Ekidna: “Il mio Demone è la musica” | Intervista
Ekidna è un cantautore, producer e performer italiano che unisce in un mix unico le sue influenze rock/metal con un sound elettronico/dark, prettamente orientato verso il clubbing ed una scrittura di stampo cantautoriale. Nelle sue produzioni Ekidna predilige cantare in inglese, rimanendo così fedele al tipo di sound con cui è cresciuto, modellandosi al meglio in questo mix unico di stili.
Un suono del tutto personale che ha portato il primo EP “Pilot” a raggiungere fan dell’ electro pop ma anche del rock e dell’industrial. “Demon Of My Night”, il suo singolo uscito il 18 Dicembre 2020, segna l’inizio di un nuovo capitolo nel quale Ekidna vuole accompagnare l’ascoltatore in un viaggio fatto di atmosfere sognanti e cariche di energia, dimenticando i confini tra i generi.
Abbiamo intervistato l’artista trevigiano per conoscere meglio Ekidna, un progetto davvero valido ed interessante, che porta la musica italiana su un piano internazionale.
Intervistando Ekidna
La tua musica ha messo d’accordo fan di generi musicali diversi: quali sono le tue influenze e come definiresti il tuo genere?
Questa è una domanda che mi mette sempre in difficoltà, ho iniziato a fare musica suonando metal, quindi sicuramente le radici rock sono una parte fondamentale del mio modo di scrivere, e allo stesso tempo ho sempre avuto una grande passione per le melodie catchy del pop. L’elettronica è entrata nella mia vità più tardi ma mi ha permesso di esprimermi al meglio e in autonomia.
Il mio genere? Mi sento vicino ad artisti come Grimes, Thirty Seconds to Mars, Subsonica, Halsey, IAMX, Nine Inch Nails. Come si può definire? Alternative Pop? Dark Electro Pop? Non lo so, spero di fare musica che trasmetta emozioni e faccia muovere chi ascolta, che sia un rocker o un clubber o cos’altro.
Chi o cos’è il tuo “Demone notturno”?
Demon Of My Night parla di una passione così forte da diventare quasi un’ossessione, una dipendenza. Un Demone che ti tormenta ma che allo stesso tempo ti da sollievo. Potrei dire che il mio Demone è la Musica quindi.
Raccontaci il tuo percorso artistico da “Neon” fino a “Demon of my night”
Neon è il primo pezzo con cui mi sono presentato come Ekidna, è divertente perchè non centra quasi assolutamente nulla con il resto della mia produzione ma allo stesso tempo è fondamentale, ha segnato l’inizio della collaborazione col mio team e della ricerca di un mio suono personale. L’esperienza a LA (dove abbiamo girato anche il video di Neon e registrato Gravity) e la carica che ne è derivata ha fornito il materiale con cui è stato scritto e prodotto Pilot, il mio primo Ep.
Portare a termine Pilot è stato un processo lungo e a tratti difficile, ma ne è valsa la pena: è un album con una quantità enorme di arrangiamenti e suoni e anche i testi sono interpretabili su più piani. Ci sono molto legato, eravamo alla ricerca di un mio suono distintivo, rappresenta un vero e proprio percorso, e alcune canzoni mi hanno permesso di raggiungere persone qui e all’estero che poi si sono affezionate al mio progetto.
Poi mi sono un attimo fermato, o meglio, ho continuato a scrivere ma lasciando decantare per molto tempo i nuovi pezzi, cercando di capire in che direzione muovermi e cosa volevo comunicare alle persone. Demon è una canzone di svolta per me, diretta e “pop” ma con una forte atmosfera cinematografica, e questo è un elemento che caratterizzerà le mie prossime uscite. Non vedo l’ora di proporle anche perchè hanno dei testi a cui tengo particolarmente.
Qual è l’origine del tuo nome d’arte?
Inizialmente il mio nome era Knuckle (da cui il mio logo), ma ero alla ricerca di un nome che fosse di facile comunicazione qui in Italia e che fosse caratterizzante all’estero. Ekidna è una figura mitologica greca, madre di gran parte dei mostri. Ho pensato fosse perfetto per le mie produzioni, così sfaccettate e a tratti “oscure”, la mia mente è l’Ekidna.
Cosa ne pensi della scena indipendente italiana e quale tra i tuoi colleghi meno conosciuti consiglieresti al pubblico in un’ideale playlist insieme ai tuoi brani?
Seguo la scena e vedo il proliferare di sempre nuovi progetti, è una figata, è pieno di band e artisti bravissimi. L’unica cosa che mi dispiace è il vedere come troppo spesso gli artisti che non cercano di cavalcare l’onda del suono/formato ormai caratteristico del nuovo indie italiano non vengano quasi considerati nella scena indipendente, dal pubblico ma più che altro dagli addetti ai lavori. Inoltre l’esterofilia esiste quando si parla di pop alternativo/rock/electro, a volte sarebbe quasi meglio spacciarsi per stranieri. Sai, c’è questa idea che se sei italiano dovresti cantare solo in italiano e proporre alle persone quello che già ascoltano.
In una playlist insieme? Giungla, Birthh, Godblesscomputer, Mòn, LIM, Iosonouncane, Davide Vettori, Jesse the Faccio, Bianco. Ce ne sono tanti che mi piacciono, e che stimo tantissimo, non mi dilungo anche perchè le mie playlist sono sempre un frullato di generi diversi.
Dopo l’uscita di “Demon of my night” quali sono i tuoi prossimi progetti?
Un sacco di cose! Ho già altri pezzi in fase di mix, nel frattempo pubblicherò una sessione Live in Studio con la band, chitarroni distorti, batteria e sequenze elettroniche, l’ho registrata qualche settimana fa, il video sarà molto garage nell’attitudine, ma ci tenevo a documentare quella giornata di rocknroll. E poi, e questa è un’idea dell’ultima ora, mi piacerebbe proporre delle versioni nel mio stile di canzoni della scena indipendente italiana a cui sono legato, ma le pubblicherò solo se capirò di aver fatto un buon lavoro, inizierò a lavorarci in questi giorni. Ah sì, chiaramente mi piacerebbe portare dal vivo tutto il nuovo progetto e non vedo l’ora, ma si sa, al momento meglio focalizzarsi su altro. Quindi ci vediamo presto “dal vivo” online con Defining.