Fanoya: Il lavoro è importante, ma essere felici di più | Intervista
I Fanoya sono tornati con un singolo a tema sociale. Fette biscottate, descrive infatti la giornata tipo di una ragazza che lavora (e non vive) a Milano.
I Fanoya, riprendono alcuni concetti a loro cari che avevano espresso già nei vecchi brani (qui trovate la nostra intervista dopo l’uscita di Ricordi gli accordi), per evidenziare un processo di alienazione che molti di noi subiscono tutti giorni, mentre siamo immersi in una società dove fare soldi sembra essere la cosa più importante.
Il video, scritto e diretto da Enea Colombi, ha l’effetto di un vero e prporpio pugno nello stomaco, esaltando allo stesso tempo ogni singola parola che canta il duo indie pop, composto da Giacinto Brienza (chitarra e voce) e Leone Tiso (piano e synth),
Una serie di sequenze innaturali provoca nello spettatore una strana sensazione claustrofobica, mentre Anna, la protagonista, è impegnata a lavorare sempre e ovunque, senza limitazioni di spazio e tempo.
INTERVISTANDO I FANOYA
Domanda polemica, purtroppo attuale in questo periodo: la musica è il vostro lavoro?
In un certo senso si, ma per vivere facciamo anche altro al momento. L’affitto dobbiamo pur pagarlo.
Stiamo però facendo il massimo e anche di più perché un giorno i Fanoya possano vivere (e far vivere) solo di musica. Il momento non è dei migliori, ma siamo ottimisti. Passerà.
Siete d’accordo che il nuovo video piacerebbe anche a Karl Marx?
Mai avremmo pensato di dover rispondere ad una domanda del genere. È un po’ il famoso tema del mangiare per poter lavorare di più o lavorare per poter mangiare di più.
Oggi (e Milano ne è un esempio speciale) la società sta in taluni casi perdendo di vista quale delle due sia la priorità, se lavorare o mangiare. Questo si ripercuote anche nelle relazioni sociali. Tengo a precisare che non c’è assolutamente nulla di politico in tutto questo.
Crediamo però fermamente nel buon senso e nelle relazioni umane, che a nostro modesto modo di vedere, devono sempre essere la priorità. Di certo non abbiamo la verità assoluta in tasca, è solo un punto di vista.
Mi ha colpito questa frase: Vivere dentro la scena di un crimine. Cosa rappresenta?
Beh è una foto nuda e cruda dell’epoca in cui viviamo: nastri gialli e neri che circondano l’area con la sagoma della vittima, proiettili e sangue dappertutto e noi che passiamo frettolosi di fianco a tutto questo come se fosse normale e non ci facciamo distrarre per arrivare puntuali a lavoro.
La cosa più strana che avete mangiato a colazione?
Diremmo birra e colomba a una pasquetta di tanti anni fa.
Ma anche fette biscottate senza nulla, con la bocca ancora impastata di alcool e sigarette della sera prima.
Chi usa Tinder oggi ha meno paura del Covid o dell’amore?
Ahahahha, bisognerebbe chiederlo a chi lo usa A parte gli scherzi, grazie per la domanda di Marzulliana fattura.
Noi crediamo sia solo l’ennesimo specchio di una società sempre più impersonale, nascosta dietro una tastiera. Non crediamo sia una questione di Covid o di amore, è paura del difficile, della fatica, molto più semplice fare tutto in fretta seduti sul proprio divano davanti allo schermo del proprio smartphone.
PS: giusto per chiarezza, noi non siamo né migliori né diversi, siamo semplicemente parte della società sopra descritta.
Di cosa avete bisogno per costruire una Multinazionale della felicità?
Di sorrisi, di gente che salta divertita e piena di voglia di farsi cullare dalla malinconia delle nostre canzoni ai nostri concerti. Troppo dici?
Posto fisso o inseguire sempre i propri sogni?
Allora, qui secondo noi, come spesso accade, la risposta corretta è “dipende”. Nel senso che, se avere un posto fisso poco impegnativo consente di inseguire i propri sogni con meno ansia e più possibilità ecco trovata la ricetta giusta. Insomma una risposta democristiana fino all’osso, no?
In ogni caso, la bussola sono i sogni, tutto il resto è relegato al ruolo del mezzo per raggiungerli (sempre secondo il nostro modestissimo punto di vista).
A chi è dedicata Torno Giovedì e come mai avete scelto proprio quel giorno della settimana?
La canzone è dedicata ad una ragazza andata via dalla vita di lui, lasciando un grande vuoto. Lui non riesce a restare in quella casa, va via ma tornerà, né tardi né presto, giovedì. Giovedì è un giorno bistrattato. Il lunedì si sa, è il primo ed il più odiato, non si parte né Venere né di Marte, mercoledì è quello in mezzo alla settimana, lasciamo fuori il weekend per ovvi motivi, ed ecco il giovedì, un giorno anonimo e sottovalutato.
Vi state chiedendo se è una ragazza realmente esistita e lui chi è? Fate bene.
Cosa vuol dire essere ribelli nel 2020?
Pensiamo che in generale voglia dire non accettare passivamente qualsiasi cosa ci venga imposta ma usare il cervello per capirne i motivi e, se questi non sono validi per sostenere l’imposizione, fare la cosa che si ritiene giusta (quasi) a qualsiasi costo. Un ribelle moderato diremmo.
Nel 2020 tutto è ribelle, la rete ci permette di trovare qualsiasi forma di ribellione e da parola a chiunque voglia dire qualcosa, anche la più insensata. Per questo siamo più per una ribellione moderata e giusta.
Che esperienza è stata suonare al premio Buscaglione?
Beh di sicuro un’esperienza fredda, nel senso che c’erano forse 6 gradi e un vento gelido. È stato però molto bello poter tornare a suonare davanti ad un pubblico dopo la primavera che abbiamo passato (e che pubblico!!!). Purtroppo e per i motivi che conosciamo è stata la nostra prima apparizione sul palco nel 2020 e quindi ce la siamo gustata fino in fondo.
Onestamente partecipare alla fase finale di un festival così prestigioso è stato un vero onore: organizzazione serissima e perfetta in ogni dettaglio (vi ricordo che il livello di difficoltà non era alto, era addirittura Covid!!), spessore artistico alle stelle ed ecco la voglia di tornare anche nel 2021 che fa capolino.
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