La Fine dei Vent’Anni secondo Francesco Motta | Music Review
Chi è Motta?
L’avventura di Francesco Motta, cantante, polistrumentista e autore di testi, inizia nel 2006, a soli venti anni, con i Criminal Jokers. Nel frattempo compie anche altre importanti esperienze musicali che lo porteranno a collaborare con alcuni degli artisti più stimati dell’indi italiano e non solo: Pan Del Diavolo (batteria), Zen Circus (tecnico del suono per il tour di “Andate tutti affanculo”) e Giovanni Truppi (chitarra e tastiera), e quindi Nada (con cui suona basso, tastiere chitarra e cori). Una gavetta corposa, maturata sia dentroche fuori dal palco: autore di testi, strumentista, tecnico e dal Marzo 2016, finalmente, cantante solista.
A Marzo dello scorso anno usciva infatti, “La Fine dei Vent’Anni”, il suo primo progetto da solista, scritto a quattro mani con Riccardo Sinigallia, che collabora con alcuni degli interpreti del recente cantautorato italiano più sofisticati e apprezzati da pubblico e dalla critica: Gazzè, Fabi, Zampaglione, Carboni, Coez, Tiromancino. “La Fine dei Vent’anni”, ha ottenuto il prestigioso riconoscimento dalla giuria del Premio Tenco come migliore Opera Prima del 2016.
Motta è un artista prodotto dalla Sugar, casa discografica di Caterina Caselli che annovera anche artisti già affermati come Tiziano Ferro Negramaro, Elisa, Raphael Gualazzi, Malyka solo per citarne alcuni e altri cantautori emergenti come Marianne Mirage.
Venerdì 17 Febbraio, Motta si esibirà al locale Barbara Disco Lab di Catania; un’occasione imperdibile per i fan del cantautore livornese. (Clicca qui per tutte le info sull’evento)
Cos’è “La Fine dei Vent’Anni”?
Ci sono momenti nella vita di ognuno in cui ci si rende conto che qualcosa sta per finire per lasciare il passo a un nuovo inizio. Routine che abbiamo bramato sin dall’adolescenza e che una volta raggiunte, siamo soliti rigettare; corpi estranei che si sono insediati sommessamente nel nostro vissuto quotidiano che adesso non ci rispecchiano più. Un processo di autodeterminazione che Francesco Motta identifica con la fine dei vent’anni, appunto. L’inizio di una fine che non coincide di certo con il ventesimo compleanno d’età.
La Fine Dei Vent’anni e un quadro interattivo fatto di suoni e soprattutto di immagini: locali bui ed affollati, pomeriggi universitari disordinati e svogliati, traslochi, persone speciali di cui ci innamoriamo follemente e che ci imponiamo di dimenticare per poter andare avanti, amicizie viscerali.
“Amico mio sono anni che ti dico andiamo via, abbiamo sempre qualcuno da salvare”
“Di alzarmi non ho voglia, oggi non combatto con nessuno”
“A volte è solo questione di fortuna per traslocare due volte in un mese ci vuole tranquillità.”
“Le giornate erano piene di storie assurde e di silenzi”.
(La fine dei Vent’anni)
E’ un album in cui traspare una poetica che oscilla tra le atmosfere cupe e riflessive di una solitudine autentica e un’apparente socialità, sacrificio che si deve pur sostenere se si vogliono osservare le cose da vicino, per poterne cogliere l’essenza. Francesco Motta è un osservatore molto attento, soprattutto di se stesso. E’ forse questa la chiave dell’immediatezza e della sensibilità dei suoi testi.
Alla stregua di Calcutta e Brunori Sas, Motta è un cantautore che è riuscito a identificare i tratti distintivi di quella generazione che ha vissuto in prima persona il cambio dall’analogico al digitale. La Fine dei Vent’anni è un album in cui ogni brano ha una propria identità e una propria coerenza.
C’è la frenesia di vivere di Prima o Poi Ci Passerà, c’è la celebrazione della disillusione di Mio padre era un comunista; una traccia che parla di tutti quegli aspetti legati alla genitorialità, che non siamo stati in grado di apprezzare e che adesso ci ritornano in mente tra il rimorso di un grazie non detto e il vuoto lasciato da un abbraccio non dato. Con questa traccia Motta esorcizza gli effetti di un gap generazionale artificioso che in realtà custodisce sentimenti e paure che hanno riguardato tutte le generazioni trasversalmente.
“Mio padre era un comunista e adesso colleziona cose strane. Mio padre dice che le amicizie e la rivolta sono vere solo per chi ha paura e rimane”.
“Mia dice che un giorno un figlio lo farò, perchè io l’ascolto sempre”.
La Fine dei Vent’anni, è un album romantico ma soprattutto fisico. I testi di Motta danno la percezione della materialità e della sostanza delle cose attraverso metafore crude ed efficaci.
“Ci taglieranno le mani, ci faranno a pezzetti. Con il coltello fra i denti li guarderemo negli occhi, CI taglieranno le gambe per non farci pensare, le strisceremo di notte per non farci vedere”. (Abbiamo vinto un’altra guerra).
“Ho la polvere negli occhi, fermiamoci a pensare rubiamo due fucili, piantiamoli nel bosco e ci servirà a capire. Mi suonano alla porta non trovo la mia faccia, gli occhi sono sale che riportano al presente, quello che ho sbagliato non è servito a niente. Ho perso il tempo ed il denaro, le due cose più importanti.”
(Se continuiamo a correre ft Alessandro Alosi)
“Conservi i ricordi per farci un incendio, ti sei abituata alla perplessità. Ed attendi in silenzio alla cassa del bar.” (Una maternità)
“Roma stasera mi prendi dal collo, mi tieni in ginocchio, mi bagni
e poi mi lasci per terra.” (Roma Stasera).
Le tonalità acide, a tratti stridule della voce di Motta, ricordano lo stile di Appino degli Zen Circus e amplificano ulteriormente la rabbia, l’insoddisfazione e la felicità sfumata espressa in questa raccolta di 10 brani.
Francesco ha qualcosa da dirci ed il caso di ascoltarlo. La Fine dei Vent’anni è un album catartico.
Link all’album:
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