Richi Rossini: “Sogno un mondo in cui gli artisti facciano pedagogia con la propria arte” | Intervista

“Ti porterò sempre con me” canta Richi Rossini in Cecilia, uscita il 9 Gennaio e dedicata alla Musica, sua passione da sempre.

Figlio di un cantante lirico, nasce a Parma, dove studia pianoforte al Conservatorio. Vive un periodo a Napoli, dove tiene corsi di Psicologia (altra sua grande passione) e poi si sposta a Genova, dove tutt’ora vive. Descrive la città ligure come una madre “stanca” ma sempre pronta ad accogliere. Cecilia è la santa protettrice della “seconda arte”, ma il brano elogia anche la tecnologia, che ci permette di ascoltarla ovunque vogliamo.

Un animo tanto classico quanto legato alla contemporaneità: un tutt’uno col pianoforte, ma affascinato dal mondo dell’elettronica e con teorie progressiste sull’amore. Un artista eclettico e sensibile che non può che arricchire elegantemente il panorama musicale italiano.

Intervistando Richi Rossini

Sei nato a Parma, hai vissuto a Napoli e ora vivi a Genova. Che rapporto hai con questa città?

Genova è tosta, non ti regala nulla, ma la amo anche per questo. È una città intellettualmente onesta e formativa.

Personalmente ha rappresentato una rinascita per ben due volte. La prima volta dopo Parma, dal punto di vista lavorativo e professionale. La seconda dopo Napoli, in ambito musicale.

Forse perché vivo in prossimità del porto antico, l’immagine che ho di questa città è quella di una madre anziana, pronta ad accoglierti e dalla quale farsi curare fino alla prossima partenza. Basta che non le fai troppe domande e non stai lì tutto il tempo a chiederle approvazione. È stanca e non ha troppa voglia di rispondere.

Cecilia: un elogio alla musica, ma anche e soprattutto alla tecnologia che ci permette di ascoltarla ovunque. Che ruolo ha invece la tecnologia nella produzione dei tuoi brani?

Ho una formazione classica, cominciata con il pianoforte al conservatorio di Parma, ma fin da ragazzino ero affascinato dal suono e dalla musica elettronica. Quello che faccio tendenzialmente è mescolare strumenti acustici ed elettronici. Ad esempio sia in Cecilia che nel singolo Mariagrazia (che uscirà a Febbraio) sono presenti voci, chitarre, violini, piano, synth e campioni. Il campionamento ad esempio è una tecnica di acquisizione del suono che adoro e che uso spesso in “Bar Paradiso”, un progetto parallelo electro-funk. Ringrazierò sempre la tecnologia sia per avermi permesso di fare musica a casa sia per permettermi di portarla sempre con me.

Che rapporto c’è secondo te tra musica e psicologia, altra tua grande passione?

Per 8 anni ho svolto il lavoro di formatore tenendo corsi. Posso dirti che per me l’emozione di stare davanti ad un pubblico in aula o ad un concerto è la stessa. Entrambi sono degli strumenti per lasciare una traccia, un punto di vista.

Credo fortemente che avere un qualsiasi talento artistico comporti una responsabilità nei confronti degli altri. L’arte e la musica in particolare hanno un potere enorme di influenzare le emozioni e la psicologia altrui. Se usate bene possono anche accompagnare la nascita di subculture come è successo con Bob Marley e John Lennon.

Sogno ancora un mondo in cui gli artisti sentano questa responsabilità e comincino a fare pedagogia con la propria arte. Ce n’è bisogno, soprattutto in questo periodo storico.

Tra le varie “scoperte” fatte a Genova, c’è il poliamore. Ti va di parlarcene?

È una storia antica. Letteralmente il poliamore rappresenta la possibilità, e aggiungerei la capacità, di dare e ricevere amore da più persone in una forma trasparente e consensuale. Nella pratica è un movimento ancora non del tutto approdato in Italia, che ha dei legami con i cambiamenti culturali e socio-economici che stiamo vivendo nel mondo occidentale. Per quanto mi riguarda, rappresenta un percorso di crescita personale e fino ad ora si è tradotto in relazioni aperte più o meno durature, ma non nego il desiderio di riuscire ad aprire quel cassetto che tiene nascosto il sogno della comune. Il prossimo singolo Mariagrazia parlerà proprio di questo.

Porti il cognome di uno dei più grandi compositori del XIX secolo Gioacchino Rossini, autore de Il Barbiere di Siviglia. Anche tu, come lui, hai iniziato a comporre le prime musiche per pianoforte a soli 16 anni. Che rapporto hai con lo strumento oggi? È da lì che parti nella composizione dei tuoi brani?

Diciamo che in pratica vivo nello studio dove ho il piano e che si vede anche nel video di Cecilia. E’ la prima cosa che tocco appena mi sveglio e l’ultima prima di andare a dormire. I brani spesso nascono da movimenti delle mani o da armonie che rappresentano il mood che sto vivendo in quel momento. A volte ho un’idea, un concetto in mente e questo mi ispira un certo tipo di sonorità, ma il testo è l’ultima cosa che scrivo. Ogni tanto, per staccare e trovare un po’ di ispirazione, suono la chitarra o qualche strumento elettronico, per poi ributtarmi sul piano appena posso. A proposito di Rossini, vi svelo un progetto sviluppato in 4 anni che è anche l’ambizione musicale più grande che ho. Si chiama Edenlandia ed è un’opera concettuale animata, in pratica un cartone animato a sfondo psicologico e sociologico. Sono presenti sia brani “solo piano” sia brani con dialoghi cantati in stile operetta di Rossini.

A quale cantautore italiano ti senti maggiormente legato?

Ho suonato anni in una tribute band di Rino Gaetano. Penso sia l’unico cantautore del quale conosco ogni brano a memoria, grazie anche alla passione di mia madre per lui. Ce ne sono altri, come Dalla e Battisti, ma in realtà sono molto legato anche alla musica inglese, francese e americana. Vi voglio citare un cantautore napoletano fenomenale che non conosce nessuno e a cui sono legatissimo, si chiama Simone Iaquinta.

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