La Regina di Scacchi…e delle serie Tv
Di Vernante Amarilla Pallotti
La miniserie di Scott Frank e Allan Scott è uscita il 23 ottobre scorso, ma in un mese ha sbancato tutto, divenendo la serie Netflix con sceneggiatura non originale più chiacchierata e più vista di sempre. Ha incontrato i gusti del pubblico, della critica e perfino di chi di scacchi se ne intende, per questo, se non l’avete ancora vista, siete sicuramente circondati da amici che vi assillano per convincervi a recuperare le 7 puntate in un solo weekend e vi state chiedendo cosa ci sia di imperdibile in una serie sul mondo degli scacchi (che non è proprio il sinonimo di adrenalina).
Cominciamo da quella che solitamente è la base di una grande serie: un grande personaggio, in grado di affascinare, commuovere e rapire. La regina di scacchi è la storia di formazione dell’orfana Beth Harmon e segue la sua ascesa dagli 8 anni, quando il custode dell’orfanotrofio le insegna il gioco degli scacchi, fino all’età di 22 anni, quando finalmente trova il suo posto nel mondo, diventando una stella (no spoiler). Un ruolo fondamentale nella riuscita della serie è giocato dalla recitazione meravigliosa e gli occhioni di Anya Taylor-Joy, classe 1996, che già abbiamo conosciuto in altri film come “The Witch”, “Split” e “Glass”.
La Taylor-Joy sa conferire al personaggio un’aura affascinante ed eterea, complicata dal lato oscuro della dipendenza da alcool e farmaci. Sono questi gli ingredienti di un’eroina maledetta e indimenticabile, dotata di un dono che le si ritorce contro: il genio, che come spesso accade, va di pari passo con follia e sregolatezza. Nemmeno il successo può salvare Beth dai fantasmi del suo passato, dall’insicurezza e dalla tendenza all’autodistruzione. Sono proprio queste sue due dimensioni opposte a farcela amare: da una parte la campionessa, dall’altra una ragazza come tante, fragile, umana, alle prese con tutti i problemi della sua età come il rapporto con i genitori, la ricerca della sua strada, l’amicizia e l’amore.
L’amore romantico non è particolarmente sviluppato, poiché non è negli interessi principali di Beth, come realizza lo stesso Harry Beltik che nella serie ha un rapporto profondo con lei, ma sa che non sarà mai equiparabile al suo amore per gli scacchi. È Beth il cuore della serie, la regina del titolo, il personaggio perfetto inserito nel contesto perfetto degli scacchi. Un gioco già affrontato in altri film come “Queen of Katwe” (2016), affine alla serie per i temi e la storia di speranza e riscatto, “La Grande Partita” (2014), “A mente Fredda” (2019) e perfino “Il Settimo Sigillo” (1957) di Bergman e “Harry Potter e la Pietra Filosofale” (2001).
In “The Queen’s Gambit“, titolo originale della serie, gli scacchi non sono solo una cornice narrativa, ma vengono affrontati con accuratezza e serietà. Nonostante alcuni giocatori abbiano definito certe situazioni “irrealistiche”, come è normale nella finzione cinematografica, la serie è stata infatti accolta positivamente dalla comunità scacchistica. Perfino il campione Magnus Carlsen ha dichiarato di aver apprezzato la visione e ha postato su Instagram il fotomontaggio divertente di un match tra lui e Beth. Tutte le partite rappresentate sono la fedele riproduzione di match realmente disputati in passato e sono state coreografate da due mostri sacri come Garry Kasparov e Bruce Pandolfini.
Le singole mosse nella serie hanno un ruolo protagonista e vengono rappresentate in modi originali, come nelle scene in cui Beth, sotto l’effetto dei tranquillanti, rivede sul soffitto della sua camera le proiezioni delle partite che ha già giocato, oppure quando durante le partite i pezzi si muovono da soli sui tabelloni segna punti, per mostrare lo sviluppo della partite grazie agli stacchi di montaggio (jump-cut). Questo mondo è l’arena perfetta per testare la determinazione della protagonista, che deve farsi strada in un ambiente che al tempo (come oggi) era popolato principalmente da uomini, non sempre propensi a prendere sul serio una campionessa come lei.
Il contesto storico degli anni ’50-’60 è ricreato con costumi e scenografie che impreziosiscono la storia, rendendo completa e avvolgente la trasposizione del romanzo di Walter Tevis, “The Queen’s Gambit”, del 1993. Il titolo originale, traducibile come “Gambetto di Donna”, fa riferimento ad una delle più antiche aperture degli scacchi, che prevede l’offerta di un pedone all’avversario per cercare di guadagnare un vantaggio. Il gambetto di donna ha vantaggi e svantaggi, è una scelta particolare che sarà molto importante nella serie, ma sta a voi scoprire come. E poi, perché no, magari prossimamente ci sarà un boom di nuovi giocatori che si cimenteranno in questo gioco che continua ad affascinarci da più di mille anni.
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