAZEE, crea il contesto perfetto per una storia intensa e sofferta.
Il testo racconta una relazione tossica, dominata da gelosia e rispetto unilaterale. Il protagonista, ormai stanco, trova finalmente il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle, anche se la decisione porta con sé dolore e rimpianti. La voce di Longo è intensa e sincera, trasmettendo ogni sfumatura emotiva del brano.
Un pezzo imperdibile per gli amanti dell’R&B italiano, capace di mescolare melodie avvolgenti con un sound urban attuale. Un inno alla consapevolezza e alla rinascita, che dimostra come a volte l’unica scelta possibile sia lasciar andare.
Simone Longo: 8.5
Pelle d’oca (Album)
Anticipato da singoli quali Immobile e Settembre, Pelle d’oca è stato “spoilerato” da Ada Oda nelle intenzioni, attraverso le proposte che gli hanno aperto pista. Due modi diversi di reagire al dolore: la rabbia per avversità più grandi che ci rendono impotenti e contro cui ci ribelliamo ma solo con ciò che il nostro corpo e le nostre grida ci permettono, stravolgendo una regola del “mantenere la calma”, per citare Oltre la conchiglia (in cui si lotta interiormente contro la gelosia), come se a urlare avessimo sempre temuto di essere puniti da una divinità; il pianto, ideale o vero, non solo di Settembre ma anche di Ho amato tutto, dove la dichiarazione diventa parlata una resa dei conti in cui ci si è dichiarati sconfitti. Perché Pelle d’oca è sincero, diretto, totalmente dichiarativo.
Non c’è bisogno di interpretazioni ma solo di liberare il cuore al dolore di un buon punk. E le lacrime versate a volte sono così tante che i condotti si sono seccati e rimane solo un dolore arido, un cratere dentro. Il necrologio per qualcosa che non tornerà. Ci si concede un po’ d’ironia, ma è più un palliativo che una cura (Sul palo).
Tutti lati della personalità, tutte facce di un prisma che ci compongono tutti, che Victoria, grida, spiega, schernisce, lamenta. Che in singoli come Vecchia storia pare riassumere.
Un’Odissea della vita, di una miseria che ci riguarda tutti, della forza nella debolezza, un grande lavoro a cuore aperto. Superlativo.
(Stefano Giannetti)
Ada Oda: 9
Seia
Seia (sera) è un bilancio crepuscolare. Come tutti, a volte la sera facciamo un bilancio della giornata, a volte della vita intera. Come se il buio coprisse tutto per sempre e non solo una dozzina di ore.
Gaia Banfi canta un’ode, dove si proclama la fine della poesia ma essa è presente proprio in questo nichilismo. Il cuscino diventa un colle, l’intimità si fonde e diviene parte di tutto lo spazio, del tempo dilatato, dei ricordi e dei rancori. La Seia lascia spazio all’irrazionalità che forse è la razionalità, scevra da limiti e regole, desideri che ci siamo imposti e che, alla sera, ci lasceranno troppo spesso delusi. È criptico, tra cori, voce che passa dal quasi rotta a un’estensione sublime, fusione con l’elettronica.
È poetico e misterioso come un quadro impressionista. Incredibile come la ricercatezza dello stile non abbia niente di artificioso, niente di apparentemente creato apposta, appunto, in questa sublime rappresentazione dell’anima.
(Stefano Giannetti)
Gaia Banfi: 8,5
Nostalgia3000
“Non c’è più nulla su quel server”. Il rap veloce e la base ancora più fulminea che la accompagna ci spiegano subito di che stiamo parlando. Che piangiamo tutti sulle polaroid e su un passato fatto di ricordi materiali, di oggetti da maneggiare. Un po’ come i libri di carta contro quelli digitali. Ma la verità è che siamo tutti figli del nostro tempo, e la nostalgia è solo un sentimento furbo. I ricordi li conserviamo sulla pelle se vogliamo e il supporto, digitale o fisico, è solo un satellite su cui la nostra carne e il nostro cuore solamente possono percorrere il viaggio nel tempo.
I server, le chiavette USB potranno essere riempiti o svuotati nel futuro a seconda di come ci siamo legati a qualcuno nel presente. Come oggi una fotografia è stata strappata o messa nel portafogli. Il libro è stato venduto al mercatino o riempito di sottolineature a matita e messo sul comodino di fianco al nostro letto.
(Stefano Giannetti)
Lanyard: 7,5
TTT le parole
“E lei è luce che m’arrossisce le guance”, “Tu non sai com’è quando cala il sole”. Fare i conti con una relazione finita è la cosa più dura. Perché una persona non è un problema gestibile, è un altro universo a cui durante la storia abbiamo orbitato attorno ammirandolo (“tu eri così bella come una vendetta”), ma con quella consapevolezza, forse ai tempi mancata, che si era sempre sull’orlo di una collisione. Come in tutte le relazioni.
