Dialogo con un albero errante chiamato Eugenio in Via di Gioia | Intervista

Di Chiara Scarlino

Gli Eugenio in Via di Gioia sono un gruppo torinese nato nel 2012. La loro carriera musicale inizia fra le strade di Torino e li porta pian piano ad affermarsi nel panorama musicale italiano come una delle band rivelazione degli ultimi anni.

Con i loro brani affrontano sempre temi importanti incorniciati da sonorità nu-folk molto vive e allegre, che contribuiscono a rendere tutto apparentemente più leggero. Come già suggerito dal titolo Natura Viva, il loro ultimo album si concentra soprattutto sul rapporto fra l’uomo e il mondo che lo circonda.

Con la nostra intervista durante Indimenticabile Festival, abbiamo cercato di approfondire alcune tematiche già trattate nelle loro canzoni.

INTERVISTANDO GLI EUGENIO IN VIA DI GIOIA IN OCCASIONE INDIMENTICABILE FESTIVAL

Ciao, ragazzi. Per il vostro ultimo album vi abbiamo visti sperimentare e addirittura creare suoni con cavi elettrici e frutta, quindi la vostra è una Natura non solo Viva, ma anche partecipe della vostra musica. Cosa vi ha spinto verso questo tipo di ricerca musicale?

Ci risponde Eugenio: “Siamo partiti per strada, quindi quando si suona in quelle condizioni si cerca di tirare fuori il meglio dagli strumenti che si hanno. In strada non puoi portare molti strumenti: hai la chitarra, il basso, le percussioni, Paolo ha suonato tante cose diverse ed Emanuele suonava la fisarmonica. Però man mano che si va avanti, e anche i locali ti ospitano e ti danno più possibilità, ti mettono a disposizione il suondcheck ed un palco attrezzato, anche tu sei più spronato a ricercare nuove cose. La metafora è che prima urlavamo per dire qualcosa, poi ci siamo messi a parlare sottovoce e quando parli sottovoce puoi far sentire tante piccole cose, quindi anche la frutta è stata una conseguenza di questa ricerca.”

Nel vostro brano Albero descrivete gli alberi quasi come se fossero delle persone. Secondo voi, noi esseri umani cosa abbiamo in comune con loro? E cosa dovremmo invece imparare?

Eugenio: “Abbiamo tante cose in comune con loro, nella canzone vengono descritte, vengono raccontate. Che cosa dovremmo imparare? Sicuramente la cosa più importante è che loro riescono ad essere ‘armonicamente contrappesati’. È la frase che i miei compagni odiano di più della canzone ed è la mia preferita. Gli alberi riescono a crescere in maniera armonica senza avere un cervello che li comandi, senza avere un capo; nel momento in cui riusciremo ad essere tutti sulla stessa frequenza, sulla stessa linea di pensiero però non omologati, semplicemente pensanti, allora a quel punto saremo un grosso cervello che si muove armonicamente.”

Un po’ come Avatar” aggiunge, ridendo, Emanuele.

Invece, in Cerchi, cantate ‘Che non sapevo se creder nell’Io/ adesso penso di essere Dio’. Credete che sia questo il problema principale del mondo? Troppa gente che si fossilizza sull’Io senza tener conto di ciò che lo circonda?

Ci risponde sempre Eugenio: “Diciamo che non è un problema concentrarsi su se stessi, lo diventa se non ci si guarda intorno. Allo stesso tempo, però, è un problema guardarsi troppo intorno senza pensare a se stessi. Bisogna riuscire ad equilibrarsi, prima di tutto guardarsi dentro e capire chi si è e dopo fare di se stessi un mondo migliore. Sembra una frase da Miss Italia, ma è così, perché altrimenti continueremo a proiettare negli altri tutti i nostri drammi personali e diventa un cane che si morde la coda, dita puntate contro gli altri ma che in realtà sono contro di noi.

Facciamo pace con noi stessi, non crediamo di essere Dio e poi dopo capiremo che siamo un unico grande Io, per ricollegarci alla domanda precedente.”

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A proposito di pace, in Pace all’Anima dichiarate ‘lunga vita a tutto questo anestetizzante piacere’. Siamo costantemente bombardati di stimoli che ci spingono a ricercare un piacere spesso superficiale e poco gratificante, soprattutto nelle relazioni interpersonali.

Quali sono, secondo voi, le cause principali di questa nostra anestesia sentimentale?

Questa volta interviene Emanuele: “Forse perché non siamo bombardati di stimoli, ma siamo bombardati di cose che inibiscono gli stimoli, quindi siamo portati ad essere sempre apparentemente contenti, felici e non ricerchiamo nulla di più profondo e questo anche nell’amore. Ho letto un articolo in cui si parlava di ‘capitalismo sentimentale’, che porta le persone ad iniziare delle relazioni basate su motivi economici o comunque materiali, non più perché ci si vuole bene.”

Ricerchiamo la felicità, ma quando la raggiungiamo non la vogliamo più. Forse cerchiamo più il benessere che la felicità” aggiunge Lorenzo.

Siamo in un periodo in cui è facile trovare la felicità”, continua Emanuele, “quindi si cerca qualcosa di sempre più profondo che forse è difficile trovare.”

Si inserisce Eugenio: “Forse, come dicevi tu, cerchiamo l’anestetico. Confondiamo la felicità, che non esclude il dolore, con l’anestesia del piacere, cioè il piacere come annullamento di tutto il resto. È come se fossimo costantemente immersi nell’acqua tiepida, allora non esiste più il paradiso, non esiste più l’inferno, non c’è più niente.”

Vi lasciamo con una domanda più leggera. Il vostro impegno e il vostro talento vi hanno portato dalle strade di Torino al palco del Concertone del Primo Maggio. Come avete vissuto questo cambiamento? E come avete vissuto quest’esperienza così importante?

È stata un’esperienza bellissima per noi, perché era da tanto che sognavamo di farlo e finalmente ce l’abbiamo fatta. Succede tutto velocemente, quando sei lì non ti accorgi di nulla: mille interviste, conosci tantissime band, tantissimi professionisti, poi vai in televisione quindi sul momento non ti rendi conto di nulla, un po’ come quando ti laurei o ti sposi. Forse. Non mi sono mai sposato” scherza Emanuele.

È un evento non irripetibile, ma comunque unico. Poi la prima volta non si scorda mai” interviene Paolo.

A me piace dire che è come andare sulle montagne russe” aggiunge Eugenio. “Siamo saliti su quel palco ed io non sentivo più niente, poi quando scendi dal palco vedi la foto che ti hanno fatto mentre eri sulle montagne russe e lì diventa tutto reale.”

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