Foto di Stefano Bazzano

Cimini: “Vivo con la necessità di trovarmi” | Intervista

Di Filippo Micalizzi

Quando hai qualcosa da dire è necessario che tu faccia il possibile per far sì che le tue idee raggiungano più persone possibili. Questa è stata sempre una prerogativa per CIMINI che 10 anni fa ha lasciato la sua Calabria per raggiungere Bologna alla ricerca di sé stesso e di un bagaglio culturale da riempire.

Una ricerca che al momento non ancora è terminata e che di fatti rappresenta per CIMINI il motore che alimenta l’evoluzione della sua carriera artistica.

Dopo l’uscita del suo secondo disco “Pubblicità” e dopo un tour estivo, CIMINI è tornato a solcare i palchi (almeno nei mesi in cui si è potuto o si potrà organizzare eventi live), con Karaoke Tour, una forma concerto che si distacca dal classico format degli eventi di musica dal vivo.

I live di Cimini sono in realtà feste catartiche incentrate sull’inclusività del pubblico, proprio per far fronte ad un periodo storico che ci vede sempre più distanti l’uno dall’altro.

INTERVISTANDO CIMINI

Attualmente sei in giro con il Karaoke tour: una grande festa, uno show con il coinvolgimento diretto del pubblico. Com’è nata l’idea di voler creare in esperienza di questo tipo?

È nata in maniera molto confusa. Mi trovavo una notte con il mio Booking Agent, passavamo una serata come quelle che si passano di solito a Bologna, cioè sbronzandoci [ride, ndr]. Tornati a casa mia lui mi dice: “Senti Fede, qui però è importante che tu parti con un tour per questo autunno visto che le cose stanno un po’ ripartendo. La cosa migliore è fare un tour voce/chitarra e voce/piano”. Io che onestamente in quel periodo iniziavo a vedere un po’ di concerti di questo tipo gli ho risposto: “Guarda, non ho voglia di fare una cosa del genere, piuttosto faccio un karaoke”.

Dal giorno dopo effettivamente si è iniziato a lavorare su questa idea. Abbiamo deciso quindi di fare un concerto diverso dal solito, abbiamo deciso si spostare l’asticella da concerto a spettacolo. Di inglobare un po’ di idee che facessero sì che questo concerto diventasse poi una grande festa. Abbiamo utilizzato pochissimi concetti. Quello più utilizzato è stato il concetto di inclusività, in cui tutte le persone potessero fare qualcosa, sfogarsi. Perché secondo me, il sentimento che ci unisce in questo momento è quello di sentirci in qualche modo liberi. Da qui l’idea del karaoke.

Chi è venuto ai concerti, non posso spoilerare troppo, sa che non è uno spettacolo karaoke classico, non si basa solo su cover a scelta. È uno spettacolo teatrale che prende il karaoke, lo distrugge fino ad arrivare al suo lato più cringe. Quello di cantare tutti quanti in un’esperienza mistica di sfogo consensuale.

In ogni cosa che fai, non è un segreto, c’è sempre un po’ di Battiato dentro. Dalle canzoni, ai concerti, fino ai videoclip. Che impatto ha avuto dal punto di vista artistico, e più in generale sulla tua vita?

Diciamo che nell’ultimo anno Battiato si è un po’ impossessato di un momento artistico che stavo vivendo. Tutto ciò che negli ultimi otto mesi mi sono trovato a vivere culturalmente, era un po’ permeato da Battiato. Dagli ascolti iniziali che ho fatto, che mi hanno poi portato a scrivere la canzone “Karaoke”, dove cito “Cuccurucucu”.

Fino ad alcuni momenti che ho vissuto, come un’intervista in cui dovevo presentare “Karaoke” e il giorno stesso apprendere la notizia della sua morte. Insomma, me lo sono trovato sempre “in mezzo ai piedi” diciamo [ride, ndr]. Ovviamente lui non è la mia sola ed unica influenza, però questo periodo risente di Battiato e non so perché. Forse non mi piace dare una risposta a questo interrogativo. Perché per fortuna c’è, e mi sta scaldando il cuore in un anno molto particolare che ricorre i 40 anni del suo disco più bello secondo me che è “La voce del padrone”.

