Delmoro | Intervista Indie Italia Mag

Mattia Del Moro, in arte Delmoro, è un musicista e produttore nato a Tolmezzo (UD), dove spende i primi vent’anni della sua vita.

È nato tra le montagne, ma come molti ha imparato ad amarle più tardi. Nel 2009 esce il suo primo disco, “Landscapes”, sotto il nome di Brown And The Leaves. Laureatosi in architettura all’Università di Venezia, si trasferisce prima a Copenhagen e poi a Londra. Nel 2018, tornato in Italia, pubblica il suo disco d’esordio, un concept album in italiano dal titolo “Il primo viaggio”.

Con l’ingresso nell’etichetta Carosello Records Delmoro pubblica il suo nuovo singolo Idiosincrasia, il brano che anticipa il suo prossimo EP, la cui uscita è prevista a maggio.

 

INTERVISTANDO DELMORO

Partiamo dalle basi. Chi è DelMoro? Quando hai iniziato a suonare e come ti sei appassionato alla musica?

Beh, Mattia Del Moro nasce ovviamente prima di Delmoro. Come musicista sono nato diverso tempo fa, con un mio primo progetto che si chiamava Brown and the leaves, che era più di matrice acustica, chitarristica. Da lì sono entrato nel mondo elettronico. Questo è coinciso con i miei spostamenti, perché sono andato a vivere all’estero per diversi anni, a Copenaghen e a Londra.

Ho poi ritrovato la strada di casa, scoprendo l’italiano e rientrando in Italia a dicembre 2017. Con Delmoro ho trovato la fusione di tutti gli esperimenti musicali fatti fino a ora. Anche per questo ho scelto il nome Delmoro, semplicemente unendo le due parti del mio cognome, per dare ancora unità e coerenza al mio lavoro.

Nel 2018 è uscito il tuo primo album, “Il primo viaggio”. Mi racconti perché hai scelto questo titolo, cosa volevi raccontare con questo tuo primo lavoro e qual è il filo conduttore che unisce le varie tracce?

Il primo disco che è uscito a maggio dell’anno scorso è frutto di un progetto ambizioso, soprattutto ripensandolo adesso, a posteriori. Volevo fare un concept album, nel vero senso della parola. I testi sono collegati l’uno con l’altro e raccontano la storia di una famiglia, che si ritrova dopo diverso tempo per fare un viaggio insieme. In questo viaggio tutte le canzoni sono dei dialoghi tra i personaggi.

Ho scelto come titolo “il primo viaggio” perché, per la prima volta, i componenti della famiglia si confrontano, forti di un contesto diverso, lontano da casa, che facilità l’apertura a certe tematiche che altrimenti sarebbero rimaste sommerse nelle difficoltà di parlarsi nel quotidiano. L’album è legato anche a livello grafico, perché ogni brano è accompagnato da un’illustrazione. Le illustrazioni sono 8 e me ne sono occupato io, perché mi occupo anche dell’aspetto visivo del progetto.

delmoro

La copertina dell’album mi ricorda molto le copertine dei libri della Taschen. Quanto è importante per te l’aspetto estetico e visivo dei lavori che fai? Cosa rappresenta questa copertina?

L’aspetto estetico e visivo è molto importante per me. Spendo diverso tempo, ed energia, nell’illustrare i miei brani. Parallelamente alla musica, in diversi anni, ho anche sviluppato un lavoro pittorico, che ho poi lasciato perdere. Le illustrazioni delle mie canzoni sono il frutto di tutte le esperienze che ho fatto.

Ne “Il primo viaggio” le copertine sono molto figurative, perché sono dei bozzetti di scena. Ho deciso di usare la mia figura come alter ego, di fare parte del disco. Nelle copertine dei singoli il lavoro è sempre figurativo, ma più astratto. Uso degli elementi che richiamano a certi aspetti che volevo associare alla musica. Sono composizioni che in realtà non vorrei spiegare nel dettaglio perché vorrei che fosse chi mi ascolta a dargli un significato.

