Perché “Volevo essere un duro” rappresenta la forza della normalità?

Perché “Volevo essere un duro” rappresenta la forza della normalità?

Ci sono bambini che dormono tutto il tempo mentre altri piangono e si lamentano, fanno i capricci e levano il sonno ai genitori. Poi ci sono quelli più tosti, che crescono con la voglia di spaccare il mondo, senza nessun tipo di paura, e non cambiano idea nemmeno davanti a una punizione o minacce di castighi. Iperattivi, furbetti e dispettosi, pronti sempre a combinare ogni genere di marachelle. Altro che buonanotte per queste piccole pesti, invece di contare le pecore giocano con le ombre a fare il lupo che mangia persino il contadino.

Da grandi si dice spesso che l’abito fa il monaco e che questi monelli diventeranno delinquenti, contro la legge e contro il mondo. Un po’ di anarchia, libertà e voglia di rivoluzione però è presente anche dentro Lucio, proprio adesso sta per salire sul palco. Non quello dell’Ariston, al festival di Sanremo, come oggetto misterioso davanti al pubblico generalista della TV italiana, fatto di nonne che guardano le serie Rai e di ragazzini che sognano d’imitare le popstar, ma su quello della Musica, intesa come arte e spazio fantastico, teatro della fantasia.

Il festival della canzone a cui tutta l’Italia si affeziona questa volta ci presenta un personaggio sincero e autentico che con la sua chitarra e il pianoforte arriva pronto per entrare in tutte le case per dare una lezione di normalità. Ma in punta di piedi, senza voler disturbare chi mangia cena o chi sta litigando come ogni sera per futili motivi.

Davanti alla semplicità, l’essere umano ha la capacità di rimanere affascinato già al primo istante, ma poi cerca sempre di complicare le cose, aumentare l’ego e l’autostima cercando successo in missioni suicide, difficili e assurde con la voglia di dimostrare di avere persino dei super poteri. Sembra quasi una vergona o un difetto avere le stigmate della persona tranquilla con una vita che da A arriva ad un punto B, facendo sì un percorso di piccoli sacrifici, ma ricchi di soddisfazione.

Vivere la vita è un gioco da ragazzi dicono spesso le mamme e i nostri genitori, che allo stesso tempo si preoccupano di curare le ferite, sgridando i figli. quando, incoscienti giovani, salgono sugli alberi e poi cadono, rimanendo sbucciati.

Gli errori e le cadute sono però delle lezioni che permettono di capire che non si può passare tutti gli anni protetti in una bolla, anzi prima o poi diventa inevitabile farsi male. Allora sta all’intelligenza e alla cautela delle persone sentire oltre a quale livello di sopportazione si può arrivare, quanto e quando è importante prendere precauzioni.

Ecco salire sul palco dell’Ariston con la faccia piena di cerone, un caro amico vicino e una canzone che parla di Robot, lottatori di Sumo e cani lupo alla stazione di Bologna poteva essere una scelta folle, un salto nel buio che invece si è dimostrato un atto di coraggio che va fuori dal tempo, e forse supera e distrugge logiche di mercato sature da meccanismi più digitali che umani. Qui i sentimenti e le emozioni funzionano perché non sono belle parole messe lì per sfruttare la rima o l’incastro tra due lettere che suonano bene insieme, sono un racconto di un nuovo modo di crescere e di capire cosa voler diventare da grande.

Il fascino del male crea curiosità, in questo mondo violento si cerca persino di evitare le paure, scappando dentro esse in modo da evadere da tutto ciò che sembrano argomenti da sfigati, ma la poesia si può trovare dentro le imperfezioni della luna o nel troppo sole che brucia sugli occhiali.

La felicità di Lucio che canta la sua canzone è la gioia di un duro che capisce che ad un certo punto bisogna scegliere di ascoltare il cuore, e che c’è bisogno di baci. Non serve a nessuno mostrare i muscoli e scappare dagli abbracci oppure strappare i fiori perché si ci può pungere con le spine.

E allora da domani basta esaltare la violenza, il narcisismo di chi gioca con i sentimenti convinto di essere lui la gallina dalle uova d’oro, bisogna trovare il coraggio di essere normali. Non serve essere un duro per essere felici. Si se ne accorgerà prima o poi anche quel bambino monello che fa sempre capricci, che  dopo avere accettato la paura del buio scoprirà  che far a botte può provocare conseguenze.

Allora meglio trasformare una stella in uno starnuto, essere cintura bianca di Judo o rincorrere non il tempo perso, ma quello che si è lasciato indietro.