Avincola: Alla scoperta della giungla surrealista di Barrì | Intervista

L’arte vive non solo d’individualità, genio, follia, ma anche d’interscambio e contaminazione, Avincola ci dà la conferma.

Il suo nuovo brano nasce da una poesia di Pasquale Panella, conosciuto anche per aver collaborato alla scrittura di alcuni brani di Lucio Battisti, e da un idea di Morgan, genio estroverso, che ha proposto di musicare queste parole.

Se ci fosse anche la possibilità di illustrare questa storia con un disegno salta subito in mente il pennello di Salvador Dalì, dato che varie immagini oniriche si mescolano e gli elefanti, anzi i liofanti, hanno la loro importanza.

Questo barando di zoologia e botanica è pura psichedelia, indie, pop, venature funk con una diapositiva degna dei migliori settanta, a cavallo tra il bianco e nero e il colore, affresco di un sentire moderno, che stringe la mano all’antico.

Barrì è libertà, coraggio, follia una giungla surreale dove tutto può succedere all’improvviso andando ogni regola scientifico e matematica, ispirazione di chi ha necessità di cercare nella cultura il proprio rifugio sicuro.

INTERVISTANDO AVINCOLA

Barrì è un canto di libertà?

Dovresti chiederlo a Pasquale Panella, l’autore delle parole. La libertà poi è un concetto così ampio che può risultare lontano e piccolo, quindi spesso inutile da osservare.
La mia personale impressione su “Barrì” è che ci sia uno scambio di ruoli, suggestioni, esplosioni di colori. La scena epocale di un film dove tutto accade ma forse no…

Sul modello di questa canzone come descriveresti la tua città ideale?

Beh direi evidentemente una giungla. Anche se in realtà io sto benissimo a casa mia. Lasciatemi qui!

Credi di avere delle stranezze per le quali sei orgoglioso?

Mah no, non credo. Siamo tutti normalmente strani e stranamente normali. 

Il surreale che fascino ha?

Totale. Anche se penso che il surreale non esista in fondo. La nostra realtà ci sembra normale perché la viviamo in superfice, ma se scavassimo per bene ci renderemmo conto di quanta surreale c’è nella vita di tutti i giorni. “Barrì” credo lo dimostri.

Ti senti più un timido liofante o una dalia che ha il coraggio di dire quello che pensa senza troppi filtri?

Stai citando “Barrì”! Beh, entrambe le cose direi. Penso di essere un ragazzo timido e insicuro nella vita, forse anche molto noioso, ma nella musica assolutamente no. So quello che faccio e fino a dove voglio spingermi.

Che rapporto c’è tra te e Morgan?

Stima reciproca. Mi piace artisticamente, come persona, come personalità e poi stare con lui è come aprire un’enciclopedia della musica. Puoi aprire liberamente una pagina e sai che dentro ci troverai profondità.

Come collaborano testo e melodia in una canzone?

Per me è fondamentale la dinamica. L’elastico che tiri per creare sempre una tensione. Mi piace che la musica e il testo si sostengano a vicenda. Nel caso di “Barrì” è stato affascinante sostenere il testo di Panella con la mia musica e rendermi conto di come – paradossalmente – il testo sostenesse la musica. Cosa ovviamente illogica in questo caso, dato che la poesia di Pasquale nasceva per essere poesia. Eppure si ha quella sensazione.

A volte bisognerebbe vivere di più e pensare di meno?

Non lo so, l’importante è fare quello che uno si sente di fare. Si vive pensando, si pensa vivendo e va bene così.

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