“Spengo tutte le parole”, perché le note restano, a simboleggiare le sensazioni vissute, la pelle che brucia. L’unica verità contro il “non sai cosa dire” perché davanti alla fine, le parole sono già una maschera che apponiamo ai nostri sentimenti, a sensi di colpa che non vogliamo ammettere. TTT le parole alterna freneticità di un pop elettronico a momenti di lentezza, poi di pausa. Ritratto del conflitto interiore e quello diretto con l’amata.
(Stefano Giannetti)
Giuliettacome: 7,5
Ultima canzone
C’è sempre un inizio e poi una fine, forse momento più facile da analizzare rispetto a tutto quello che succede prima. È interessante l’esperimento musicale che fanno C+C=Maxigross cioè rielaborare il concetto del tempo in funziona di questa “Ultima canzone” che nasce dal buio e muore nell’alba, evento che segna l’inizio di un nuovo giorno.
Tra le note di questo brano emerge anche una lotta interiore tra le situazioni della vita che tendono molto spesso ad incastrarsi tra di loro, modificando la percezione del tempo e il momento stesso. Quando si vive un evento lo si vive e basta, solo dopo si può analizzarlo in maniera più pratica e razionale. Secondo questo principio infatti anche per raccontare lo svolgere della storia bisogna lasciare sedimentare i fatti, altrimenti si viene influenzati dal presente.
(Nicolò Granone)
C+C=Maxigross : 7,5
Che male c’è?
Infondo che male c’è a provare dei sentimenti, sentirsi vulnerabili e accettare anche l’amore come possibile fonte di disperazione e delusione?
Da questa domanda provocatoria parte una confessione sincera, a cuore aperto, di una cantautrice, Möly, che spera di superare una situazione dentro la quale si sente intrappolata, necessaria però come momento di comprensione in primis con se stessa e poi con gli altri. Nelle relazioni il momento di una rottura lascia delle ferite aperte perché all’improvviso crea una nuova solitudine che cresceva sotto baci e tenerezze, in un silenzio che alla fine diventa un rumore assordante.
La bellezza e la gioia sono rischi da correre anche se poi tutto non sempre va secondo i piani, per essere vivi è necessario anche soffrire.
(Nicolò Granone)
Möly: 8
piogge intense
Ci vuole coraggio, rabbia e organizzazione per resistere ad ogni tipo di tempesta, sia quelle fisiche che possono distruggere tutto quello che esiste all’infuori di noi o quelle interiori che spesso cerchiamo di nascondere nel silenzio della rassegnazione. Le piogge intense che nascono da questo nuovo brano dei cólgate provocano inondazioni di pop-rock che invitano a pensare sì al domani, senza però considerare la possibilità della fuga. Anzi, l’unione fa la forza, ci si sente più al sicuro dentro un pogo selvaggio sotto al palco rispetto alla propria solitudine quando si ascolta la musica chiusi dentro la propria camera.
Non bisogna vergognarsi delle proprie debolezze o cercare di evitare i problemi non affrontandoli, ogni persona combatte sempre delle battaglie e ha bisogno di trovare alleati per resistere davanti alle precipitazioni emotivi o a giornate che diventano storte a causa di qualche avversità.
“Domani è un giorno nuovo, domani è un giorno sacro Come gli animali, al buio, voglio farlo insieme a te”
(Nicolò Granone)
cólgate: 7,5
gocce
Le nuove generazioni hanno bisogno di vedere scorrere il sangue, di ferirsi per aumentare l’adrenalina e di stare male per ricordarsi cosa vuol dire stare stare bene. In una maniera estrema si parla dei sogni come se fossero ricordi, si ha paura ad accettare l’amore pensando già che tanto si starà male.
Ventitrevoltemario con gocce descrive quello che provano i giovani oggi portando la narrazione in maniera drammatica però vera, arrivando in maniera diretta come un pugno sullo stomaco. Viene davvero da chiedersi se troppe illusioni alla fine creino ansia sul futuro, la risposta purtroppo, in questo momento storico, sembra essere si.
(Nicolò Granone)
Ventitrevoltemario: 8
Gocce
“L’unico momento in cui sono interessante, quando io non parlo per l’involucro ma vuoto”: questo motivo si ripete più volte nel brano “Gocce”. Sound trap con un buon sottofondo di batteria, voce roca e autotune. Gocce parla di come ci si sente davanti al succedere delle cose, ma soprattutto di come ci si percepisce internamente rispetto alle cose. È il brano giusto da ascoltare nei momenti in cui si ha bisogno di un sottofondo non troppo carico per riflettere.
(Greta Karol Nesci)
palwa: 7
Tg1
“Tg1” è una lama che incide il tempo sospeso della provincia, un grido soffocato tra palazzi vuoti e fughe necessarie. Centomilacarie dipinge il paesaggio della sua esistenza con immagini brutali e poetiche, incastonando in questo nuovo brano un’urgenza viscerale che si nutre di inquietudini e disillusioni. Centomilacarie, tra crudo realismo e visioni oniriche, trova forza in una scrittura diretta, senza filtri, capace di trasformare il disagio emotivo in un’istantanea generazionale.
