Kamahatma: “Oltre ogni apparenza” | Intervista
Ve la ricordate la casa “In Via dei Matti n. zero”? Quella senza soffitto, senza cucina e senza vasino? Beh, esiste davvero. Almeno nel testo di “Porta Palazzo”, l’ultimo singolo di Kamahatma. Quante volte ci siamo sentiti a nostro agio davanti ad un volto imperfetto ma sorridente, o in un luogo trasandato ma accogliente?
“Porta Palazzo” parla proprio di questo, di luoghi e persone che, sebbene siano lontane dall’idea che tutti hanno di perfezione, sono in grado di farci sentire a casa e scaldarci il cuore. Ed è così che, per noi, diventano i più belli del mondo. “Belli, belli davvero”. “Porta Palazzo” è una filastrocca malinconica e pregna di realtà, volta ad eliminare quegli inutili pregiudizi che occasionalmente tutti abbiamo.
Intervistando Kamahatma
Ciao! Una canzone sulla bellezza e il calore dell’imperfezione.
Ciao! Una canzone che, in fondo, vuole anche sdoganare certe convinzioni. Porta Palazzo è una zona di Torino, dove prende forma ogni giorno il mercato all’aperto più grande d’Europa. È un posto controverso, che mi è stato sconsigliato da tante persone. Io invece ci ho trovato multiculturalità, tante facce e storie diverse. Sicuramente qualche piccione e tante imperfezioni. Mi sono ritrovato dentro questa casa e ho pensato che sarebbe stato bello scrivere una canzone sul magnetismo di alcune situazioni “borderline”, diciamo. Io vengo da un paesone di provincia che non gode di una buonissima reputazione. Lì abbiamo imparato a sentirci a casa in ogni condizione, usare la noia per coltivare hobby e impegnarci continuamente per smentire i pregiudizi degli altri. Porta Palazzo mi ha ricordato casa mia, in un contesto completamente differente. Per questo “era bella, bella davvero”.
Come mai, secondo te, l’imperfezione mette a proprio agio?
Secondo me l’imperfezione non mette a proprio agio quasi nessuno. È per questo che ho deciso di parlare di “Porta Palazzo”. Io stesso sono rimasto colpito dal luogo, tanto da volerci scrivere qualcosa. Come ho detto prima, alcuni luoghi ti “insegnano” a trovarti a tuo agio, e di solito è un processo lungo. Porta Palazzo, invece, mi ha stupito subito. E non ero preparato.
C’è un bel contrasto tra la “filastrocca” (è evidente la citazione a “La casa” di Sergio Endrigo) e il testo, a tratti crudo e quasi grottesco. Quale sensazione vorresti provocare in chi ascolta il brano?
Sicuramente un senso di malinconia. “La casa” di Endrigo me la cantava sempre mia madre quando ero piccolo, e mi piace aver chiuso il cerchio inserendo delle citazioni in un mio brano che parla di tutt’altro, molti anni dopo. Il contrasto è evidente. Per me le parti “crude” aiutano ad enfatizzare la dolcezza delle altre parti del brano.
A cosa ti riferisci quando canti “con tutte queste cose che si sentono in giro, forse è meglio se restiamo io e te” ?
Mi riferisco alla bolla di positività che si crea solitamente tra due persone, che passano tempo assieme anche se il resto del mondo sta andando a rotoli. Questo è quello che intendo io, ma mi piace che ognuno interpreti il testo a modo suo.
Ciò che dici della casa di Porta Palazzo vale anche per le persone secondo te?
Sicuramente questo concetto dell’imperfezione si può estendere ad ogni ambito. Quante persone conosciamo che sono “senza” qualcosa, eppure hanno tutto ciò che serve per stare bene? Un sacco. Bisogna andare oltre alle apparenze, sempre!
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