Barriere (Fences): recensione del film di Denzel Washngton candidato a 3 premi Oscar
Barriere (Fences il titolo originale) è l’adattamento di un’opera teatrale di August Wilson, considerata uno dei capolavori del drammaturgo e della letteratura teatrale afroamericana. E’ il sesto dramma del “ciclo di Pittsburgh” e il suo debutto risale al 1983. Andato in scena a Broadway nel 1988, ha vinto il Premio Pulitzer per la drammaturgia e il Tony Award alla migliore opera teatrale.
Credo, o almeno spero, che ad oggi, il dover sottolineare la presenza di una minoranza etnica all’interno di un contesto lavorativo, educativo, sociale sia poco corretto. Tuttavia, in questo caso, parlerò di colore di pelle e di razze per un motivo bene preciso. Nella cinematografia, infatti, accade che la presenza di un attore/attrice appartenente a una certa etnia, sia voluta dal regista per tre motivi generalmete: per le qualità attoriali dell’interprete scelto, per un non troppo velato tentativo di captatio benevolentiae o semplicemente per necessità di trama. Barriere, rientra in questo sottoinsieme. Ecco perchè, secondo me, in questo la scelta di dover puntualizzare il fatto che ci sia un cast di colore, risulta funzionale all’analisi del film stesso.
Etnie, razzismo, etimologia, titoli originali… ma non stavamo parlando di Fences?
Assolutamente sì.
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