Raffaele Ronga | Intervista Indie Italia Mag

La madre nota la sua immensa voglia di strimpellare il pianoforte a casa dei nonni quando ha 6 anni. Questo è Raffele Ronga, cantante di Sant’Antimo (NA) classe 1998. Da quando scopre questa passione per la musica inizia a prendere lezioni di piano dalla maestra che lo accompagnerà nello studio della musica classica fino ai 15 anni, momento in cui Raffaele decide di fare un tipo di musica diversa da quella che ha studiato fino a quel momento.

Durante l’adolescenza decide di coinvolgere alcuni amici nell’idea di creare una band. Nascono così gli Alchemy, gruppo che inizia a esibirsi con delle cover pop durante gli eventi organizzati dal liceo che frequenta e in alcuni pub della provincia di Napoli. Raffele decide che non vuole più suonare solo cover, ma iniziare a scrivere brani propri, ma con gli altri membri del gruppo si affievolisce la sinergia e l’idea del gruppo sfuma.

Nel frattempo, Raffaele inizia a suonare la chitarra acustica e durante l’ultimo anno di liceo e i primi 2 anni di università il cantante si dedica sempre di più alla musica e inizia a cantare, accompagnandosi con la chitarra e il pianoforte, le sue canzoni in occasioni di feste. Il riscontro che ottiene da queste esibizioni è tale da dargli il coraggio di credere in quello che scrive. Decide così di incidere un primo pezzo, a livello amatoriale.

La strada, però, non sembra essere quella giusta. Si rivolge, a questo punto, a Dino Barretta, maestro e produttore, che dopo un attento ascolto dei suoi inediti, crede nel progetto del giovane e inizia a lavorare al suo primo singolo, Poesia Sterile. Nel mentre, Raffaele si sposta a Roma e Milano per farsi conoscere e ascoltare. È proprio a Milano che registra i suoi primi 3 pezzi, alla presenza del maestro Massimo Caso, che giudica il suo progetto molto interessante.

INTERVISTANDO RAFFAELE RONGA

Ciao Raffaele. Allora, la tua storia è davvero interessante. Nel tuo percorso ti sei approcciato a tanti stili e modi di suonare diversi. Cosa ti ha fatto decidere di approcciarti, dopo tanti anni di studio di pianoforte, ad approcciarti a un genere diverso?

Ciao. Ho sempre avuto l’esigenza di comunicare quello che penso in maniera esplicita, per questo mi sono reso conto, presto, che con la sola melodia di un pianoforte non avrei mai potuto prendere le orecchie di tutti.

Per farti conoscere ti sei spostato a Roma e a Milano. Com’è stata questa esperienza? Cosa pensi abbiano da offrire, a livello musicale, queste due grandi città?

Ho avuto modo di conoscere tanti artisti, persone più grandi di me che di musica ci vivono da tanto e credo faccia bene ad un ragazzo come me relazionarcisi. Sono due città che mi affascinano, realtà diverse dalla provincia di napoli nella quale vivo, sicuramente molto più aperte e probabilmente anche molto pericolose per uno che vuole fare musica e non è “nessuno”.

Quali sono i tuoi punti di riferimento della scena musicale italiana e internazionale?

Ascolto pop e cantautorato italiano, ma veramente tutto, tanto Cremonini. Sono innamorato dei Queen. E ultimamente ho una forte attrazione per la scena “indie” italiana.

Prima di dedicarti totalmente alla tua carriera solista hai cantato con gli Alchemy, band che hai formato tu stesso. Com’è stato fare parte di un gruppo e quali sono le principali differenze che hai riscontrato rispetto al cantare da solo?

Coi ragazzi c’era un forte legame d’amicizia, era un gruppo nato proprio perché ci tenesse sempre uniti. Purtroppo non è stato così anche se con qualcuno mi vedo ancora spesso. Da soli, e soprattutto da più grandi, le cose si percepiscono diversamente, si da più peso agli errori e non hai chi ti capisce davvero, però mi  piace.

Con Dino Barretta hai lavorato al tuo primo singolo, Poesia Sterile. Qual è la cosa che ricordi meglio di questa esperienza?

Abbiamo passato davvero tante ore in studio, un’esperienza che credo ricorderò sempre con piacere, anche perché con Dino si è creato un rapporto di amicizia. Ho in cantiere un bel po’ di cose da fare con lui.

Parliamo sempre di Poesia Sterile. È una canzone molto intima, che racconta di una storia d’amore difficile. Quale significato ha per te questo tuo primo brano?

Poesia sterile racconta un amore vero, diverso da come siamo abituati ad intenderlo. Parla di un qualcosa che ci manca e che forse non tornerà mai, ma che ci da la possibilità di essere felici. E’ un po’ il bene che vince sul male.

A Milano hai registrato tre pezzi. Sono brani molto personali, composti al pianoforte, dove racconti la tua realtà. Quando hai scritto questi brani? Hanno un filo conduttore?

Li ho scritti nell’arco degli ultimi 3 anni, mi racconto parlando di 3 persone che mi hanno cambiato la vita ed hanno un chiaro filo conduttore.

Dei tre brani che hai scritto, a quale ti senti più affezionato?

Non ho scritto solo 3 pezzi, ho iniziato a scrivere quando ero a scuola elementare ed ho perso il conto di quante “canzoncine” ho fatto. E sono affezionato a tutti in maniera uguale, ognuno di essi rappresenta e racconta un lato di me.

Progetti per il futuro?

Mi piacerebbe continuare a scrivere canzoni come sempre , però vorrei condividerle con tantissime persone e non tenerle solo per me come ho fatto fino ad ora. E sto pensando di pubblicare un album.

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