Martix: “Uniti, possiamo farcela” | Intervista

Martin Avena, in arte Martix, nasce in Svizzera e approccia alla musica come DJ. Ben presto la vena cantautorale comincia a pulsare e comincia a scrivere canzoni, coltivando un’altra sua grande passione: la radio. La città di Bologna lo accoglie a braccia aperte ed è un amore ricambiato a tal punto da sentire fortemente, più che da autoctono, la terribile strage del 2 agosto 1980. Un ricordo talmente indelebile da essere protagonista del suo ultimo singolo “Le rose”, uscito il 31 luglio. Nel brano è la memoria della strage, ma anche un invito a coltivare l’amore, che è l’unica cura alla malattia di cui è affetta la nostra società da ormai troppo tempo.

Intervistando Martix

Ciao! Nasci come dj, com’è avvenuto il passaggio al cantautorato?

Hoo sempre ascoltato tanta musica cantautorale, suppongo che questo abbia influenzato molto le mie scelte artistiche. Ad un certo punto ho sentito l’esigenza di dire la mia.

Nato in Svizzera, ma legato alla cultura Italiana. Soprattutto alla città di Bologna, città che il 2 agosto 1980 è stata protagonista della nota strage, a cui è dedicato il tuo ultimo singolo “Le rose”. Come mai sei così legato a questa città?

Le mie prime esperienze musicali le ho vissute proprio a Bologna, con Ricky Rinaldi (Ohmguru, Aeroplani italiani), Gaetano Pellino e un gruppo di altri amici. Sono stato accolto da questi grandi artisti con molta naturalezza, perché Bologna è una città viva, accogliente, che ha sempre dato molto alla musica. Per questo la trovo semplicemente adorabile.

“Nella semplicità delle cose coltiverò le mie rose”. È un modo per vivere bene nonostante il male che inevitabilmente ci circonda?

Probabilmente sì, ognuno di noi ha delle “rose” da coltivare per stare bene in questo mondo così complicato.

Nel videoclip si alternano paesaggi industriali e altri naturali, come il mare e rami di fiori. Cosa vuoi esprimere con questo tipo di immagini?

Per quel che concerne il video, ho lasciato la scelta della maggior parte delle immagini al regista Mirko Aretini. Il suo talento è tale da non dover ricevere consigli da me. Il risultato è proprio quello che mi aspettavo e sono davvero contento.

Negli anni 90 hai lavorato in una radio privata ticinese, Radio 31. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza?

Io adoro la radio, è un mezzo di comunicazione intramontabile. Spesso sembra in crisi, ma in realtà si rigenera sempre. La mia esperienza radiofonica è talmente lontana nel tempo che oggi è un piacevole ricordo a cui sono molto affezionato.

Nonostante la critica alla società odierna che emerge dal brano “Le rose”, ritieni di avere una visione pessimista o positiva del futuro?

Io credo nel futuro, non ho una visione pessimista della vita. Sicuramente c’è molto da fare per perfezionare tutto quello che non va, però in fondo siamo qui anche per questo. Uniti ce la possiamo fare.

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