IL NUOVO ALBUM DE “IL TEATRO DEGLI ORRORI” NON BRILLA COME DOVREBBE

“Il Teatro degli Orrori” è la quarta fatica discografica del gruppo alternative-rock capitanato dal carismatico Pierpaolo Capovilla, che dopo l’esordio infelice come cantante solista (Obtorto collo, uscito del 2014 ndr.) decide di riscattarsi con l’uscita di un nuovo album con il suo gruppo, Il Teatro degli Orrori, da cui il nome omonimo dell’album, considerato da Capovilla e soci come un nuovo disco d’esordio.

Ciò che più colpisce di questo quarto album è la massiccia presenza delle tastiere suonate dalla new entry Kole Laca, alternando sapientemente virtuosismo e dark ambient, che ben si sposano con la voce del frontman, sempre più simile a quella di un attore teatrale, che ad un cantante rock, con un tono ed un accento che a tratti imitano l’impostazione vocale di uno degli idoli di Pierpaolo: Carmelo Bene.

Capovilla

I temi dell’album sono ridondanti, tendenti al massimalismo e al vagheggiamento, con parole a volte sussurrate in maniera colloquiale, altre volte urlate a squarciagola in un impeto di rabbia, il tutto orchestrato dietro le quinte dal basso granitico di Giulio Ragno Favero, dalla batteria pulsante di Francesco Valente e dalla chitarre graffianti dai vaghi richiami noise di Gionata Mirai e di un nuovo chitarrista, Marcello Betelli, che però spesso si perdono in impostazioni che si avvicinano vagamente al progressive rock sempre uguali (‘’La paura’’, ‘’Lavorare stanca’’, ‘’Cazzotti e Suppliche’’, ‘’Disinteressati e Indifferenti’’).
Dai testi ermetici di Capovilla, possiamo comunque comprendere quali siano i temi ricorrenti dell’album, primo tra tutti il lavoro (‘’Lavorare stanca’’) e la politica, senza però mai prendere una posizione determinante, come degli attenti osservatori. Con ‘’Il lungo sonno’’, ad esempio, il gruppo critica la politica cangiante del partito democratico, non a caso il sottotitolo del brano è ‘’lettera aperta al Partito Democratico’’.

“Aspettando che cambiasse il mondo o che cambiassi tu, sono cambiato io e senza accorgermene, adesso sono di destra, non c’è niente da ridere. È come un lungo sonno…”

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Altro brano degno di nota è ‘’Slint’’, decima traccia dell’album, quella che riesce maggiormente ad evocare le atmosfere noise e i suoini martellanti dei lavori precedenti, con un Pierpaolo Capovilla che riesce a trasmettere la giusta dose di sfuriata, lasciando per un attimo le vesti da commediante che aveva assunto per gran parte dell’album.
Nel disco è presente una sola ballata ‘’Una Donna’’, che però non viene esaltata dalla parte strumentale, rimanendo solo una canzone come tante dell’album, in quanto assente di una trama melodica.

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Proseguendo l’ascolto, il brano ‘’Genova’’ è pronto a smentire quanto scritto in precedenza, in quanto sembra l’unico pezzo dell’album dotato di un minimo costrutto melodico. Il pezzo è di chiaro stampo post-rock, purtroppo rovinato dal cantato di Capovilla. L’album si chiude con l’ultima traccia ‘’Una giornata di sole’’, un brano con un intro piacevolmente orecchiabile, che non eccede in virtuosismi, ma al contempo è un tentativo riuscito a metà di Capovilla e soci di produrre un brano commerciale ed orecchiabile per le masse. Con questo lavoro forse i Teatro degli Orrori hanno voluto tentare di porre nel dimenticatoio il loro album precedente (Il mondo nuovo ndr.) dimostrando al loro pubblico che quello è stato solo un incidente di percorso, peraltro assai discusso.  L’album nel complesso è decente, con arrangiamenti azzeccati, retorico ed anarchico quanto basta. Se Capovilla limitasse l’uso di arringhe insensate all’interno dei pezzi sarebbe meglio.

Voto: 5.5

A cura di  Eugenio Iessi

Potete ascoltare l’album tramite il seguente link

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