Sono elementi architettonici che mi accompagnano da sempre, elementi tipicamente mediterranei, i neon. Vorrei che suscitassero cose diverse in chi guarda e che ognuno si faccia la propria idea.

delmoro il primo viaggio

C’è una bella differenza tra il lavoro che hai fatto, a livello grafico, tra il tuo primo album e i tuoi nuovi singoli, Filippiche e Idiosincrasia. Com’è cambiato il tuo approccio?

Sono innanzitutto cambiati i testi. Nei due nuovi singoli sono meno descrittivi rispetto a quelli de “Il primo viaggio”. C’è stato un cambiamento forte anche musicale. “Il primo viaggio” era un concept album, quindi voleva diventare un’unica grande canzone, invece ora, con Filippiche e Idiosincrasia è il contrario.

Sono canzoni che vogliono raccogliere tante suggestioni, influenze, e concentrarle in una misura di tempo minore, quella della canzone.

C’è stato proprio un ribaltamento di concetto di canzone e di album che avevo cominciato a sviluppare l’anno scorso e quindi anche a livello grafico mi sono sentito più libero, non dovendo seguire per forza una narrazione. Mi sono sentito più libero di usare degli elementi compositivi che stuzzicassero l’immaginazione di chi guarda.

Sei nato a Tolmezzo, in Friuli-Venezia Giulia, e sei cresciuto viaggiando e muovendoti per tutta l’Europa, passando per Portogallo, Danimarca e Inghilterra. I tuoi viaggi in che modo hanno influenzato la tua musica?

È una bella domanda, ci vorrebbe tanto tempo per rispondere. Ci sono probabilmente anche molti aspetti inconsci, che non saprei raccontare a parole. Detto questo, il fatto di aver passato dei mesi a Lisbona ha fortificato il mio amore per la musica brasiliana, perché in città ci sono tantissimi negozi specializzati.

Ecco, a Lisbona ho scoperto mondi brasiliani sconosciuti. A Copenaghen è invece cresciuto il mio amore per tutto ciò che è scandinavo, mentre a Londra è stata una babilonia di suggestioni, di influenze musicali. A Londra respiri la musica, le varie scene e generi che si sono sviluppati da questa città. Questo è stato sicuramente di formazione. Poi, anche le persone che si incontrano nei viaggi influenzano la scrittura.

Sei entrato nel roaster di Carosello Records e hai pubblicato il tuo primo singolo Idiosincrasia, che anticipa il tuo EP. Quanto significa per te essere entrato in questa importante etichetta indipendente?

La nostra collaborazione è stata una grande sorpresa all’inizio. In Carosello hanno un bellissimo modo di lavorare, c’è molta serietà e attenzione a certe tematiche artistiche. C’è anche il prestigio, il fatto di essere in un catalogo che conta nomi come Vasco Rossi. Chiaramente siamo una delle culle della musica italiana, quindi non posso che essere ultra felice di questa cosa.

Sempre parlando della tua vita e del rapporto con la musica: sei un architetto prestato al mondo della musica. In qualche modo quello che hai studiato influenza la tua musica?

Quello che ho studiato mi è servito a livello tecnico e compositivo. Io non ho studiato musica e composizione in accademia, però durante il mio percorso accademico ho fatto degli esami di composizione architettonica. Qui c’è già un parallelismo evidente con la musica, perché entrambe le cose si compongono, non si inventano.

Questi esami mi ha insegnato un approccio più compositivo, un certo rigore intellettuale quando si lavora e anche una certa severità nei miei confronti. Sicuramente l’aver studiato architettura mi ha molto formato. Poi, la musica si trasmettere attraverso uno spazio, di conseguenza quando produciamo musica ricreiamo degli spazi, virtuali a volte.

Io faccio musica pop e il discorso spaziale in questo genere musicale non è preponderante, è sicuramente meno sviluppato. Tengo meno conto di queste considerazioni nella mia musica.

