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Fragole | Indie Tales

Un cestino di fragole. Ecco cosa mi rimane di lui.

Fuori piove e non posso non ricordarmi di quando il giovedì sera mi citofonava dopo cena per mangiare le fragole insieme. Fragole, fragole, fragole.

È come se non avessi altri ricordi di lui al momento. Forse la mia mente sta attuando questo strano meccanismo di autodifesa per non impazzire. Come se non fossi già pazza.

Ieri sono uscita di casa con il cappotto e niente sotto per andare a comprare una bottiglia di vino, che ho prontamente stappato fuori dall’alimentari gridando “ochi è stata tradita alzi la mano!” sollevando al cielo il mio Montepulciano. Eh già.

Non sono mai stata una persona per così dire “regolare”, ma da quando ho scoperto l’infedeltà di Alfonso do il meglio di me.

Me lo immagino, sì. Proprio lui, seduto sulla poltrona di fronte al divano su cui sono stesa la maggior parte del mio tempo. O in cucina, intento a cuocere cose.

O in camera da letto, mentre mette a posto i calzini nel cassetto in basso a sinistra.

Mia madre dice che è facile sentirsi forti quando nessuno ti ha ancora rubato la dignità. Mio padre invece dice che sono esagerata. Forse perché tradisce mia madre da che ne ho memoria.

Quando Alfonso mi appare in tutto il suo splendore nei luoghi che ho citato prima, gli dico di sorridermi, e lui lo fa. O di consumarmi come faceva con le fragole. Allora lui si avvicina ogni volta e poi sparisce. Ma tanto ritorna sempre.

Se non fossi così scettica sulla psicanalisi, avrei già contattato uno specialista. Forse un giorno lo farò.

Fragole. Ho la nausea delle fragole, cazzo. Potrei farci una bella marmellata. Odio la marmellata. Alfonso invece adorava la marmellata, di qualsiasi tipo. Da spalmare sul pane a colazione. Lo faceva in un modo così sexy da farmi venire l’acquolina in bocca anche se detestavo quella poltiglia dolciastra.

Potrei farne un bel vasetto e portargliela. No, tirargliela in faccia. A lui e a quella sciacquetta che sicuramente ama le composte di frutta tanto quanto lui.

Oppure metterci qualche goccia di cianuro e ingozzarmici.

Scherzo, la morte è fuori questione. Sono troppo curiosa di vedere la mia rinascita, se mai ci sarà.

Finirà questo periodo buio fatto di pianti, fragole, allucinazioni, fragole, solitudine, fragole, vino e fragole.

Voglio arrivare a non mangiarne più, ad esserne intollerante, e infine indifferente. Che poi è proprio ciò che spero accadrà con Alfonso.

A furia di consumarmi non rimarrà nulla, e dal nulla puoi solo ripartire.

Sto parlando da sola davanti a questo cestino di fragole ammuffite che ha lasciato qui l’ultima volta che è venuto a casa mia. Ubriaca, ovviamente.

Forse è meglio se esco.

Ora sono davanti a casa di Alfonso e le luci sono accese e le mie mani sono rosse, ma non del sangue di quel traditore purtroppo.

Devo averlo chiamato con il pensiero, perché esce dal portone e mi guarda spaventato. Penso siano le chiazze rosse che ho sul viso, sulle mani e sul cappotto. Ops.

Fa per rientrare, ma scatto veloce come un puma, gli afferro la mano e lo faccio girare verso di me. Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo e l’unica cosa che riesco a dirgli è “consumami mangiando fragole”. Che idiota.

Racconto liberamente ispirato al brano “Fragole” di Vergine

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