CAROL: la recensione del film di Todd Heynes

Titolo originale Carol
Anno 2015
Durata 118 min
Genere drammatico
Regia Todd Haynes

Todd Heynes è un marchio di fabbrica. Regista indipendente, amante della sperimentazione, mai fedele ad un genere ma perfetto nel suo eclettismo, Haynes torna prepotentemente con un film la cui caratteristica principale è l’incredibile delicatezza, dalla quale sorge in un climax altrettanto delicato la forza delle protagoniste.

Carol è un film drammatico ispirato dal romanzo The price of salt di Patricia Highsmith, datato 1952. Nella New York di quegli anni prende forma la storia d’amore tra la borghese e distinta Carol (la sensazionale Cate Blanchet) e l’impiegata e a tratti ignava Therese (la “rivelazione” Rooney Mara). Il film è interamente costituito da un lungo flashback nel quale vediamo crescere la conoscenza tra le due protagoniste.

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Niente è lasciato al caso nella cura dei dettagli del film, infatti, l’America rappresentata è la stessa che ci immaginiamo pensando a quell’epoca, ogni dettaglio è curato alla perfezione, compresa l’evidente differenza tra i due ambienti dai quali le protagoniste provengono. Le strade, le insegne, il traffico, l’aria di libertà che Carol e Abby (la sua migliore amica e principale causa delle gelosie di Herge) respirano girando con la loro auto cabrio, il telefono a gettoni sul corridoio, le fotografie. Tutto è curato, senza sbavature, con una sapiente scelta delle musiche, con un disco di Billie Holiday messo giustamente in risalto. Ad ogni modo, le nomination agli Oscar ricevute per i costumi e la fotografia e la colonna sonora (oltre a quelle per migliori attrici protagonista e non) rendono superfluo qualsiasi altro commento.

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Il tema principale del film è quello del viaggio intrapreso in macchina, senza una meta particolare, senza un filo conduttore, sicuramente atipico all’epoca per due donne. La sicurezza di Carol, protetta dalla sua pelliccia e dal suo Martini dry ma tradita dalle decine di sigarette che necessita, è rappresentata magistralmente da Cate Blanchet (che consiglio di godersi in lingua originale), che con la sua voce calda riesce a tranquillizzare Therese e gli spettatori. Quello che Carol e Therese vivono è un sentimento puro, chiuso dentro quattro mura ma non per questo meno forte, meno coinvolgente. E’ nelle difficoltà che le due protagoniste si scoprono, difficoltà che spingono Therese ad ammettere di non saper mai dire di no, di non sapere cosa vuole davvero, e che obbligano Carol a svelarci quanto in realtà la piccola Therese abbia le idee più chiare di quanto non creda davvero, in uno dei dialoghi più emozionanti del film.

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È qui che la storia arriva al massimo livello, è qui che la denuncia sociale del regista prende forma, attraverso la lotta di Carol e attraverso uno dei monologhi che lasciano un brivido nella pelle di uno spettatore che certe battaglie e certe ferite le sente vive oggi come 60 anni fa. Per concludere, Carol è un film che va visto, va gustato, ma va soprattutto capito. Racconta una storia, nel complesso banale, ma la racconta sottovoce, e soltanto ascoltando attentamente lo spettatore potrà amarlo, e forse, soltanto chi ha la sensibilità per capire il messaggio che c’è sotto rimarrà felice per la delicatezza con cui viene trattato.

n.d.r Carol vanta di 6 nomination agli Oscar 2016

Di Letizia Duca

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