SVEGLIATITALIA-La storia è già dalla nostra parte.

Non sono mai stata una di quelle bambine che aprivano l’armadio della mamma e si provavano vestiti eleganti e scarpe col tacco, né una di quelle che aprivano il beauty case e si impastrocchiavano la faccia con i trucchi. Avevo più una predisposizione a giocare con le componenti elettroniche di mio padre, coi videogames, e con i Power Rangers. Ma nonostante questo, sono sempre stata donna nel modo di pensare, sognando spesso il giorno in cui avrei indossato il mio abito bianco, o meglio, avorio, accompagnata da mio padre verso l’uomo a cui avrei giurato amore eterno.

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Poi è arrivato il giorno in cui ho smesso di pensare che sarebbe stato un uomo la persona con cui avrei passato la vita, sognando il mio domani con la mia ex fidanzata, immaginando una casa piena di libri, di dischi, di foto di viaggi, di colori rigorosamente coordinati, con il suo Mac e la mia Play Station, i suoi telefilm polizieschi e i miei film sentimentali. Ma soprattutto, quello che immaginavo era una casa piena di amore. Con qualche gatto, un cane grande, e un paio di pargoli.

Adesso una fidanzata non ce l’ho, e neanche un fidanzato. E non mi immagino come sarà il domani. Ma stare con una donna, scoprire l’omosessualità (o bisessualità, perché come disse Callie Torres su Grey’s Anatomy, la “b” su LGBT non ci è stata messa a caso) e con essa la diversità, mi ha fatto imparare la bellezza della tolleranza, della solidarietà e dell’empatia. Io nei panni degli altri non mi ci ero mai messa, prima di trovarmi in panni che non avrei mai pensato di indossare intendo. Sì, ok, avevo una cotta assurda per Lindsay Lohan, ma non le avevo mai dato peso.

Ma comunque non è di questo che voglio parlare. Quello che voglio far capire, che vorrei fosse chiaro, è che quando si sta con qualcuno, quando ci si ama, si sogna il futuro. Ma c’è chi questo futuro lo può sognare concretamente, e chi invece deve strapparsi dalla mente certe idee.

Ecco che cosa significa la manifestazione di sabato: significa combattere per poter finalmente dare una possibilità a sogni reconditi, relegati in fondo al cuore, insieme al vestito bianco, al bouquet di fiori, e a quel riconoscimento sociale che è così dannatamente importante per sentirsi completi. Riconoscere le unioni civili non significa togliere valore al matrimonio, significa riconoscere che l’amore non è un’esclusiva di molti, ma un diritto di tutti.

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Quando stiliamo la lista delle cose più importanti nella vita, solitamente citiamo l’amicizia, l’amore, la famiglia, la salute. Ecco. L’amore, la famiglia, sono un valore aggiunto nella vita delle persone: quello che la comunità LGBT sta chiedendo a gran voce è il diritto ad averne una. Non si tratta di convivenza, non si tratta di amore: quelle nessuno può impedirle per fortuna; si tratta di essere riconosciuti, di avere il diritto e il dovere di essere per il partner qualcosa di più. Per chi certe cose le dà per scontate, sembra assurda l’importanza di poter definire qualcuno “mia moglie” o “mio marito”.

Discorso a parte è quello relativo alla stepchild adoption, che sta suscitando polemiche su polemiche. Bisogna innanzi tutto premettere che l’adozione del figlio del partner esiste già da anni, riconosciuta dalla legge per le coppie eterosessuali. Quindi, conseguentemente, riconoscendo l’unione civile tra persone dello stesso sesso viene naturale che il diritto/dovere venga ampliato. Esistono già queste situazioni, esistono donne e uomini che si scoprono omosessuali dopo aver già avuto una famiglia, ad esempio (e mi permetto di sollevare una parentesi su quanti omosessuali abbiano finto in passato di essere ciò che non erano, per via del pregiudizio). Esistono già le bellissime famiglie arcobaleno. Stepchild adoption non significa solo “utero in affitto”, quella è un’altra storia, e non riguarda solo il mondo omosessuale. Le statistiche dicono che siano molte più le coppie etero con donne sterili a ricorrere a questa pratica, per onore di cronaca. Qui si sta chiedendo per gli omosessuali gli stessi diritti degli eterosessuali, che siano relativi all’adozione, all’inseminazione artificiale, o alla gestazione per altri. Queste pratiche esistono già, questa è già realtà, e non è rinnegando le famiglie omosessuali che verranno interrotte: questo è un discorso di etica personale.

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Infine, per rispondere a chi si vanta di parlare “per il bene dei bambini”, vorrei tranquillizzarli sul fatto che innumerevoli studi psicologici sono stati fatti sull’argomento: i bambini cresciuti in contesti di omogenitorialità non sono soggetti a disturbi psicologici; quello che invece incide sulla loro cresciuta è il pregiudizio cui sono sottoposti. Quindi, “per il bene dei bambini”, inviterei i paladini del “family day” alla tolleranza piuttosto che alle crociate, che di secoli ne son passati e di motivi per cui radunarsi in piazza ce ne sono certamente di più giusti.

E non mi sento neanche di dire che piuttosto che in orfanotrofio è meglio che un bambino cresca con due papà o due mamme: non è questo il motivo per cui aprire alle adozioni omosessuali, non è per il “meglio di niente”, ma per il “una famiglia è una famiglia”. Perché di questo si tratta. Essere famiglia.

Per concludere, faccio un ultimo appello. La storia, mossa dall’empatia, ci ha insegnato che non serviva essere schiavo, essere donna o essere nero (per citare due grandi battaglie) per combattere per i diritti dei discriminati. Per questo è importante che tutti partecipino, che non siano solamente gli omosessuali a protestare. Un mondo in cui tutti siano felici sarebbe un mondo migliore. Per i bambini di oggi, e per quelli di domani, con le loro famiglie, di tutti i tipi.

Qui potete trovare l’elenco delle piazze che aderiranno alla manifestazione #svegliatitalia: http://www.arcigay.it/svegliatitalia/

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 Di L.