Parliamo un po’ del tuo ultimo singolo, Idiosincrasia. Com’è nato, qual è la storia di questo brano? Com’è nata l’idea del video?

Idiosincrasia è un pezzo che ho scritto diversi mesi fa. È uno dei primi di questa nuova serie di brani alla quale sto lavorando con Matteo Cantaluppi, il mio produttore. Io lavoro sempre prima la musica e poi inizio a ragionare sul testo. A livello personale stavo vivendo una sorta di crisi, una difficoltà nei rapporti, nella quale si inseriva anche un rapporto personale molto lungo.

È una canzone che parla si d’amore, ma anche degli aspetti un po’ sporchi che esso si porta dietro. Parla di quegli aspetti idiosincratici dell’amore, perché oltre a una forte attrazione, ci può essere anche una forte repulsione. In studio, con Matteo, stiamo sviluppando questo suono che mette insieme le sue suggestioni, con cui lui si è fatto conoscere negli ultimi anni, con altri artisti come Ex-Otago e The Giornalisti, e l’incontro con il mio mondo sonoro, che è abbastanza ampio, perchè spazia dagli anni ’60 fino agli anni ’80.

Ci sono moltissime cose dentro, siamo lavorando bene e sono contento di come sta venendo fuori tutto.
Il video è nato da una collaborazione con Bruno Noaro, giovane regista veneto. Con lui abbiamo iniziato a ragionare sul fatto che volessimo fare un video che comunque, a livello narrativo, fosse immerso in una sorta di mondo italiano precedente. In questo modo abbiamo sviluppato la storia d’amore tra un fotografo e una modella.

Abbiamo scelto, per quanto riguarda la location, una casa a Milano piena di quadri di pittura ritrattistica e paesaggistica della seconda metà del Novecento italiano, che io amo. C’erano delle suggestioni artistiche che volevo ci fossero nel mio video. È stato divertente lavorare insieme a Bruno e alla mia co-protagonista Adriana Donica.
Con Bruno continueremo la collaborazione anche nei prossimi video che usciranno.

Il tuo stile è un perfetto mix di moderno e contemporaneo. Chi sono i tuoi punti di riferimento? Chi ti ispira?

Sono, prima di qualunque altra cosa, un forte ascoltatore. I nomi sono tantissimi in realtà. Per la tradizione italiana sono cresciuto con Dalla, Battisti, Battiato e Paolo Conte, nomi sacri, dai quali cerco di non solo prendere gli stilemi o gli aspetti estetici musicali, ma di imparare la loro spazialità, il loro essere trasversali sui temi e sui mondi musicali che creavano e creano. Nel contemporaneo è ancora più difficile perché ascolto tanta musica, anche estera.

In Italia il panorama ITPop è esploso negli ultimi anni. Ci sono tantissimi cantautori e tantissimi gruppi. Come vivi questo momento?

Di certo non sono indifferente al fatto che c’è tantissima proposta e la cosa di per sé è positiva, perché è stupido mettere dei limiti alla musica. Farebbe ridere pensare e dire che ci dovrebbe essere meno musica. Dall’altra parte però mi viene anche da dire che ognuno cerca di trovare il suo spazio, una sorta di unicità. Secondo me se si è tranquilli su questo uno non dovrebbe essere spaventato.

A me piacerebbe che in generale tutta questa sovrabbondanza non portasse anche a un’estrema superficialità nell’ascolto. Questo sarebbe un peccato per tutti secondo me. Quindi mi auguro solo che la grande quantità di musica che si fa in questo periodo porti sempre più persone ad avvicinarsi alla musica, non il contrario.

Siamo arrivati all’ultima domanda. Quali sono i tuoi progetti per l’immediato futuro?

Ho appena iniziato a preparare lo show per il tour. Conto di avere un po’ di date per quest’estate, il calendario è ancora in lavorazione. Ho una nuova band che mi accompagnerà, i Tiger Resort, gruppo giovane molto in gamba. Poi, nel frattempo, continuare a scrivere. Io non riesco a stare tanto lontano dalla penna e dagli strumenti.

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