Infatti con Garrincha lo avete omaggiato proponendo “La Vibe del Padrone” …

Ecco, tra l’altro è uscita anche “La Vibe del Padrone” in maniera quasi casuale. Perché sarebbe uscita comunque. Garrincha è solita fare ogni tanto delle riedizioni. Come successo con Lucio Dalla qualche anno fa, e adesso con “La Vibe del Padrone” per celebrare la bellezza di determinati dischi. Insomma, anche questa cosa si è ritrovata dentro di me. Io sono figlio forse della musica italiana. Sono andato sempre un po’ a periodi, ascoltando Ligabue e poi pian piano ho scoperto Rino Gaetano, Dalla, Battiato e tutti gli altri. In questo periodo sono felice che questa presenza metafisica mi riscaldi un po’ le giornate.

Spesso parli di temi seri ed impegnati usando un linguaggio scanzonato e intriso di citazioni.

Pensi che senza questo tipo di leggerezza, sarebbe più complicato far avvicinare le persone a certi temi?

Questa cosa riflette molto me stesso in realtà. Cioè, sicuramente è una chiave di linguaggio, però non è un modo per fare indorare la pillola. È proprio il modo in cui io lo spiegherei nella maniera più seria possibile. Mi piace ragionare per immagini e per metafore un po’ dirette quando si può parlare di umanità, politica o chissà di quali temi. Sono una persona molto informale, questa cosa mi piace perché credo che il modo migliore per farmi capire sia quello di mettermi a nudo.

Quindi nelle canzoni spesso racconto di me stesso per raccontare delle tematiche più importanti. Parlo di “Tirreno”, ad esempio, per far capire che ognuno è il terrone di qualcun altro. Parla della storia della mia vita e probabilmente della storia di altre persone che come me, sono partite dal sud per andare al freddo del nord. Per far capire che se fossimo stati bene nella nostra terra probabilmente non ce ne saremmo andati. E da qui capire che tutte le migrazioni di base hanno questa idea.

Uno non scapperebbe mai dalla Tunisia se non ci fossero molte guerre. Questo esempio per dire che in tutte le canzoni in cui ci nascondo un messaggio serio, per quello che mi riguarda, hanno bisogno di questa nudità. Che rappresenta me e anche la crudezza di un argomento.

Te ne sei andato dalla Calabria a 18 anni in cerca di te stesso e di nuovi stimoli. Dopo 10 anni e due dischi, puoi dire di aver trovato finalmente il CIMINI che stavi cercando?

Per fortuna no! Anzi, il giorno in cui mi troverò, probabilmente smetterò di scrivere. I motori che mi portano avanti sono due o tre: uno sicuramente il pubblico che mi da forza ogni volta che mi sento capito. L’altro, che forse sta anche al primo posto, è la continua ricerca di me stesso. Ricerca quasi frustrante. Io mi trovo a scrivere quando sono arrabbiato, quando sento qualcosa che non va, quando ho bisogno di condividere col mondo la mia frustrazione.

Poi escono delle canzoni che la gente giudica da un ascolto su Spotify, e di questo non me ne frega. Di base la necessità che mi porta a scrivere è molto più profonda. Non è l’idea di diventare sempre più famoso e sempre più ricco con le canzoni. C’è proprio la necessità di prendere una penna e un foglio, scriverci su, prendere una chitarra e suonarla. Perché in quel momento vivo la necessità di trovarmi. Quindi questa continua ricerca è la miccia che mi porta poi a vivere di musica.

Cosa dobbiamo aspettarci da CIMINI per questo 2022?

Guarda, io non nascosto che questa storia del Karaoke mi sta gasando tanto. È una chiave per cui io e il pubblico iniziamo a capirci sempre di più. È un servizio al cittadino, quasi terapeutico, che dopo due anni ha bisogno di urlare. Quindi voglio andare avanti almeno con una seconda parte di questo tour che dovrebbe finire con questo 2021.

Presto per capire come andrà a finire questa situazione epidemiologica in Italia, in base a questa cosa qua capiremmo come e quando annunciare nuove date e come muoverci. Stiamo toccando quasi tutta Italia, speriamo di arrivare anche in Sicilia, spero che ci sarà un’estate in cui tutti possiamo essere liberi. Allo stesso tempo non nascondo che ho ricominciato a scrivere. Per presobenismo o per presomalismo non lo so, però ho ricominciato a scrivere insomma. Dopo un periodo con la testa bassa il collo mi scricchiola e inizio a guardare il cielo, questa cosa mi piace.