THE HATEFUL EIGHT(recensione): in baita con Tarantino

Durata: 187 min (versione 70 mm)

Regia:Quentin Tarantino

Interpreti e personaggi: Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins,Demián Bichir, Tim Roth, Michael Madsen, Bruce Dern, James Parks, Channing Tatum

A tre anni dall’uscita di Django, Tarantino irrompe nel panorama cinematografico mondiale  con  The Hateful Eight.

Siamo nel burrascoso Wyoming, quando la Guerra di Secessione è passata da troppo poco tempo per poter essere considerata un semplice ricordo. The Hateful eight ci offre un fermo immagine sull’America vista come terra del riscatto dove convogliano le sorti di furfanti,  lavoratori onesti, uomini e donne di razze ed etnie diverse. Dal selvaggio  West alle baie di Philadelphia, ognuno sa che dovrà combattere con il coltello tra i denti  per potersi affermare, in un contesto in cui lo Stato non garantisce nulla, ciascuno cerca di farsi giustizia come può, come deve.

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In The Hateful Eight troviamo la massima espressione dello stile tarantiniano iperbolizzato in ogni suo dettaglio. Il sangue zampillante, la suddivisione in capitoli,  la scelerattezza, la labilità mentale, la violenza, l’ orgoglio dei personaggi. I soliti feticci dello splatter in chiave spaghetti western che in questo caso risultano ulteriormente amplificati rispetto ai lavori precedenti del regista americano. Si avverte un manierismo esacerbato che non conferisce alcuna novità ad un genere che vive di formule fisse ma che non ha mai lesinato colpi di scena al pubblico. Nessuna  traccia del dinamismo che domina Kill Bill, nè della tensione permeante che contraddistingue Le Iene, Bastardi Senza Gloria o  Pulp Fiction.

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La trama si sviluppa quasi interamente tra le mura di un rifugio di montagna, sembra infatti di assistere ad una sorta di Grande Fratello in baita  dove le sorti di assassini, generali, boia, cacciatori di taglie e cowboys si incrociano sconvolgendo la quiete apparente inizialmente instauratasi tra gli ospiti: una calma indotta, preludio di una tormenta catastrofica che si abbatterà sui personaggi. Questa prima ora di inaspettata convivialità risulta fin troppo strutturata e improbabile per essere credibile. Bisognerà aspettare il quarto capitolo prima di assistere al thrilling e al pathos che ci si aspettava di vedere.

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Il cast è composto perlopiù da attori conclamati che fanno parte dell’establishment di Tarantino da moltissimi anni: Samuel L. Jackson(Magg. Marquis Warren), Kurt Russell(John Ruth), Michael Madsen(Joe Gage), Tim Roth(Oswaldo Mobray).

Tuttavia le prestazioni più soprendenti sono state quelle di  Jennifer Jason Leigh(Daisy Domergue) e di Walton Goggins(Chris Mannix), attori “minori” che hanno brillato più degli altri. La Leigh, candidata agli Oscar come miglior attrice non protagonista, si è calata perfettamente nella parte di un’indomabile assassina, mentre Goggins è riuscito a creare piccoli spiragli di comicità con il suo accento e le sue affermazioni da giovane rampollo finito nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

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The Hateful Eight è un totem erto all’autocelebrazione di un genio del cinema, un monumento in pellicola che racchiude in sè tutti i tratti essenziali di un genere diventato un cult per milioni di persone. Forse potrà essere apprezzato dai puristi dello stile del regista di Knoxville, ma fortunatamente il cinema si evolve continuamente ed è andato oltre.

Lo splatter ha ancora senso di esistere in un mondo in cui basta premere un tasto per assistere alla violenza in alta definizione? Inoltre, se tutti questi rivoli di sangue, tutte queste pallottole spuntante, tutte queste ossa rotte portano a un risultato del genere, allora, trascorrere 167 minuti della nostra esistenza per cercare un senso nel nuovo film di Tarantino risulta decisamente superfluo.

Di Salvatore Giannavola

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