“Conoscere: il tempo da riscoprire” | FASK X Indie Talks

PH: Andrea Venturini

“Conoscere: il tempo da riscoprire” | FASK X Indie Talks

Salve a tutti e Salve a tutte, noi siamo i Fast Animal And Slow Kids  e veniamo da Perugia!: sappiamo tutti che questa frase è un must have della band, sicuramente però non conosciamo tutto quello che c’è dietro alle loro canzoni, parole e musica che si mischiano alle varie esperienze e stagioni della vita dei componenti di questo progetto.

“Hotel Esistenza”, l’ultimo album in studio, è un viaggio all’interno di sentimenti, sensazioni e ricordi che vengono chiusi dentro le stanze della vita stessa, diventando, forse un qualcosa di nuovo, che può essere abitato non solo dall’artista ma anche dagli ospiti che bussano alla porta.

Gli alberghi son intesi come luogo di relax e di rifugio, letti comodi nei quali si può cercare riparo o si vuole scappare immaginando l’avventura del giorno successivo, in un viaggio a tappe che porta alla scoperta e alla curiosità.

Nel gioco a premi del tempo potranno succedere un sacco di cose, l’importante è trovare la voglia di scoprire, indagando il mondo guardandosi non solo intorno, lasciandosi ammaliare dalla bellezza, cercando però di non dimenticare di rispondere a domande che lasciano dubbi atavici, come quelle che riguardano il chi siamo noi, fragili esseri umani, e cosa vogliamo davvero essere.

 

PH: Andrea Venturini

FASK X INDIE TALKS

Aspirate davvero ad una vita normale?

Per poterti rispondere in realtà la prima cosa da fare sarebbe capire davvero cosa significhi “normale”. Per noi normale è, per esempio, andare in giro tutto l’anno, salire su un palco, chiudersi in uno studio di registrazione e suonare di notte da soli dentro casa fino alle cinque del mattino. Vista da fuori può sembrare una roba chissà quanto particolare ma per noi, che ci siamo dentro, è semplicemente la quotidianità.
Se per “vita normale” quindi si intende quell’insieme di situazioni/lavori/cose che, possibilmente senza giudizio esterno alcuno, ti fanno star bene, allora si, la stiamo ricercando profondamente.

Qual è il pensiero ricorrente prima di dormire?

Cosa devo fare domani? Cosa non ho fatto oggi? Mi sono dimenticato di chiamare quelle persone. Chissà se riesco a costruire una barca fatta di bottiglie. Il Rio Delle Amazzoni è navigabile al contrario? L’albero di giuggiole dietro casa si è seccato. Vorrei scrivere una canzone bella come quella che ho appena ascoltato. E se tutto questo finisse io cosa farei? Devo andare in palestra. Devo fare la spesa. Come si trova la felicità? Non ho sonno ma devo provare a dormire.

E così via, in forma sempre più intrusiva.
Fino a quando non svengo dal sonno e tutto questo si ferma per un po’ di ore.

Quando si ha la sensazione di sentirsi fuori posto, come si fa a cambiare direzione?

Si chiude la porta, si accende la macchina e si va in montagna da soli (con accortezza). Camminare fa riflettere. Se dopo qualche giorno di solitudine sono ancora dell’idea che la direzione è sbagliata, allora prendo e la cambio senza rimorso alcuno. Abbiamo troppo poco tempo da vivere per rimanere impigliati nelle aspettative o nei ricordi.

PH: Andrea Venturini

È difficile scegliere da che parte andare?

Si. È già difficile scegliere cosa mangiare per colazione, figuriamoci nella scelta di una via. L’unica cosa che abbiamo imparato è che devi puntare alla felicità, punta verso quella, non si sbaglia (quasi) mai.

Sei ore racconta una distanza da una persona o da una città?

Da un ricordo.
È una canzone che ci rimanda a momenti vissuti ben precisi ma che non sono importanti, istanti di vita perfettamente nitidi che sono quasi inutili nel racconto della vita stessa. Come quando studi per un esame: non sottolinei di proposito quella parte fra parentesi ma poi, per qualche strano scherzo della mente, diventa la prima cosa che dici alla professoressa.

Credete che ci sono viaggi che possono cambiare il punto di vista sul mondo, avete qualche esperienza da raccontare?

Qualsiasi viaggio. Anche il più banale, anche nelle montagne dietro casa o al mare a Gallipoli. Il senso sta nell’interpretare il significato della parola “viaggio”: per me il viaggio è, molto sinteticamente, un’avventura, un qualcosa di variabile, di imprevedibile, che mi costringe a prendere quello che arriva con leggerezza, che mi sprona a gestire gli imprevisti e mi spinge verso nuove situazioni, nuove quotidianità, che inizialmente pensavo non potessi mai accettare. Il viaggio mi spiega che la mia vita potrebbe essere infinite volte diversa da quella che è oggi e così mi libera dalla catena del “devo fare questa cosa” che si trasforma invece in un “voglio fare questa cosa”, altrimenti farei qualcos’altro.

E allora ci sarebbe da raccontare Muktinath in Nepal, la Manali-Leh in moto in India, il Giro dei sibillini in cinque giorni o i corni del gran sasso in quattro, la Scozia senza pioggia, il Giappone fra concerti e negozi di dischi, l’Alaska da solo a guardare le querce o i serpenti nella giungla pluviale del Nicaragua ma dopo si fa troppo lunga.

Anche i luoghi hanno le loro stagioni?

Beh si. Per esempio Perugia d’inverno ti fa sentire medievale, d’estate trabocca d’energia e vuoi sederti al tramonto in mezzo a mille persone.

 

PH: Tommaso Piscitelli

Potremmo definire il palco come il vostro santuario?

Se non fosse che questa parola rimandasse un po’ troppo ad un contesto religioso e formale, potrebbe anche starci.
Ma dato che è così, io preferirei definire il palco come un bel cartone animato, tipo quelli della Pixar. È un parco giochi per bambini ma progettato e pensato da adulti, che quindi cercano di mettere in campo una libertà pura, istintiva, primigenia, ma con la coscienza di chi ha visto e vissuto già una grande parte del viaggio.

Quali stanze della vostra vita avete riscoperto con questo disco?

L’amore, la noia, la solitudine, la paura, l’insoddisfazione, il sogno, la speranza, la fine.