Luca Lazzaroni

Luca Lazzaroni: “Memoria” è dove nasce la mia musica | Intervista

Luca Lazzaroni è un cantautore e producer romano.
Dopo anni di vita e di esperienza nella scena musicale londinese, ha deciso di tornare a casa, scegliendo  di esprimersi per la prima volta in italiano.
Le influenze musicali, che vanno dai Radiohead a James Blake per la musica anglosassone e Battiato per la musica  nostrana, si fondono in un sound intimo e trasognato.

Tutto questo emerge nel suo primo singolo, Memoria, uscito oggi.
Il brano, autoprodotto, vuole raccontare gli stati d’animo, le incertezze e le sicurezze che lo pervadono.
La pluralità delle sensazioni descritte è evidenziata dalla diversità di generi che caratterizzano il brano, sfumature diverse che si combinano tra di loro, rappresentando così la memoria stessa come un flusso non uniforme.

Il suo singolo di debutto inizia con una riflessione di Pasolini sulla società moderna e il ruolo degli artisti,  aprendosi a sfumature rock elettroniche intervallate da un rap moderno e pungente. La Memoria diventa una prigione nella quale chiudiamo noi stessi, ma allo stesso tempo è il luogo dove possiamo ripescare i nostri ricordi felici.

Memoria è l’inizio di questo percorso che Luca Lazzaroni vuole fare senza paura di dover scegliere un preciso genere musicale. Il coraggio di sperimentare è la strada che ha voluto intraprendere per arrivare a creare qualcosa di unico e nuovo.

INTERVISTANDO LUCA LAZZARONI

Qual è l’unicità di Luca Lazzaroni come artista?

I capelli rosa.

No, a parte gli scherzi (anche perché Bello Figo me li ha copiati palesemente), credo che la mia unicità si possa trovare nella schizofrenia che caratterizza le mie canzoni.

I diversi generi con cui mi sono confrontato negli anni mi hanno permesso di mettere insieme una sorta di puzzle che oggi è la mia musica.

Solitamente non scelgo un genere per la canzone che andrò a scrivere, ma è la canzone stessa a suggerirmelo e a volte me ne suggerisce più di uno.

Nonostante questo il fatto che possa produrmi da solo mi aiuta a mantenere coerenza e identità di sound in tutti i miei brani.

Hai vissuto a Londra e ora sei tornato a Roma. Ti mancava l’Italia?

Eh si, devo ammetterlo.

Quando sono partito credevo di poter provare solo rabbia verso la mia casa. Pensavo che non ci fosse modo di essere capiti e che nessuno volesse farlo.

Poi mi sono reso conto che queste sensazioni non erano legate ad un luogo, ma a me stesso. E non era scappando da chi ero che le avrei risolte.

Mi sono accorto del fatto che Londra, parafrasando Guccini, mi stesse dando tutto, ma che quel tutto fosse ancora poco, quindi ho deciso di ristabilirmi a Roma con la promessa di tornare il più possibile su (Brexit e soldi permettendo), per continuare a prendere un po’ da entrambe le città.

All’inizio del brano riprendi un discorso di Pasolini. Come mai questa scelta?

Nel discorso che ho scelto, Pasolini risponde ad una critica che gli era stata mossa secondo la quale, nonostante la sua avversità nei confronti della società capitalistica in cui viveva, stesse facendo comunque uso delle produzioni che la caratterizzavano.

Lui, a mio parere giustamente, dice di essere costretto ad utilizzarli in quanto unici mezzi disponibili per fare arte.

Allo stesso modo, quelle che prima erano restrizioni causate dalle produzioni, oggi sono causate dagli artisti stessi.

Secondo me, la libertà di esprimerci attraverso i social, non ci sta portando ricchezza e diversità né di contenuti né di generi musicali. Siamo chiusi dentro noi stessi.

Per questo mi sono sentito di utilizzare le sue parole, in modo da giustificare l’appropriarmi di qualcosa che non era mai stato mio, come il rap, e arrivare a tutti portando dei contenuti diversi.

Luca Lazzaroni

Memoria finisce con correvo via, senza ilarità. La musica è un modo per scappare da qualcosa?

A volte si, a volte è quello da cui scappo. A volte la odio perché non mi capisce, o io non capisco lei.

Questo è il bello della musica per me: a volte è l’espressione di ciò che mi ispira, a volte è ciò che mi ispira, a volte è ciò che mi fa stare male.

In qualche modo rappresenta la parte più umana di me.

Hai dei ricordi che non riesci a dimenticare, anche se vorresti?

No, anzi, vorrei poter ricordare anche di più. Odio dimenticare le cose, e mi capita spesso. Penso che i ricordi, anche quelli più brutti, alla fine possono tornarci utili.

A volte per provare a non ripetere degli errori, a volte per ripeterli con una consapevolezza diversa.

Luca Lazzaroni

Se potessi scrivere una lettera a te stesso preferiresti indirizzarla al Luca del passato o del futuro? Perché?

Una al Luca del passato per convincerlo a porsi degli obiettivi e non essere pigro. Una al Luca del futuro per vedere quanti degli obiettivi è riuscito a realizzare.

Ma, se proprio devo scegliere, una al Luca che verrà tra una mezz’oretta per ricordargli di stendere i panni.

Fare trap è fingere di avere o di essere qualcosa solo per fare soldi?

Duchamp è famoso per la sua opera  Fontana.Un gabinetto ribaltato dove la funzione di orinatoio viene eliminata.

L’oggetto che inizialmente aveva un’utilità diventa, quindi, arte.

Se oggi riproponessi la stessa cosa, potrebbe la mia fontana essere considerata arte?

Allora diciamo che la trap è arte fin quando a farla sono quelli che davvero la rappresentano, se la si fa (senza essere uno di loro) con la pretesa di sentirsi artisti, allora è fingere di essere quello che non si è.

Se la si fa e si riesce a cambiarla, si è quel che si dice di essere. Se i contenuti sono sempre gli stessi proposti, che tendenzialmente possono riguardare l’avere soldi, donne e vestiti, non solo si finge di essere, ma a volte si finge di avere. Diciamo che è difficile farla ed essere veri nel 2020, ma chi ci riesce può essere bravo.

Scusate per la risposta da boomer.

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