(Ilaria Rapa)
centomilacarie: 7
La Società degli Aperitivi
Samuel Costa torna con un brano che si distingue per la sua pungente critica sociale e tono irriverente. Ci ritroviamo di fronte ad un’analisi acuta e sarcastica della società attuale, che si perde dei riti degli aperitivi mentre ignora le tragedie e le ingiustizie che la circondano. L’artista descrive una società ipocrita e superficiale dove prevalgono l’indifferenza e l’egoismo.
“ Vittime del Vittimismo, ci perdiamo in un bicchiere d’acqua.”
La canzone affronta temi importanti: la politica corrotta, la violenza, la decadenza dell’istruzione, ma lo fa con un tono leggero, rendendo il messaggio ancora più potente.
In “Società degli Aperitivi” Samuel Costa dimostra ancora una volta la sua abilità nel mescolare stili musicali diversi e nel creare testi incisivi e provocatori.
(Benedetta Rubini)
Samuel Costa: 8
Disco/Diavolo Blu
Fuggire dalla monotonia e dalla vita quotidiana è spesso importante e nelle nostre vite per staccare. Questo singolo è un inno alla libertà.
Il brano Inizia con un’immagine di noia e solitudine: “Hei, che ci fai, a bordo della notte, con la cittá che dorme, noia mortale…” La sensazione di vuoto viene contrastata dal desiderio di evasione e dalla speranza di trovare qualcuno di speciale.
Il ritornello con il suo ripetitivo “Steppin to the disco, disco, disco.”, evoca il ritmo ipnotico della pista da ballo, invitando tutti ad unirsi. La discoteca diventa un luogo di trasformazione e di rinascita.
Diavolo blu è la versione house del brano, aggiunge un ulteriore livello di profondità e trasforma il brano in un vero inno notturno. “Diavolo blu” evoca un’immagine misteriosa e affascinante che si muove nella notte, alla ricerca di un momento di gioia e di pace.
(Benedetta Rubini)
North of Loreto & Alex Fernett: 8
Delusional
I Leatherette tornano in scena esplorando il tema dell’innamoramento e della tensione tra sentirsi fuori posto e sentirsi di appartenere.
Capita a tutti di noi di lottare per sentire un senso di appartenenza, per integrarsi in un posto che spesso non ci vuole.
Tutto questo viene cantato in questo brano, che pone al centro la lotta di chi vuole sentirsi desiderato e di chi vuole integrarsi nel mondo di chi ama.
Il brano fonde l’alt-rock degli anni 90’ con influenze contemporanee della musica elettronica e dell’hip-pop.
Ascoltandolo ci lasciamo trasportare dal ritmo ipnotico e incalzante, ci ritroviamo all’interno di un inno che ci invita a ballare e a riflettere, scatenando molta energia.
Le strofe creano una specie di dialogo interiore diretto e crudo, i ritornelli sembrano essere un eco dell’inconscio. Resta il fatto che questo nuovo brano segna sicuramente in positivo la loro carriera e non lascia indifferenti gli ascoltatori.
(Benedetta Rubini)
Leatherette: 8
Giovanni
Ci ritroviamo in un viaggio attraverso vite fuori dall’ordinario, un racconto corale che si snoda tra personaggi che sembrano usciti da un romanzo. Fazio ci presenta una serie di simpatici miserabili, che nonostante le loro debolezze ci conquistano.
Ogni personaggio riflette una parte dell’autore stesso, Giovanni, il protagonista è un uomo sfinito che non riesce a trovare il suo posto nel mondo. Tutto si gioca tra la consapevolezza di essere sbagliati e il desiderio di essere accettati.
Musicalmente è una ballata che riprende il cantautorato, ci colpisce per la sua sincerità e capacità di raccontare storie di vite con ironia e malinconia. Giovanni possiamo essere tutti noi, ascoltando questa canzone sembra di immergersi in un libro in cui noi diventiamo i protagonisti.
(Benedetta Rubini)
Fazio: 7,5
Dell’io delle cose
“Dell’io e delle cose” è il manifesto del nuovo album di MASEENI.
Il brano – che dà il titolo all’intera opera – prende per mano l’ascoltatore e lo accompagna alla soglia di una nuova dimensione che il cantautore romano vuole raccontare attraverso un immaginario e un sound terreno e allo stesso tempo celestiale.
Un limbo che ci invita alla ricerca, una ballata psichedelica che dalla superficie scende verso le viscere e ci ricorda che in fondo luce e oscurità sono la stessa cosa. Una nuova forma di spazio e tempo dove la verità si sgretola nella sua pluralità, regalandoci una nuova percezione dell’io e delle cose.
Maseeni: 8