era serenase

Era Serenase: “Siamo cugini. Facciamo tipo rap”

Di Flora Miceli e Salvatore Giannavola

La biografia sul profilo Instagram di Era Serenase recita “Siamo cugini. Facciamo tipo rap”. Tanto essenziale quanto vera. Quel “tipo rap” è la chiave di lettura da adottare nell’approcciarsi al duo genovese. Crystal Ball è un album accattivante e i pezzi scorrono via uno dietro l’altro così fluidamente che prima che tu te ne renda conto l’hai già ascoltato tutto ma etichettarlo solo come un disco rap sarebbe riduttivo.

È un lavoro complesso, che vanta collaborazioni importanti come Willie Peyote e Dutch Nazari, e tratta temi che spaziano dalla convivenza quotidiana alla critica della società. Insomma, per citare impropriamente Alberto Angela, Era Serenase è una “piacevole scoperta” nel panorama della musica italiana e, personalmente, sono impaziente di vederli dal vivo!

Gli Era Serenase fanno parte della line up di Sundays Festival, uno dei festival indie più attesi dell’estate in Italia che si terrà dal 21 al 22 luglio sulle rive del lago di Caccamo, vicino Palermo. Blogstermind e Indie Italia Mag sono partner dell’evento: direzione artistica e media coverage. Line Up completa qui: link.

Li abbiamo intervistati in vista di questo importante appuntamento per conoscerli meglio!

Le vostre biografie su internet vi descrivono come rapper e songwriter (Davide) e beatmaker, videomaker e cantante (Serena). Come e quando vi siete avvicinati alla musica?

La musica ha sempre avuto un ruolo fondamentale nelle nostre vite, Davide ha iniziato ha scrivere i primi testi da ragazzino alle medie mentre Serena ha sempre suonato e cantato. Un giorno abbiamo deciso di unire le cose e vedere
cosa succedeva, così per gioco, Serena ha messo le mani su Logic per la prima volta ed è uscita “Mininpony”, canzone dal beat molto semplice ma spassosa a modo suo.

In una vostra precedente intervista avete detto che “avete sempre
giocato insieme, sempre litigato, sempre rotti i coglioni a vicenda.” Avete anche convissuto. Il fatto di aver condiviso così tante esperienze vi aiutato nella stesura dei testi? Vi è capitato di confrontarvi perché avevate punti di vista diversi su certi argomenti di cui parlate nelle vostre canzoni?

Sicuramente il fatto di conoscersi molto bene (siamo cugini) ha aiutato molto. L’aver discusso, litigato, riso insieme da una vita ha reso molto più istantanea la nostra comunicazione, a volte bastano dei versi per intenderci… detto
questo però abbiamo spesso punti di vista diversi sulle tematiche ma riusciamo sempre ad arrivare ad una soluzione comune e discutiamo parecchio su quello che vogliamo dire in un testo prima di scriverlo.

Le 11 tracce dell’album trattano temi attuali, o meglio, descrivono la quotidianità in modo schietto e disincantato. Si tratta solo di una “denuncia” a fini artistici o vi piacerebbe avere un impatto culturale più profondo sul pubblico che vi ascolta e sulla società in generale?

I temi nascono dalla nostra necessità di dire quello che pensiamo: sono ciò che abbiamo da dire. L’impatto culturale sulla società poi è una conseguenza che bisogna vedere se abbiamo o no, ma non partiamo con questo intento,
semplicemente facciamo uscire quello che ci passa per la testa.

Avete dedicato molta cura anche al lato estetico del vostro lavoro: i
vostri video sono caratterizzati dall’uso di colori accesi, dal movimento e da ambientazioni ad alto impatto scenografico e avete collaborato con l’artista Alessandro Ripane per le copertine dell’album. Da cosa nasce questa attenzione per l’estetica? Quanto ritenete sia importante la parte visiva per veicolare i messaggi dei vostri testi?

L’attenzione per l’estetica viene in automatico, veniamo entrambi da un percorso di studi artistico e le idee spuntano fuori da sole. Nell’epoca delle immagini poi pensiamo sia importante curare anche il lato visivo in maniera personale, dato che la musica passa anche dagli occhi ormai.

Alberto Angela. Come ha fatto a diventare il protagonista della
copertina -ahimè- censurata dell’album (e ovviamente della canzone a lui dedicata)? È per via del ruolo da icona pop della cultura italiana che ha assunto negli ultimi anni?

In verità l’idea è venuta una sera a Serena mentre guardava SuperQuark in pigiama cosparsa di gatti. C’era questa puntata sull’amore, le connessioni sinaptiche e tutte le sostanze segrete che il corpo secrete durante l’orgasmo,
tutto dal punto di vista scientifico eliminando totalmente il lato romantico della faccenda ed è stata come una lampadina che si accendeva all’improvviso: l’amore spiegato ad Alberto Angela. Tra l’altro abbiamo cercato davvero di rendere onore ad A.A. scrivendo un testo con ricerche su internet, praticamente un tema, non vorremmo mai fare brutte figure se dovesse arrivargli.

L’album vede molti featuring. Quanto è importante per voi collaborare e confrontarvi con altri artisti?

Tutti i featuring dell’album sono nati naturalmente con amici a casa nostra, non abbiamo chiesto niente a tavolino, in questo album sono stati importanti perché rappresentano un periodo, ma non è detto che ci debbano essere per forza…sono venuti da sé anche loro.

Avete cominciato il tour da qualche mese. Che effetto fa confrontarsi con il pubblico dal vivo? Vi intimorisce il palcoscenico?

Ogni live è un’esperienza diversa in questo momento, non essendo ancora conosciutissimi ovunque può capitare di tutto ma è sempre bello confrontarsi con il pubblico e per ora stiamo avendo un sacco di soddisfazioni, soprattutto
quelle della gente che non ci conosceva e rimane stupita positivamente. Più che timore io la chiamerei emozione, il giorno che non ce l’avremo più prima di salire sul palco chissà, forse ci daremo a qualcos’altro ;).

Ascolta Era Serenase nella playlist Spotify “Indie Italia Mag”

Link: clic.