Ambulanza | Indie Tales

Ambulanza | Indie Tales

Durante la notte, nel silenzio del mondo, ci sono i pensieri che fanno rumore: a volte stimolano domande che portano a preoccupazioni, o alla ricerca di via di fughe immaginarie da cui non riuscirà mai scappare dentro un letto troppo piccolo. Il sonno altre volte viene smosso dalla voglia di percepire qualcosa di nuovo, ripensando a certe conversazione fatte magari il giorno prima davanti ad un bicchiere di vino, dove, un po’ ubriachi, si provava a capire il senso della vita e, alla fine, si rideva. Si rideva e basta, senza avere l’obbligo di analizzare il momento. La ragione pretende sempre troppe spiegazioni.

Sopra una collina, si poteva vedere questa città dall’alto. Guardandola sembrava sempre di più un mostro coperto da una nuvola di smog, anche se laggiù, con la giusta attenzione si scopre il mare. Le onde sbattono con tutta la loro forza contro gli scogli, consapevoli o meno del loro destino, scelgono di andare oltre e farsi male. Così all’infinito, rendendo bellissimo il panorama per due amanti che si baciano.

Il rumore di una sirena d’ambulanza che passa, a tutta velocità, lo aveva risvegliato dai suoi pensieri. Dal ricordo di quel momento felice riportandolo alla realtà. Il suono lo aveva allertato del pericolo e soprattutto gli aveva provocato una strana inquietudine. Proprio lì, dove il dolore diventava non qualcosa di fisico, bensì di mentale.

Lui senza dubbio stava bene, o meglio così era all’apparenza. Aveva il suo lavoro e le sue amicizie, ma dentro qualcosa lo rendeva instabile. L’apparenza lo rendeva forte, allo stesso tempo si percepiva fragile. Quello che provava all’interno e lo smuoveva provocava una certa fatica. Era una lotta continua, principalmente contro se stesso. Per andare oltre, e sentirsi migliore, poneva le sue speranze negli altri, nelle relazioni. Sentiva il bisogno di danzare sotto la luna piena, non di accontentarsi di ballare con la solita canzone di sottofondo. Era affascinato dall’incertezza, dalla curiosità di quelle anime confuse con dei grandi occhi verdi che brillano ancora nonostante un certo dolore che si trascinano dentro. Lui era interessato alla scoperta o meglio, come preferiva definirla cercava la poesia.

Quel vuoto eterno però sembrava non finire mai, anche l’inverno stava salutando mentre le giornate più lunghe stimolavano, in maniera beffarda, alla felicità. Ma lui non lo sapeva il momento dove tutto era cambiato. Nulla sarebbe stato più come prima. Non voleva chiudere un cerchio con il passato, ma creare una nuova strada dove andare verso il futuro. Qualcosa, era successo. Forse all’improvviso o probabilmente sedimentato dalle esperienze e dal tempo. Piccoli gesti che sommati avevano scavato ferite, impossibili da rimarginare in maniera chirurgica.

Ma il rumore di quell’ambulanza, un Nino Nino secondo i bambini, era stata una sveglia per la sua inquietudine. Si qualcun in quel momento stava sicuramente peggio di lui, forse in lotta tra la vita e la morte, ma i medici erano impegnati per cercare una cura, mentre lui commetteva sempre lo stesso errore. Quello di credere all’amore. Si diceva ok stavolta non ci casco più e poi rinasceva sotto i tramonti, dentro le osterie o su qualche isola sperduta, sempre insieme a qualche persona che si presentava come giusta al momento sbagliato o viceversa.

Lui aveva l’esigenza di agire, di non perdere il tempo, anzi voleva rincorrerlo, pronto a donare tutto se stesso per un bene comune. Una felicità molto teorica, fragile e forse esagerata. Una fonte di energia che poteva sembrare carica di responsabilità e portare persino alla fuga. Scappare via con le sirene spiegate davanti ad una possibile richiesta di pace era il suono che allarmava il silenzio delle altre persone.

Nonostante tutto però lui continuava a credere a certi sentimenti e certi sguardi. Proprio così il suo male diventava sempre più incurabile. E allora quale medicina cercava a questo amore disperato? Troppo tardi per pensare. E forse chissà se il diavolo e la tentazione si ripresentavano sempre con un sorriso innocente, scudo di una certa timidezza. O magari sotto forma di una sigaretta senza accendino. Oltre al passato anche il futuro apriva una via sulle possibilità.

“Le ore perse ad aspettare un segno non ritorneranno più vero?” Continuava a domandare alla notte. Ma allo stesso tempo, sapeva rispondersi che domani sarà un nuovo giorno e chissà cosa succederà. Dal suo cuore usciva luce, troppa luce per contenerla all’interno.

In queste rivendicazione e domande la sua preghiera era sempre la stessa e suonava così: “Nascondimi da qualche parte amica mia”.

RACCONTO LIBERAMENTE ISPIRATO AL BRANO “AMBULANZA” DI LEPRE