I Moregrè presentano il loro primo EP: “Dove il cielo non segni la fine”
“Quattro scappati di casa che amano la musica”.
Questa è la definizione che i quattro ragazzacci dei Moregrè danno di loro stessi. Sicuramente una definizione particolare ma se letta nel modo giusto può dare un’idea di quale sia la filosofia dietro la musica di questa band nata a Bologna.
Il 15 di novembre i Moregrè hanno pubblicato il loro primo singolo “Gelido ricordo” brano che anticipa l’uscita del loro EP d’esordio “Dove il cielo non segni la fine”. Cinque tracce in cui le chitarre sono assolute protagoniste con ritmiche potenti e sonorità emo-core che regalano un effetto “muro di suono” non indifferente.
In questo loro primo lavoro i ragazzi dei Moregrè affrontano vari temi, dall’immigrazione alla spiritualità, passando per il lutto e naturalmente l’amore.
I Moregrè nascono a Bologna a seguito dell’incontro tra Fabrizio (chitarra e voce) e Bert (chitarra e voce) ma la vera svolta avviene con l’ingresso nella band di Metz (batteria) e Nic (basso). Da quel momento esplode una chimica musicale che conduce in breve tempo i quattro ragazzi a registrare “Dove il cielo non segni la fine”.
“Gelido ricordo” è il primo singolo estratto dall’EP ed è accompagnato da un video-clip girato interamente su Instagram su gli affascinanti colli bolognesi.
Proprio per l’uscita del loro primo EP abbiamo contattato direttamente i Moregrè per conoscerli meglio e farci raccontar qualcosa di questo loro primo lavoro.
INTERVISTANDO I MOREGRE’
Ciao Ragazzi. Parlateci un po’ di voi, da dove nasce il vostro progetto, come siete arrivati ad essere “Moregrè”?
Ciao. Siamo quattro ragazzi scappati di casa, chi per lavoro chi per non fare niente e amiamo la musica.
Il progetto nasce a Matera da me (Fabrizio – chitarra e voce) e Bert (Chitarra e voce) detto “non tutte le ciambelle riescono col buco” ed inizialmente era una roba molto anni 70’: assoli di qua, psichedelia di là. Nel 2019 dopo esserci trasferiti a Bologna e aver cambiato 300 batteristi e bassisti abbiamo trovato Mez (batteria) e Nic (basso).
La chimica era devastante così abbiamo cominciato a scrivere canzoni e a delineare un po’ il nostro sound: tra urla e bottiglie di amari.
La seconda curiosità è sul nome. Da dove deriva Moregrè?
Moregrè: mo=modo e regrè=regresso.
Avete da poco pubblicato il vostro primo EP “Dove il cielo non segni la fine”. Quali sono le vostre aspettative da questo lancio?
Speriamo che qualcuno si possa ritrovare nelle canzoni e sentirsi meglio, o peggio.
L’effetto “muro di suono” è una delle caratteristiche della vostra musica. Quanto avete dovuto lavorare per arrivare a questo sound?
Sin dalle prime canzoni, abbiamo deciso di lavorare sulle chitarre come se fossero un unico suono, come se fossero un pad, e ritmicamente di lasciare spesso grande fiato e colpire forte, e tutto questo fu riassunto da Detox (fonico di Meno Uno Lab dove abbiamo registrato) come “muro di suono” .
Nell’EP affrontate vari argomenti. Dalla spiritualità fino temi come il razzismo. Chi si occupa dei testi?
Principalmente li scrivo io (Fabrizio), ma abbiamo qualche canzone nel repertorio che è stata scritta da Bert.
Vi occupate personalmente di tutti gli aspetti che riguardano la produzione della vostra musica o collaborato con qualcuno?
Assolutamente si, non ci si fila nessuno.
Il primo singolo estratto dall’EP è “Gelido ricordo”. Come mai la scelta è ricaduta proprio su questo brano?
Ancora non lo sappiamo.
Di “Gelido ricordo” uscirà anche il video-clip. Chi lo ha curato?
Il video è stato girato da Margherita @me.kojoni su instagram, in una campagna sperduta sui colli bolognesi, dove abbiamo suonato assieme ad altre sei band.
E’stato pazzesco.
Proprio poco prima della seconda ondata di questa pandemia avete avuto modo di suonare dal vivo. Come state vivendo come band questa fase di “stallo forzato” della musica dal vivo?
Male, però è quel male che ci aiuta a scrivere canzoni.
Grazie ed in bocca al lupo.
Grazie a voi!
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