Spiccioli: l’eterno gesto d’amore e abitudine di Stagi

“Una canzone annoiata e superflua”. Così Stagi sintetizza la sua analitica propensione al nichilisimo in quella che è Spiccioli, singolo pubblicato lo scorso 11 settembre per La Clinica Dischi.

Il cantautore ligure intavola con noi un simposio sulla corrente del tempo che passa e sullo spazio dell’amore. Questa volta siamo a Verona, e tra polaroid e strisce blu, Stagi ci racconta una storia d’amore che si reitera nell’infinito riempire di monetine ramate un parchimetro sotto casa della persona amata. Sarà forse questo gesto compiuto in eterno a fargli scovare la noia e l’abitudine di un rapporto giunto al capolinea?

Intervistando Stagi

Ascoltando Spiccioli, la prima idea che mi suscita è quella di un amore a distanza, quello per cui si contano prima i secondi e poi i chilometri che ti separano dall’altro e dunque solo alla fine la quantità di spiccioli che ti serviranno per riempire un parchimetro, sperando che ad un certo punto la sosta diventi gratuita. Quanto di queste immagino possono rientrare nella tua “se tu fossi un parchimetro ti riempirei di spiccioli”?

Sono tutte immagini che possono rientrare nell’immagine della canzone, però io dico chiaramente che sarei disposto a indebitarmi: so benissimo che non posso sperare che i parcheggi diventino da un giorno all’altro gratuiti, quindi mi adeguo.

In Spiccioli predomina la stasi, un otium (scegli tu se letterario o no), motivo per il quale si rimanda a domani quello che si potrebbe fare oggi. Quali sono state ultimamente le cose che ti sei ripromesso di portare a termine ma che ancora restano lì nell’attesa di giorni migliori?

Sono tante le cose che procrastino, hai centrato perfettamente il punto. Penso però sia un problema sociale oltre che personale, definirei la nostra come la generazione dell’indifferenza e dell’autentico nichilismo.

L’inesorabilità del tempo che passa, a mo’ dell’orologio di Dalì che diventa fluido, la vivi come qualcosa che ti opprime o nei termini di una trasformazione, in questo caso, personale e musicale?

Senza dubbio il tempo che scorre porta a dei cambiamenti, delle mutazioni, volute o meno. Questo è ciò che gli antichi chiamavano ghenesis, il divenire: è un fatto che deve essere accettato e fatto proprio, se non lo si vuole vivere inesorabilmente come un cruccio.

Precedentemente pubblicavi la tua musica sotto un altro pseudonimo, femminile, cioè Eleonora: questa transizione, letterale in tutti i sensi, è stata il corrispettivo di un cambiamento anche nella produzione musicale?

No. Più semplicemente, volevo smettere di nascondermi dietro a un nome inventato di sana pianta.

Il video di Stalattiti è stato generato dall’occhio e dalla videocamera di Francesco Quadrelli, che racconta una storia bella e struggente allo stesso tempo, perché vera. Hai già in mente, registicamente parlando, come potrebbe essere il video del tuo ultimo singolo?

Grazie per i complimenti! Dovete comunque rivolgerli a Francesco: io, purtroppo, mi intendo poco di regia e sceneggiatura, intendo lasciare carta bianca, almeno per l’idea iniziale, a chiunque voglia lavorare con me per un videoclip. Sicuramente sarebbe un corto stanco, sfocato, lento, colmo di immagini forti.

Dopo aver aspettato circa un anno per partorire il tuo secondo genito sotto il tetto della Clinica Dischi, sai già quando potrà esserci spazio ad un nuovo nascituro?

Sicuramente dovrete aspettare meno!