Davide Shorty: “Credo nella legge d’attrazione e nell’energia degli esseri umani” | Intervista

Davide Shorty, palermitano con l’rNb nelle vene, è tra i finalisti della preselezione di Sanremo Giovani ed è pronto a conquistare il grande pubblico passando per uno dei palcoscenici più temuti e ambiti d’Italia, quello del Festival della Canzone Italiana. Con “REGINA”, Davide Shorty punta dritto all’Ariston.

Idee chiare e mente ambiziosa: attraverso questa intervista, l’artista ci svela i programmi futuri della sua carriera musicale che nonostante la situazione senza precedenti, è costellata da nuovi progetti e da nuovi stimolanti percorsi artistici.

Il brano, un coinvolgente inno all’amore, rappresenta in toto le mille sfaccettature di questo potente sentimento che spesso ci spaventa seppur ci renda folli. Di certo, presentare un singolo di questo calibro consentirà a Davide di diffondere un messaggio di solidarietà al suo pubblico in un periodo cupo come questo.

Questa sera si esibirà in diretta su Rai1 nell’ultima tappa del percorso che decreterà le giovani promesse che faranno parte di Sanremo Giovani 2020.

INTERVISTANDO DAVIDE SHORTY

Nel 2017 è uscito il tuo primo album intitolato “Straniero” e, negli anni successivi, hai arricchito la tua discografia con “Terapia di gruppo” (2018) e l’album “La Soluzione Reboot” (2020) insieme a i Funk Shui Project. Recentemente hai pubblicato un nuovo singolo solista dal nome “Regina” (prod. Tommaso Colliva): è corretto dire che si tratta del preannuncio di un progetto che hai già in mente?

Assolutamente si! Ho già un album quasi pronto e non vedo l’ora di buttarlo fuori quando sarà il momento giusto. Non mi va di anticipare nulla, vorrei che fosse la musica a parlare.

Chi è Davide Shorty? E com’è avvenuta la sua rivoluzione personale e professionale dopo la partecipazione ad X-Factor?

Sono un ragazzo del sud, precisamente di Palermo. Sono estremamente testardo e appassionato, ma ho imparato (il più delle volte a mie spese) che ascoltare e aspettare il momento giusto é una delle più grandi forme di rispetto nei confronti della propria vita.

Dopo X Factor ho attraversato un periodo di depressione in cui non sapevo bene chi volevo essere, e soprattutto come volermi bene.

La musica é stata una grande terapia, insieme alle persone che ho avuto la fortuna di incontrare lungo il mio cammino. Credo moltissimo nella legge d’attrazione e nell’energia degli esseri umani, una volta che ho accettato quest’idea le cose sono cambiate. Ovviamente non é stato così immediato come può suonare, ma se dovessi raccontare tutta la storia rischierei di tediare i nostri lettori con i miei trip mentali. Imparare a chiedere aiuto quando se ne ha bisogno é fondamentale, e a volte ce ne dimentichiamo. La mia rivoluzione professionale parte ben prima di X Factor, probabilmente quando mi sono trasferito a Londra, ma già da allora, dopo poco, sentivo il bisogno di riportare qualcosa nel mio paese.

Mantenendo ancora l’attenzione focalizzata su “Regina”, il tuo ultimo singolo rilasciato lo scorso 30 ottobre: sappiamo che sarà il brano con cui ti esibirai il 17 dicembre alle finali di Sanremo Giovani. Quali sono state le intenzioni che ti hanno spinto a scrivere una canzone di questo tipo?

L’intenzione é stata semplicemente voler fare della buona musica. Ero insieme ai ragazzi della mia band, Claudio Guarcello al piano, Davide Savarese alla batteria ed Emanuele Triglia al basso. Avevamo appena accolto l’invito del nostro amico Andrea Guarinoni, talentuoso musicista e recording engineer, di passare una settimana insieme a comporre e registrare nel suo studio vicino al Lago Maggiore, un vero e proprio paradiso immerso nel verde. Una di quelle mattine abbiamo creato “Regina”, improvvisando su quel giro che all’inizio era soltanto una jam, ho iniziato a raccontare la storia d’amore che stavo vivendo in quel periodo. La canzone era già registrata in versione quasi completa dopo neanche un paio d’ore. Alla fine della giornata, riascoltando la session, non so come mi é venuto in mente Sanremo, ho immaginato questa canzone con gli archi, e l’ho subito detto ai ragazzi che hanno accolto l’idea molto entusiasti. Siamo partiti da quella visione…e pare che stia funzionando, o quantomeno ce lo auguriamo.

Cosa succederebbe se vincessi questa prima edizione di AmaSanremo? Pensi che i tuoi futuri progetti professionali cambierebbero decisamente?

Devo dire che ci ho pensato. Non credo i miei progetti cambierebbero di tanto, fare musica é un bisogno costante, quindi continuerei a scrivere e a creare. Probabilmente la mia musica potrebbe avere più risonanza. É proprio quello il punto, riuscire a toccare più orecchie, più persone e quindi più cuori ed anime. Una cosa che mi manca tanto é andare in tour, magari questa esperienza potrebbe darmi modo di fare concerti più grossi una volta che sarà possibile rifarli come ai vecchi
tempi.

Si può dire che la tua arte sia una fusione di generi a metà tra l’hip/hop, il rap e il jazz. Come fai a comporre brani che, dal punto di vista strutturale, sono così articolati e che, al contempo, lasciano trapelare una certa spontaneità nei contenuti?

Bella domanda. Ascolto tanta musica e mi cerco all’interno di essa.
Sono un cosiddetto “crate digger’’, un collezionista di vinili e mi piace tanto andare alla ricerca di campioni da tagliare per costruirci su nuovi beats. Sicuramente questa quasi maniacale “caccia al campione” é il motivo per cui conosco tanta musica. Nel corso del tempo ho sviluppato delle piccole tecniche di scrittura e di produzione, guardandomi intorno, traendo ispirazione soprattutto dalle persone con cui mi sono trovato a lavorare. Sono felice che si possa notare la mia spontaneità, tutto ciò che scrivo e compongo é assolutamente lo specchio di quello che vivo, non mi concentro tanto sulla struttura quanto su quello che racconto, probabilmente la struttura si é formata da sé a pari passo con la mia ricerca.

Parlando del pubblico: ne hai in mente uno ideale quando scrivi le tue canzoni?

Sinceramente non ho in mente un pubblico ideale quando scrivo, ma sicuramente per me il pubblico ideale é quello che ascolta e che trova il giusto equilibrio tra il perdersi nella musica e quindi lasciarsi andare al divertimento, e il sapersi ritrovare nel significato delle parole e della musica stessa.

Per concludere, a chi ti ispiri per creare la tua musica? Ci sono dei generi specifici o dei cantautori che prediligi per trarre la giusta ispirazione?

Mi ispiro tanto a quello che vivo e ai tempi in cui vivo.
L’ hip hop, il soul, il jazz, il funk, ma anche il cantautorato italiano e la musica elettronica sono tutti generi che adoro e cerco di mescolare nel mio calderone. I miei miti vanno da Stevie Wonder a Chet Baker, da Fabio Concato ad Anderson .Paak. A volte però mi tocca distaccarmi da quello che ascolto per trovare qualcosa di più personale, e magari ascolto cose totalmente diverse, dall’house alla dub. La meditazione mi ha cambiato la vita e mi ha dato modo di aprire tanto la mente.