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Piotta: da Tommaso a Giaguaro e ritorno | INTERVISTA

Tommaso Zanello, in arte Piotta, fin dagli anni ’90 è uno dei massimi esponenti della scena hip-hop italiana. Cresciuto in un contesto fertile, come quello di Montesacro a Roma, insieme ad altri artisti come Colle der Fomento e Cor Veleno, Tommaso sale alla ribalta con la ristampa del suo primo disco “Comunque vada sarà un successo”, contenente la hit di fine millennio Supercafone: una vera e propria esplosione di popolarità, che gli ha fatto guadagnare il disco di platino ed un posto nell’immaginario del grande pubblico.

A rinforzare questo status quo di Tommaso “Piotta” Zanello come icona musicale di quella generazione, i singoli successivi La Mossa Del Giaguaro, La Grande Onda e l’interpretazione del personaggio del Giaguaro nel film cult Il Segreto Del Giaguaro. Dalla fine degli anni ’90 ad oggi sono in totale nove gli album in studio pubblicati da Piotta, che includono featuring con moltissimi artisti italiani, tutti affini, musicalmente e mentalmente, con l’artista romano; l’ultimo disco Interno 7 è uscito nel Settembre 2018.

Un artista eclettico Tommaso Zanello, che negli anni si è cimentato nella sceneggiatura di programmi televisivi (Stracult), nella recitazione in teatro, nella scrittura di colonne sonore7 Vizi Capitale divenuta sigla della fortunata serie Suburra), oltre a portare avanti la sua visione da discografico (ha fondato nel 2005 l’etichetta “La Grande Onda” che conta più di 100 uscite), mettendo la sua firma su moltissime canzoni in collaborazione con altri artisti.

Un viaggio, quello di Piotta, che ha portato l’artista romano ad interpretare personaggi, calarsi completamente in un vestito, per poi provarne sempre nuovi, colorati, istrionici: scopriamo come Tommaso è diventato Piotta per poi ritornare ad essere Tommaso.

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INTERVISTANDO PIOTTA

Hai fatto tantissimi featuring con esponenti dell’hip-hop, del rap ed in generale dell’underground italiano: chi sceglieresti, avendo a disposizione tre big internazionali? 

Sceglierei questi 3 nomi: i The Roots, per quel loro sound così caldo, nero e suonato. Poi sceglierei i Red Hot Chili Peppers per le loro venature funk, e infine il grande George Clinton per la sua mente e il suo stile funkadelico.

Supercafone, La grande onda e La mossa del giaguaro sono diventati veri e propri inni generazionali: a cosa pensi sia dovuto tutto questo successo? Ma soprattutto, te l’aspettavi? 

Non me lo aspettavo sinceramente. Sono tutti dischi indipendenti (la vera roba indie insomma), uscite senza major ma tutti di successo. Qualcuno di enorme successo nell’immediato, qualcuno costante e crescente, come nel caso de La Grande Onda, che a questo punto è la mia hit più grande dopo 7 vizi Capitale.

Pensi che la tecnologia, il “qui e subito” delle playlist e della musica digitale, abbiano contribuito a far conoscere nuovi artisti o, al contrario, hanno saziato quella fame di ricerca che sta alla base della creatività? 

Le playlist aiutano molto questo scambio, questa conoscenza di nomi, in maniera quasi onnivora. La rete ha aumentato la fruizione della musica, ma non del tutto la sua libertà, dato che dietro giocano comunque un grande ruolo i budget investiti per promuovere e far conoscere – tramite playlist o influencer che siano – artisti e canzoni.

 

Cosa vedi nel futuro della musica italiana? Ho particolarmente apprezzato la scelta di coinvolgere artisti a te affini, personalmente e musicalmente, su “Interno 7”. Non pensi che ci sia bisogno di tornare a “collaborare per creare” e non “collaborare per vendere”?

Magari. Io collaboro sempre per creare, umanamente e artisticamente parlando. A volte mi riesce più, a volte meno, ma lo spirito di partenza è sempre quello. Devo trovarmi bene a tavola e in studio, avere un substrato comune riguardo la visione delle vita, delle cose e dell’approccio alla musica. Se la musica è un mezzo per arrivare al denaro non andiamo d’accordo, se invece la musica – e l’arte in genere – sono i traguardi da raggiungere allora possiamo cominciare a parlare.

 Come è cambiato Tommaso da “Comunque vada sarà un successo” ad “Interno 7”? 

E’ cresciuto come persona, da ragazzo a uomo. E la mia musica lo racconta, in maniera sempre sincera. Vero a 20 anni, vero a 40. Vera la roba hip hop funk dei novanta, come è vera quella più emotiva ed evocativa di questi ultimi miei lavori.

Negli anni ho asciugato sempre più quel lato più colorito che mi ha permesso di nascondere la mia iniziale timidezza, diciamo che è sempre più la persona, è sempre più Tommaso che viene fuori. Interno 7 in particolare nasce così, nudo e crudo, chitarra acustica, pianoforte, ritmiche e testi.

Una vita sotto i riflettori, ma non solo cantando: hai interpretato te stesso nel film cult “Il segreto del Giaguaro”, fatto l’attore e l’autore in Stracult, interpretato Pinocchio adulto in teatro e scritto colonne sonore, come per il recente boom di Suburra; quanto è importante l’approccio artistico a 360° nella tua crescita? 

Non ho interpretato me stesso, era un personaggio, come lo era il Giaguaro in genere, dal video al film. E’ quel discorso di colore che dicevo prima. Mi divertivo, era un gioco, come tutti i giochi d’artista li amo quando hanno una durata ben precisa e lasciano spazio ad altri periodi, diciamo che quello era il mio periodo rosa, per scomodare Picasso.

L’Hip-Hop italiano in questo momento sta vivendo una seconda giovinezza, entrando  nelle case degli “impensabili”: artisti come Rancore, Salmo, Nitro, Mecna sono ormai familiari al grande pubblico. A cosa pensi sia dovuto questo meritato successo?  

Forse anche una terza giovinezza. Sono tutti artisti validissimi, ai quali aggiungerei Mezzosangue, Frah Quintale, Franco 126 e altri ancora. La credibilità, lo studio, la passione, l’impegno costante, ripagano sempre e da sempre.

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